martedì 7 febbraio 2023

“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” (W. Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I)

 PREFAZIONE al Romanzo di Rita Coltellese

Ho scelto come titolo per questo Romanzo la geniale e poetica sintesi che un Genio Universale come Shakespeare ha saputo esprimere.

Con questo Romanzo intendo svolgere il tema che con tale mirabile intuizione William ci ha lasciato.

Capitolo 1

Esattamente un anno prima, era il 21 ottobre, erano stati in quella stessa spiaggia in un giorno di sole caldo per quei lidi, che sempre a quel punto della stagione erano ormai avvolti dai primi cenni del clima autunnale.

Ora era l'ultimo giorno di ottobre e sembrava ancora estate. Il clima stava cambiando e suo marito decise di tornare in quel chilometro scarso di sabbia dorata chiusa fra rocce possenti che la rendevano raggiungibile solo dal mare, avendo alle spalle la collina. La figlia era venuta con loro. Amante come il padre delle immersioni nelle limpide acque del mare di scoglio. I due fecero lunghe nuotate. Lei si immerse fino al bacino per avvicinarsi all'imbocco di una grotta che si apriva nella roccia a destra, guardando il mare. Le piaceva guardare, esplorare... In tutta la spiaggia c'erano poche rade presenze, e questo la rendeva più godibile. L'estate protratta così a lungo non aveva però indotto gli stabilimenti arroccati sul costone a tenere aperti i loro lettini ed ombrelloni.. Regnava una pace meravigliosa e la Natura era tutta per loro.

Al ritorno percorsero la lunga scala con i gradini di legno e l'intelaiatura di solido ferro che dalla spiaggia conduceva al piano strada dove avevano lasciato l'auto. Monica, la figlia, la percorse agevolmente e sparì alla vista di Elena avendo raggiunto il pianerottolo panoramico in cima e svoltato verso sinistra, lungo il marciapiede al lato del quale era parcheggiata una fila di automobili, fra cui la loro.

Adriano si girò verso la moglie che saliva lentamente prendendola affettuosamente in giro: "Vecchietta! Vai lentamente.. Sei vecchietta!"  Poi terminata agevolmente la salita si avviò lungo il marciapiede sparendo alla vista di Elena che, in un moto di orgoglio, fece gli ultimi gradini di corsa. Arrivata quasi al pianerottolo panoramico si spostò leggermente a destra per lasciare spazio ad una giovane coppia che scendeva. Posto il piede sulla larga piattaforma panoramica constatò con soddisfazione che non aveva affanno per quegli ultimi gradini percorsi di corsa e si avviò sul marciapiede: ma di botto il respiro le si bloccò.

Immediato il pensiero che le si affacciò: "Ah! Così.. A 76 anni....Ci posso stare."  Nessuna paura nonostante l'immediata consapevolezza di ciò che le stava accadendo. Dopo aver compiuto i 70 anni aveva pensato molte volte a come sarebbe stata la sua Morte. Aveva accettato l'evento inevitabile e si era detta che da quel momento ogni giorno era da considerarsi come un regalo, cercando ancora di più, di quanto non avesse già fatto nella sua vita, di apprezzare ogni cosa: gli affetti, la Natura, i pochi piaceri che amava. Questo perché aveva visto la fragilità della vita umana e tante persone che in qualche modo avevano fatto parte della sua vita se ne erano andate da tempo. 70 anni era la durata della vita media in Italia nel suo tempo. Accettare la realtà era il suo equilibrio. Non rassegnazione passiva, ma consapevolezza.

Anche ora cercò realisticamente di guidare l'evento che stava vivendo senza rassegnazione e senza paura, con un solo desiderio: che il malessere che le aveva quasi azzerato il respiro e contemporaneamente dato ondate di nausea durasse meno possibile e arrivasse prima possibile il buio che interrompe ogni sofferenza. Si appoggiò alla balaustra che dava verso il mare per sorreggersi, cercò di guardare avanti intravedendo la figura di suo marito che era giunto alla macchina e, dal lato opposto, quella di sua figlia che si accingeva a mettersi alla guida. Provò a chiamare per avvertire di quanto le stava accadendo ma la voce non uscì e non riuscì neppure a tenere il capo dritto, per cui guardava di sotto in su avendo il capo chino, provò allora a camminare verso di loro, magari lentamente... Ma mettere un piede davanti all'altro le costò uno sforzo tremendo e la nausea aumentò. Pensò allora che doveva sollevare il cuore dallo sforzo che stava facendo di tenerla in piedi, visto che non era caduta ma sarebbe potuto accadere da un attimo all'altro. Girò il capo verso il bordo del marciapiede cercando con lo sguardo uno spazio fra i paraurti delle auto parcheggiate lungo di esso, ne trovò uno subito alla sua destra e valutò che con due passi lunghi di lato avrebbe potuto raggiungerlo e sedersi senza cadere di botto come temeva accadesse. Ci provò. Ci riuscì e si sedette accasciandosi in quello spazio. Ora suo marito e sua figlia si sarebbero accorti che qualcosa non andava.

Intravide con la coda dell'occhio che suo marito stava avvicinandosi. Non ebbe la forza di alzare la testa: "Cos'hai?"  Disse chinandosi verso di lei. Rapida, in un soffio, lei rispose: "Non respiro e ho nausea.. Portatemi in ospedale.."  Intanto oltre le auto in sosta era giunta anche la figlia. Ne intravide la figura dalla vita in giù, non potendo alzare la testa, piegata come un burattino a cui si stavano recidendo i fili.

Non parlarono più: si mossero rapidissimi. L'auto, guidata dal marito, fu accanto a loro, spalancarono lo sportello di dietro e lei si accasciò sul sedile posteriore in posizione scomoda, essendo una parte di esso occupato dalla grossa borsa da mare di paglia  di Monica. Non c'era tempo di scostarla, bisognava correre e questo i suoi cari l'avevano capito. L'auto filava veloce e l'aria, entrando dai finestrini aperti in quel dolce inizio d'autunno, era fresca e la faceva stare meglio. Li avevano aperti appena saliti giacché l'auto, ferma e chiusa per l'insolito caldo quasi estivo, lo richiedeva nell'immediato. 

"Ti da fastidio l''aria?"  Chiese Monica girandosi verso di lei. "No.. Anzi... Ho bisogno d'aria.." 



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