sabato 6 maggio 2017

Giudici incomprensibili

da: IL MANIFESTO
Terremoto 2009, il governo chiede indietro i soldi
L'Aquila. Lettera choc alle famiglie delle vittime: «Restituite i risarcimenti del processo Grandi rischi». Alcuni imputati sono stati assolti e adesso il premier Gentiloni batte cassa

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Il premier Paolo Gentiloni rivuole i soldi per i morti del terremoto dell’Aquila. E, per questo, ne trascina in tribunale i familiari. In questi giorni, infatti, sono stati recapitati i primi atti di citazione in giudizio ai parenti di alcune delle 309 vittime del sisma del 6 aprile 2009. «La Presidenza del Consiglio dei ministri, codice fiscale 80188230587, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato… premesso che…»: attacca così l’atto giudiziario che ha lasciato annichiliti i destinatari.
«A seguito del noto sisma che ebbe ad interessare la città di L’Aquila – prosegue il documento – fu instaurato un procedimento penale a carico di Barberi Franco ed altri, nel quale la Presidenza del Consiglio dei ministri era responsabile civile. Con sentenza numero 380 del 2012, depositata il 18 gennaio 2013, il Tribunale penale di L’Aquila condannò la presidenza del Consiglio dei ministri nella qualità di responsabile civile, ed in via solidale con gli imputati, al pagamento di provvisionale immediatamente esecutiva…».
Il riferimento è al processo alla commissione Grandi Rischi. Il 22 ottobre 2012 i sette componenti della commissione, organo scientifico divulgativo della Presidenza del Consiglio, sono stati condannati a 6 anni di carcere ciascuno per omicidio e lesioni colpose. Imputati Franco Barberi, allora presidente vicario della commissione; Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile; Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e vulcanologia; Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case; Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile.
L’accusa era di aver rassicurato la popolazione, dopo la riunione del 31 marzo 2009 a L’Aquila, a pochi giorni dalla catastrofe e dei lutti, sottolineando che non c’erano pericoli, e per aver sottovalutato il pericolo di un grave terremoto. Tutti colpevoli e risarcimenti immediatamente esecutivi, liquidati «entro 90 giorni a prescindere dalle eventuali e future cause civili»: le provvisionali furono stabilite dal giudice del Tribunale dell’Aquila, Marco Billi. Ma il 10 novembre 2014, in appello, 6 dei luminari alla sbarra sono stati assolti, dal collegio presieduto dal giudice Fabrizia Francabandera. Condanna a due anni di carcere soltanto per De Bernardinis, braccio destro dell’allora capo della Protezione civile, Guido Bertolaso.
La Corte, oltre a ribaltare il verdetto, ha anche falcidiato la stragrande maggioranza delle parti civili precedentemente ammesse e riconosciute. Il 20 novembre 2015 la Cassazione ha confermato la sentenza d’Appello. Lo Stato, dopo la sentenza di secondo grado, subito è andato all’assalto delle parti civili «tagliate» dai giudici. Con più lettere, Franco Gabrielli, ex prefetto dell’Aquila, allora capo della Protezione civile e ora capo della Polizia, ha intimato la restituzione dei soldi elargiti… Anche con atti «di messa in mora e intimazione di pagamento».
«Alla luce della pronuncia della Corte d’appello del 12 novembre 2014, in parziale riforma della prima sentenza… si invita e si diffida – scriveva Gabrielli – alla restituzione delle somme percepite e a corrispondere, senza indugio, … Il versamento dovrà essere effettuato mediante bonifico a favore della Banca d’Italia… sul conto corrente… intestato alla Presidenza del Consiglio dei ministri».
La maggior parte dei familiari delle vittime, indignata, non ha dato seguito alle raccomandate a firma di Gabrielli. Per varie ragioni: ad esempio per il fatto che la sentenza di secondo grado non ha revocato le provvisionali. Per il fatto che, comunque, le condanne ci sono state. Per il fatto che sulle responsabilità della Grandi Rischi ci sono ancora cause civili in corso e altre, a questo punto, ne potrebbero partire. Ma lo Stato non tergiversa e passa… alla carta bollata. Chiede indietro le somme versate «oltre agli interessi calcolati dal dì del percepimento e agli accessori, come per legge…».
«Una vergogna – commentano alcune mamme – Nel terremoto dell’Aquila non c’è mai fine al peggio».
Abbiamo una Costituzione che dicono sia una delle migliori del mondo, abbiamo delle Leggi che non possono contraddire la Costituzione, dunque sono Leggi democratiche. Bisognerebbe, l'ho già scritto altre volte, fare dei Testi Unici per materia, in modo da consentire un lavoro più semplice e più giusto ai giudici. Per ora il risultato, sia nel civile come nel penale, è ondivago, ma una Giustizia NON può essere ondivaga, deve dare un minimo di certezze: ma le certezze non ci sono e quando si affronta un giudizio, sia civile che penale, non hai alcun sentore di come andrà a finire. In questo caso c'è di mezzo il Governo addirittura, coinvolto in un giudizio penale, perché c'erano dei morti, dunque non bastava il solito "ricorso al TAR" per ogni cosa quando di mezzo c'è una qualsiasi Istituzione dello Stato!
La condanna c'è stata per il caso esattamente contrario al reato di "procurato allarme"! Bensì per averlo sottovalutato.
Dall'Archivio Penale 2015 n. 1
 gli imputati, secondo l’Accusa, “cagionavano, in occasione della violenta scossa di terremoto (magnitudo momento MW = 6.3, magnitudo locale ML = 5.8) del 06.04.2009 ore 3,32, la morte di [...] e il ferimento di [...], indotti a rimanere in casa per effetto esclusivo della condotta sopra descritta, nonostante le scosse di terremoto che si ripetevano numerose da mesi con frequenza e magnitudo crescenti, fino a quella del 6 aprile 2009 ore 03,32”. All’esito del giudizio di prime cure, il Giudice monocratico del Tribunale aquilano condannava gli imputati alla pena finale di sei anni di reclusione,
Ma se il giudice ha ritenuto che la responsabilità assuntasi da queste persone, accettando di essere in una Commissione pagata dallo Stato il cui giudizio ha un peso sulla popolazione, meritava addirittura la condanna per avere colpa della morte di persone rimaste fiduciosamente in casa, come ha potuto un altro giudice dire che non avevano alcuna colpa, ad eccetto di uno solo, peraltro non esattamente in posizione apicale? 
Incomprensibile, visto che i fatti sono gli stessi.
Non vi sembra la Giustizia lasciata all'arbitrio della "testa di giudice" di turno?
Fa paura. Questa non è alcuna Giustizia.
E mi torna in mente il povero Preside del Convitto de L'Aquila, che ha avuto la condanna più dura di tutti: della Commissione Grandi Rischi, poi assolta in appello, dell'unico condannato di essa a cui sono andati 2 anni, del Responsabile della Provincia per l'edilizia scolastica, che aveva lasciato l'edificio del Convitto nella sua fatiscente insicurezza ed ha avuto anche lui 2 anni, solo il Preside ha avuto 4 anni più l'interdizione dai pubblici uffici per altri 5... per aver sottovalutato il pericolo e aver lasciato che gli studenti poi morti restassero dentro l'edificio.
E non è la stessa cosa della Commissione Grandi Rischi? Restati in casa i cittadini de L'Aquila e restati in casa gli studenti del Convitto! In entrambi i casi c'è stata una sottovalutazione del rischio.. Con l'attenuante, per il Preside, di non essere né un geofisico, né un tecnico!!!
Non è folle questa "giustizia"? Sembra di stare nel mondo di "Alice nel Paese delle Meraviglie", con il Cappellaio Matto e gli altri alienati personaggi! 

