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Pazzi e sottosviluppati un tanto al chilo: "Pazzia tragicomica con sottosviluppo"

Laura, la madre, chiacchierava piacevolmente con il figlio Antonio in cucina: erano in piedi, uno di fronte all'altra, lei poggiata di schiena al tavolo e lui ugualmente al lavello della cucina uniblock.
All'improvviso apparve una donna alla porta finestra della cucina proveniente da un fondo vicino. Spinse la finestra semiaperta per il caldo estivo ed irruppe nella cucina. I due, madre e figlio, furono un po' sorpresi e un poco imbarazzati da quella improvvisa intrusione ma, dato che Laura sapeva delle stranezze di quella conoscente, le sorrise gentilmente e la salutò invitandola, se voleva, a sedersi.
"Ho sentito che c'è tuo figlio e volevo fargli vedere le lastre del mio tumore." Disse la donna, abbronzatissima e con gli occhiali da sole che le coprivano gli occhi e che mantenne anche all'interno di quella cucina quasi in penombra.
I due, madre e figlio, si guardarono pensando la stessa cosa. Quella donna li aveva informati subito, appena aveva potuto parlare per la prima volta con uno dei componenti di quella famiglia di vicini di casa, che lei aveva un tumore al cervello grande diversi centimetri e che poteva morire da un momento all'altro.
Ai vicini era apparsa subito una faccenda inverosimile, sia perché, fortuna loro, erano intelligenti, sia perché avevano tutti un'ottima cultura generale e alcuni di loro specificatamente scientifica.
Capito con la frequentazione che la donna doveva essere affetta da una qualche forma di patologia psichiatrica, ne avevano avuta rispettosa compassione.
La donna, che si chiamava Tina, era in calzoni corti che lasciavano scoperte coscione ben tornite e abbronzate, dato che era una patita dell'abbronzatura, e sopra il segnato punto di vita, che le dava un aspetto ad anfora, mostrava un seno abbondante. Il suo aspetto non era quello di una persona sofferente della grave patologia che lei si attribuiva.
Porse al giovane medico Antonio un foglio di carta dicendo con un sorriso teso: "Vedi? Queste sono le lastre che provano lo stato del mio neurinoma." Il giovane, molto imbarazzato, prese il foglio di carta che non poteva certo essere una lastra e già questo aumentò il disagio dei due di fronte a quella palese manifestazione di delirio, giacché anche un vecchio contadino che ha zappato la terra tutta la vita sa distinguere le lastre radiografiche da un foglio di carta.
Il medico guardò il foglio e si sentì gelare, esattamente come sua madre, nel constatare il livello di distacco dalla realtà di quella donna. Era uno di quegli esami i cui valori vengono riportati su un grafico già stampato sul foglio A4 predisposto per quel tipo di esame e con sotto il referto scritto a stampa ottenuta tramite computer. Quello che fece gelare il medico e sua madre, a cui egli fece vedere il foglio reclinandolo verso di lei mentre continuava ad ascoltare le follie che Tina diceva, fu la vistosa sbianchettatura, operata sull'originale di quella brutta fotocopia per cancellare il nominativo del paziente a cui quell'esame era stato rilasciato, sulla quale la squilibrata aveva ribattuto a macchina il suo nome con caratteri tutt'affatto diversi da quelli del referto originale. E con questa folle messinscena si era presentata lì a dare ennesimo spettacolo della sua patologia che, certo, non era quella che lei teneva tanto ad accreditare.
Il medico, dissimulando l'effetto che la pazzia di quella donna gli suscitava, le restituì il foglio che lei continuava a chiamare "lastre" e, ascoltando i suoi sproloqui con pazienza, aspettò con sua madre che  la donna li liberasse della sua scomoda presenza.


Esempio generico di un grafico come ne appaiono stampati e di varia natura a seconda dell'esame clinico richiesto.

Dunque che Tina fosse pazza era evidente a chiunque, tanto da turbare persino un medico.