Da: CGIL Scuola

Condannato il dirigente scolastico del Convitto dell’Aquila crollato nel terremoto del 2009

Non sono i soggetti che gestiscono le attività educative delle scuole che si devono occupare degli edifici; l’edilizia scolastica sia messa al primo posto negli investimenti pubblici; si ricostruisca un sistema efficace di responsabilità e di garanzia per la sicurezza delle scuole italiane.

16/11/2015
Il dirigente scolastico del Convitto ha pagato insieme al dirigente dell’amministrazione provinciale – condannato a due anni e sei mesi di reclusione – lo stato di incuria e di abbandono in cui si trovano le strutture che ospitano le scuole italiane.
È inaccettabile per un Paese civile e per il suo futuro, per la sicurezza e per l’incolumità di coloro che studiano e lavorano nelle scuole che ad essere condannato per le tragiche conseguenze dell’effetto del terremoto del 2009 sulle fatiscenti strutture della scuola sia il dirigente del Convitto


Il povero Prof. Bearzi colpevole secondo i giudici fino alla Cassazione di:
non aver previsto la scossa di terremoto che ha fatto crollare parte del Convitto uccidendo tre studenti;
non aver reso sicuro l'edificio, nonostante i Dirigenti Scolastici  non ne abbiano obbligo, facoltà e mezzi essendo questi deputati alle Province per tutti gli edifici della Scuola Media di Secondo Grado.
Alla Commissione Grandi Rischi assoluzioni e 2 anni solo ad un componente non apicale..
All'esterrefatto e distrutto Preside una pena pesantissima.
Misteri delle menti giudicanti. 


"Di padre in figlia"

Non vedo differenza fra certi sceneggiati televisivi, oggi chiamati "fiction", e i film adatti anche al cinema; forse l'unica differenza è la lunghezza che al cinema deve essere compressa in uno standard di massimo 3 ore.
Ho scorso le recensioni dei quotidiani sullo sceneggiato "Di padre in figlia" e a mio avviso sono ingiuste.
Mio marito ed io non abbiamo gli stessi gusti, nemmeno al cinema, eppure questo sceneggiato  è piaciuto molto ad entrambi. Facendo un parallelo con l'altro mandato in onda da poco "Sorelle", anche mio marito, che pure lo ha seguito soprattutto per Anna Valle, ha ammesso che "Di padre in figlia" ha una sceneggiatura più ricca ed interessante. Per questo trovo incomprensibili certi commenti negativi.
Qualcuno ha lamentato la lentezza, mentre per noi non ve ne è traccia, tutto si svolge in una sequenza di fatti non sempre prevedibili come scrive qualcun altro. E mio marito è uno che ama i convulsi film americani, dunque avrebbe dovuto avvertire la lentezza qualora ci fosse stata. Invece i tempi sono giusti, sono i tempi dello scorrere della vita.
Gli attori sono tutti bravissimi, ad iniziare dalla sempre bella Capotondi, espressiva in modo naturalissimo. 
Alessio Boni è un attore che riesce a calarsi nei personaggi più diversi animandoli con una recitazione sensibile.
Giovanni, a cui presta il volto esprimendo sentimenti interiori, è un uomo duro, che non si comporta sempre in modo corretto, è un uomo di tempi in cui il capo famiglia era il padre e lo Stato di Famiglia era un certificato in cui questo ruolo veniva specificato, poi venivano elencati la moglie e i figli. 