Quello che era sconcertante era però il comportamento della famiglia di Tina. Essi non facevano alcun accenno alle visibili stranezze della donna e, di fronte alle innumerevoli manifestazioni di anomalia della stessa, mantenevano un atteggiamento imperturbabile, parlando con calma naturalezza a lei e agli eventuali astanti come se le cose che faceva e diceva quando farneticava fossero assolutamente normali. Nessuno sguardo di intelligenza con chi assisteva attonito a codeste scene, nessuna espressione che facesse capire che l'assecondavano solo perché non potevano fare altrimenti... Niente di niente. Continuavano a parlare come se niente fosse ignorando qualsiasi contatto visivo o colloquiale con chi, suo malgrado, si trovava in quel momento in loro compagnia.
Questo assurdo modo di fare dava la sensazione di una alienazione familiare e persone sane ed equilibrate ne riportavano un senso di meraviglia che si traduceva in disagio.
Almeno questo accadeva a persone come Laura e suo figlio Antonio, così come il resto della loro numerosa famiglia, per non parlare poi di loro amici che, trovandosi in casa loro, avevano avuto un qualche contatto con Tina.
Laura comunque, nonostante il fastidio di dover assecondare una povera malata di mente,  si mostrava gentile con la donna quando invadeva la sua casa come nell'episodio qui narrato. 
Finché non iniziò a scoprire altri lati della pazza.
Un giorno d'estate, con le finestre necessariamente aperte, scherzava a voce alta con uno dei suoi figli su un vestito che aveva acquistato alla "Postal Market": suo figlio la prendeva in giro sul suo senso del risparmio, lei stava al gioco e ridevano allegramente. Nel fondo vicino passò Tina con una sua ospite che con improntitudine proferì: "Che ci ha da strillà questa?"  Laura non fece in tempo a riprendersi dalla sorpresa per un simile incongruo commento che la risposta sicura e malevola di Tina la lasciò esterrefatta: "E' pazza!" Accortasi della presenza di Laura che era uscita all'esterno, con una malizia a Laura sconosciuta fino a quel momento, Tina congedò la donna in carne che era con lei e, mentre quella si allontanava, le disse con lo stesso tono malevolo che aveva usato per lei: "E' pazza, quella è pazza."  
La doppiezza sciocca ed inutile, così scoperta a causa della povertà della sua intelligenza, le fece capire che quella donna non meritava la sua compassione. Ella era malata e la sua malattia creava fastidio agli altri; la sua famiglia si comportava come se non l'avesse, creando anch'essa altro meravigliato fastidio nelle persone costrette ad assistere alla rappresentazione di una normalità inesistente... Laura decise, d'accordo con la sua famiglia, che non valeva la pena far finta di niente con una persona che faceva sopportare le sue pazzie agli altri, per poi dare lei dei pazzi a chi assisteva alle sue follie.
Una volta che Laura si stava lamentando del marito perché le aveva tolto una talea di rosa da un vaso dove lei l'aveva messa, Tina, intervenuta con invadenza, sorridendo le chiese: "Ma è matto?"
"Andiamo bene!" Pensò Laura. Poi disse in famiglia: "Questa è pazza da legare e noi non glielo diciamo per compassione e lei dice matto, pazzo agli altri! Ha il cervello di un bambino, ma di un bambino non sano, e pensando che avevo udito l'incredibile apprezzamento su di me ha fatto finta che fosse per la sua ospite..."
Laura e la sua famiglia fecero del tutto per liberarsi della folle e dei suoi familiari che credevano, non parlandone, di negare l'evidenza. 
Ma l'evidenza non era evidente a tutti. Altri, sottosviluppati, o facevano finta come i suoi familiari oppure davvero non sapevano distinguere il sano dal malato, al punto da prendere per buono quello che Tina rovesciava su Laura e sulla sua famiglia, una volta che costoro avevano dato segno certo di non voler avere più niente a che fare con lei.
Diceva a tutti che Laura era matta. E, senza neppure aver mai scambiato una parola con lei, i sottosviluppati ripetevano l'epiteto come scimmiette.