Vedendo un racconto che si svolge in quel periodo si avverte ancora di più quanto sia cambiata la nostra società: in qualcosa in meglio... per altre cose si sono persi dei valori che, comunque, servivano da puntello alle fragilità umane.
Giovanni ci viene mostrato subito come un gran lavoratore, ma anche uno che lascia sola la moglie incinta per andare al bordello dove ha una puttana preferita: 
interpretata dalla brava Francesca Cavallin.
Nonostante la moglie lo sappia rimane con lui e questo sembra essere uno status del tempo, in cui la donna subiva i tradimenti dell'uomo. Si scoprirà più tardi che la piatta reazione ai tradimenti dell'uomo Giovanni dipende dal fatto che sua moglie, interpretata da Stefania Rocca, non lo ha mai amato, ma ha avuto sempre nel cuore un ragazzo brasiliano come lei. Si scoprirà che Giovanni, italiano emigrato in Brasile a lavorare nelle piantagioni di tabacco, la voleva ma sapeva che lei, ragazzina di appena 16 anni, stava con il ragazzo del suo paese. Poi, un giorno, l'ha salvata dal tentativo di violenza dell'anziano padrone della piantagione dove lavorava anche lei, e mentre lottava con costui lei da dietro lo ha ucciso. Sono allora fuggiti e tutti hanno pensato che ad uccidere fosse stato Giovanni e lui lo ha lasciato credere. Riparati in Italia lui l'ha sposata ed ha avuto da lei 4 figli, di cui uno soltanto maschio.
Lei era analfabeta e dedita solo alla crescita dei figli.
Giovanni lotta per dare alla sua famiglia il meglio, ma lo fa anche slealmente, e questo è il suo lato peggiore: brevetta il sistema di creazione di una grappa speciale che era di ideazione del suo socio. Ne segue la frattura con il socio.
In famiglia comanda, ma senza successo. I suoi figli non lo seguono né lo stimano, e questo è peggio. Egli pensa di tenere tutti sotto controllo, invece poveretto non controlla niente.
L'unica che tiene alla sua attenzione è la figlia più grande, ma lui non la considera perché femmina e perde così l'unica che terrebbe alla sua stima. Si concentra tutto sul maschio. Uno dei totem di quel tempo: il figlio maschio!
Ma il ragazzo è fragile di carattere e legato alla sua gemella in modo anche morboso.
Questa è una ribelle che aspira ad una vita diversa ma certo non migliore visto che fuma marijuana e peggio, si riempie di multipli di orecchini su un unico orecchio, cosa che mi ricorda le povere capre a cui viene messo per ragioni di identificazione... Se ne va di casa umiliando il fratello che cerca di accontentare il padre lavorando con lui nel produrre grappa. 
La seconda figlia va a letto con due ragazzi contemporaneamente e rimane incinta, sposando quello con cui era fidanzata ufficialmente.
La maggiore fa una scelta giusta, anche se contrastata dal padre: va all'università. Qui si fa coinvolgere dalla contestazione studentesca di quegli anni e finisce in commissariato dove deve andare a riprendersela il padre. E qui Giovanni commette un'altra violenza morale nei riguardi di sua figlia: al ritorno a casa le fa trovare una levatrice del paese a cui chiede di visitarla per sapere se è ancora vergine. La figlia ne è offesa e traumatizzata e subisce la visita di controllo, ma la frattura con il padre, che l'ha delusa con la sua disattenzione e con la sua sfiducia e disistima, è totale.
Perderà poi la sua verginità senza trasporto, solo per togliersi il pensiero, con un amico operaio che si evolverà in sindacalista. Triste.
In tutto questo brilla, per l'incapacità a seguire e guidare i propri figli, la madre. 
Ella sembrerebbe solo una vittima di un uomo autoritario e brutale, ma in realtà è una donna assente psicologicamente dalla sua famiglia: non agire non è meno grave dell'eccesso di agire di Giovanni.
Via via che il racconto mostrava le debolezze, gli errori e gli egoismi dei componenti della famiglia, io compativo Giovanni e mio marito diceva: "Ma se è una bestia... Tu lo compatisci perché ti piace l'attore che lo interpreta." 
Certo che Alessio Boni mi piace, ma in realtà era proprio la morale che scaturiva dalle vicende del racconto che, alla fine, mi faceva compatire quest'uomo, sì brutale, ma in fondo non privo di una sua innocenza di sentimenti e di intenti.
Alla fine la seconda figlia abbandona il marito e, cosa ben più grave, le sue due bambine. Si da a vari uomini fallendo il suo tentativo di "una vita migliore", per poi capire che quella migliore era quella che aveva lasciato fregandosene dei sentimenti che calpestava. Infine rivelerà al suo mite marito che la prima figlia non è sua ma di quell'altro, che nel frattempo si è sposato, ha avuto un bambino, ed è diventato l'amante della sua sorella maggiore ancora nubile!
Proprio una bella famiglia! E hanno la faccia tosta di giudicare Giovanni?!  
La madre, insulsa, diventa amica della ex-prostituta diventata sarta e da lei si fa insegnare a leggere e scrivere. 
Così scrive al suo antico amore ma non ha il coraggio di imbucare la lettera. Avrà invece il coraggio di andarci a letto in una pensioncina più volte, quando lui verrà con la moglie in Italia. Si parlerà d'amore! Ma è soltanto accoppiarsi  l'amore? L'amore non è una serie di incontri sessuali brevi. E' altro.
Giovanni è inconsapevole di tutto, anche che suo figlio, d'accordo con un mascalzone, venderà la loro grappa evadendo l'IVA e Giovanni lo scoprirà solo quando la Guardia di Finanza entrerà nella sua azienda a mettere i sigilli. Gli operai sbigottiti resteranno senza lavoro e Giovanni, brutale, scorretto, ma non disonesto, rimarrà annichilito dalla vergogna. Sarà duro di parole con suo figlio, il suo orgoglio di figlio maschio... e quello cercherà la via più egoisticamente breve per uscirne: si sparerà.
A me Giovanni appare una vittima onestamente.
Quando poi la moglie, colpevolizzandolo, senza considerare che il figlio aveva fatto tutto da solo, tradendo per di più la fiducia del padre, gli dice che non lo ha mai amato, che ha sempre amato quell'altro e che ora se ne torna in Brasile, il povero Giovanni le dice invece che l'ha sempre amata nonostante i tradimenti, ma a questo punto lealmente lei ammette di averlo tradito pure lei e il "brutale" Giovanni la supplica pateticamente di non lasciarlo, corna o non corna...
Il figlio maschio tanto amato e portato in palmo di mano l'ha distrutto con il suo gesto definitivo e vile del suicidio.
Nemmeno la sua adorata azienda lo interessa più e pensa di venderla, ma la figlia maggiore lascia l'amante sposato, dopo che quello ha abbandonato moglie e figlio, e decide di prendere lei in mano l'azienda.
Per Giovanni è un balsamo sul cuore ferito.