La stranezza di queste menti intellettivamente povere stava nel fatto che altre persone, non acculturate, si rendevano perfettamente conto dello stato di Tina, essendo la realtà alla portata di tutti... i sani naturalmente. Quindi per le persone come Laura e famiglia, ma anche i loro amici, la rimozione della realtà di queste menti, per quanto povere, era non comprensibile.
Tina era conosciuta in molti ambienti come una persona malata per le clamorose bugie che diceva, in modo incoercibile, inutile, ridicolo perché menzogne facilmente scoperte e scopribili. Anche qui era quasi inquietante l'acquiescenza del marito e dei figli. Essi non la smentivano, lasciavano che le scemenze affatto plausibili che proferiva apparissero come normali, non avevano censure di nessun tipo, mai nessuno di loro che la sconfessasse.
La squilibrata inventava per sé e per il marito professioni che non potevano svolgere, data l'evidenza del loro basso livello culturale, inventava che una delle figlie era campionessa regionale di sport... e i matti di contorno annuivano!
Forse anche i sottosviluppati si prestavano ad una folle recita in cui la realtà latitava totalmente, o forse l'assecondavano per piccola ipocrisia: chissà!
Ma oltre al dire matti a chi non soggiaceva ai suoi deliri, Tina aveva altri aspetti. A molti aveva detto di non vivere con il marito, di esserne separata. E molti non avevano motivo di non crederle: essendo suoi fatti personali che lei confidava spontaneamente. Se non che il mondo è piccolo e così lei seppe che due mondi di bugie diverse che aveva sparso stavano per incontrarsi, nelle persone di due donne, due parenti.
Una era Laura, che Tina cercò infantilmente di manipolare come faceva con tutti. Un giorno le chiese un passaggio in auto e, mentre quella guidava, cominciò a sventolarle davanti agli occhi, con rischio per la guida, delle carte bollate che lei diceva essere domande di separazione legale che lei aveva sottoposto al marito e che lui gliele firmava, ma poi lei non le presentava perché gliele faceva firmare solo per stimolarlo ad accompagnarla alle cene che la sua vita di donna importante le imponeva... La poveretta millantava di essere una persona colta, laureata, con incarichi sempre diversi e di grande prestigio.
Laura cosa volete che pensasse? Non appartenendo alla schiera dei sottosviluppati capiva che l'infantile e contorta mente della pseudologa voleva parare quello che aveva detto in altri ambienti: e cioè che era separata da anni dal marito; mischiando mezze bugie pensava poi di poter dire "hanno capito male quelli o quegli altri"... Fu una delle ultime recite folli della pazza a cui Laura fu costretta ad assistere, perché poi chiuse la sua porta definitivamente a tutte le sue follie. 
Altri no, altri non disdegnavano di frequentarla insieme al visibilmente convivente, e facente sempre finta di niente, coniuge. Questi chiamavano Laura "la matta" senza conoscerla perché così la chiamava la psicotica Tina.
Pensando che la realtà sia manipolabile con puerili bugie ogni tanto agganciava qualche povera mente sottosviluppata qua e là e tentava la manipolazione della realtà.
Più persone la vedevano avere rapporti con uomini vari, poi uno fisso ma sposato, ed erano persone a cui aveva detto di non convivere più con il marito da anni. Fra queste la parente di Laura. Alla fine i due mondi si erano incontrati ed era stata la ratifica di quello che gente intelligente aveva capito da sola, dato che la mitomane era di infima intelligenza e dunque scopribile da chi il bene dell'intelletto l'aveva.
Una delle sue conquiste la fece sotto gli occhi dell'imperturbabile marito. Anche qui cercò di mettere in mezzo Laura, anche se questa l'aveva allontanata e non più frequentata da tempo.
In questo caso fu palese che il marito di Tina conosceva tutti gli aspetti della malattia della moglie e che fingeva, giacché la moglie e il figlio della sua conquista si ribellarono e parlarono in giro. 
Nessun problema in casa di Tina ma lei nella sua follia si preoccupò di quello che poteva sapere Laura della faccenda, dato che Antonio conosceva e frequentava la famiglia della sua conquista.
Non contenta di calunniare Laura come "matta" cercò di abbindolare altra gente al suo partito. Cercava di legare con tutto il vicinato, di invitare amici e parenti di questi e la gente, anche se non sottosviluppata, inizialmente magari non capiva con chi aveva a che fare.
Agganciò una giovane coppia con una bambina, si mostrò, da vera pseudologa, mielosa ed accattivante: "Mandatemi la bambina qualche volta..." Poi arrivava allo scopo del suo accattivarsi la gente ignara: "Qui è un paradiso ma là vive una pazza, gelosa dell'amicizia che ho con un medico (la conquista con scandalo reattivo di moglie e figlio)... e dice delle cose... delle cose.."
Cosa mai poteva sapere che dicesse Laura se da anni non la sentiva né vedeva? Nulla, ma la sua cattiva coscienza cercava come sempre di parare quello che temeva si sapesse delle sue sporche follie. "Cosa dice dell'amicizia?" Chiese il giovane della coppia, in perfetta buonafede e ignaro del tentativo di manipolazione della psicotica.
"Ma che è una relazione..." Disse recitando la malata.
"Oh! - Fece l'ignaro interlocutore. - Ma questo è meritevole di denuncia!"
La pazza ne fu appagata, pur sapendo nella sua follia di non poter denunciare nessuno, giacché quello che lei supponeva non aveva alcun modo per constatarlo. Laura era il suo bersaglio perché l'aveva rifiutata, era sfuggita alla sua megalomane mitomania, e poco importava se tanta gente, avendola vista in atteggiamenti inequivocabili con l'anziano medico, era andata a riferirlo con scandalo alla moglie.
Continuava a rodersi dato che c'erano persone che la sua piccola mente malata non poteva manipolare.
Di povere menti sottosviluppate però ogni tanto ne trovava.  Agganciò un uomo, un pensionato che abitava nella sua zona. L'intento non era lo stesso che aveva perseguito con il medico che conosceva Antonio e con il quale non le era andata bene fino in fondo solo per la reazione della moglie e del figlio che l'avevano sputtanata, l'intento era quello di recitare la parte della povera vittima oggetto di maldicenze. Ogni volta che, nella sua patologia psichiatrica, interpretava un personaggio diverso, cambiava voce in modo impressionante: quando era in fase di eccitazione parlava a voce alta, con sicurezza beffeggiante verso chi non era riuscita a conquistare con le sue malate bugie, quando era in fase depressiva era capace di parlare con una voce che faceva impressione: pigolante addirittura.
Come non si può cercare un fine nel voler dimostrare a tutti i costi di avere un tumore gravissimo al cervello, né nello sparare grandiose professionalità e ricchezze sue e dei suoi familiari, non si può cercare in questo ostinato voler conquistare tutti ad una sua immagine, che di volta in volta lei si crea per il bisogno di non crollare in una gravissima depressione. La causa e il fine è la sua malattia, che la costringe a comportarsi così. Ma non tutti sono in grado di capirlo: di certo non i sottosviluppati che cadono nella sua rete. Il pensionato in buonafede forse ha capito, forse capirà, forse non capirà mai perché è un sottosviluppato pure lui e non ci arriva proprio: per ora è stato a sentire la versione di una voce pigolante, tipo la malata del film Marnie, che piagnucolava sulle cattiverie che si sono sempre dette su di lei, fin dall'inizio del suo matrimonio... e che le hanno rovinato il matrimonio... E mentre la sua voce pigolante, (impressionante  per chi l'ha udita quando urlava ai figli come se la voce le uscisse dal ventre, solo perché non l'assecondavano sulla follia di turno che si era messa in testa), piagnucolava al telefono l'ennesima versione della sua vita, il marito era lì presente, avallo malato delle sue follie.