mercoledì 31 marzo 2021

MADRE Cap. II

Capitolo II

"Avvisa papà che sono andata da nonna."
Diego annuì un poco triste. "Saluta nonna."
Il viaggio in auto era lungo e con il traffico poteva arrivare a toccare le due ore. Rita lo sapeva bene. Ma data l'ora di pranzo forse, essendoci meno gente in strada, ci avrebbe messo il tempo minimo di cinquanta minuti.
Guidando pensava con ansia a sua madre. Cosa poteva essere questo dimagrimento improvviso? Il Medico di Base se ne era voluto lavare le mani con quella decisione del ricovero in Ospedale oppure c'era davvero qualcosa che lo motivava?
L'avrebbe portata all'Ospedale più vicino a casa sua. Era impensabile un Ospedale dentro Roma, lontano dal suo lavoro e dalla sua abitazione, dovendo andare da lei tutti i giorni.
Sua madre aveva solo lei. Era sempre stato così e un poco anche quando era ancora vivo suo padre.

Aveva Monica di appena un anno quando, dalla telefonata quotidiana che le faceva, aveva saputo che  il forte raffreddore che si trascinava da tempo quel giorno le aveva provocato l'uscita di sangue da un orecchio.
"Mamma! Non è normale! Vai subito dal tuo medico!"
L'aveva esortata preoccupata.
"Ma non è niente, è solo raffreddore.." Le aveva risposto lei con voce tranquilla.
"Mamma, ho studiato un po' Medicina, lo sai, potrebbe essere mastoidite. Ti prego va dal Medico!"
Poi aveva telefonato a suo padre in ufficio. Due telefonate al giorno da quando si era sposata e, solo apparentemente, era uscita dai problemi quotidiani dei suoi genitori.
Suo padre le rispose seccato invece di preoccuparsi.
"Papà, potrebbe essere mastoidite, se non si interviene subito si deve operare.."
La voce di suo padre era fra il risentito e l'arrabbiato: "Alla mia età non devi essere tu che mi devi dire cosa debbo fare."
La frustrazione in Rita si mischiava alla preoccupazione. Lei era a mezz'ora di automobile da casa loro, senza avere né l'auto, che serviva a suo marito per andare al lavoro, né ancora la patente di guida, con le mani legate da quell'amore di bambina che le era nata da un anno.
Suo padre, pur amandola, non aveva preso bene l'essere rimasto solo con sua madre.
Rita si era sentita assurdamente in colpa per averli lasciati da soli, con i loro problemi, che lei non aveva certo potuto risolvere, solo soffrire e tanto con loro e per loro, ma la sua presenza in casa era comunque una consolazione al loro non saper vivere in serenità.
Suo padre in particolare si era aggrappato a lei come un naufrago al suo salvagente. Questo peso Rita lo aveva sentito su di sé e se ne era sentita oppressa, limitata in quella che poteva e doveva essere la sua vita.
E la sua vita era ora con suo marito e la sua bambina. Sapendo dei loro problemi ogni giorno faceva due telefonate per sentire due versioni diverse del loro quotidiano dissapore.
Sposata e madre non chiedeva nessun aiuto ai suoi genitori, abitavano lontano e lei sapeva cavarsela da sola, ma era sempre preoccupata per loro giacché, non avendo più lei in mezzo a loro a fare da cuscinetto, dopo che lei se ne era andata le cose non potevano che peggiorare.
Suo padre era stanco delle stranezze dovute alla malattia di sua madre e non era né dolce né comprensivo con lei, ma brusco, distante.
Così finì che la mastoidite diagnosticata al telefono da Rita si rivelò tale e sua madre, dall'ospedale dove era ricoverata, le disse "che le avevano infilato un ferro nell'orecchio che era pieno di pus"..
Rita non poteva prendere i tre autobus che ci volevano per raggiungere l'Ospedale al centro di Roma, abitando in periferia, con la piccola in braccio. Era impensabile salire e scendere da mezzi affollati e fare percorsi a piedi con quel dolce peso. Aspettava che suo marito l'accompagnasse, ma lui era impegnato tutto il giorno fuori città e lei poteva sentire sua madre solo per telefono. Grandi erano il suo dolore e la sua preoccupazione quando le giunse una telefonata di un suo zio, fratello di suo padre, che diceva di essere in ospedale ed era scandalizzato di non trovarvi nessuno: né il marito, né la figlia.
Smarrita la giovane si chiese dove fosse suo padre, perché non le fosse vicino, visto che aveva subito un'operazione delicatissima.
Spiegò allo scandalizzato zio la sua situazione di madre di una bimba piccola, senza mezzi di locomozione per raggiungere un Ospedale così lontano se non quelli pubblici e bisognava prenderne diversi.
Ma lui non fece sconti né fu comprensivo, aumentando il senso di impotente frustrazione di Rita, di fronte alla latitanza irresponsabile di suo padre verso il quale quel suo fratello aveva sempre dimostrato un critico malanimo. Comunque in quel caso lo zio Angelo aveva ragione: sua madre era appena uscita dalla sala operatoria e nessuno della sua famiglia era accanto a lei.
Suo padre non aveva giustificazioni: era prossimo, per sua scelta, alla pensione. Voleva infatti approfittare di una legge che gli consentiva di andarsene con dieci anni di abbuono e aveva detto che avrebbe fatto domanda. Era incomprensibile che non avesse chiesto un permesso o un giorno di ferie per stare accanto alla moglie che veniva operata.

Questi ricordi la riempivano di tristezza mentre guidava. Suo padre aveva sempre avuto un atteggiamento critico nei suoi confronti, colpevolizzante. Eppure lei, pur essendo un'adolescente, si era fatta carico dei problemi di sua madre e lui quando era bambina non le aveva risparmiato le scenate dei loro litigi, responsabilizzandola come se fosse stata un'adulta.
E responsabile lei lo era stata sempre. Come quella volta che lui serio e teso le disse: "Quella matta di tua madre mi ha denunciato perché l'ho picchiata e ora il maresciallo vuole sentire te. Devi attenuare quello che ha detto lei perché rischio pure al lavoro, capisci?"
Quanto avrà avuto? Dieci anni forse; non andava ancora alle scuole medie. Si rendeva conto di tutto, come sempre, fin da piccolissima. E provava ansia e vergogna per qualcosa che subiva, che la faceva soffrire, di cui non aveva colpa.
In piedi davanti alla scrivania del maresciallo spuntava solo con la testa dal piano di essa, oltre il quale il benevolo ma attento uomo di legge la interrogava. Suo padre taceva, in piedi anche lui accanto a lei, mentre lei rispondeva vergognandosi tantissimo per quella incresciosa situazione in cui suo padre l'aveva messa e di cui lui dava tutta la colpa a sua madre perché l'aveva denunciato.
Fece il possibile per attenuare il carico su suo padre. Certo c'era stato qualche schiaffo, ma nulla di gravissimo.
Perché mettere una bambina, che da quando era nata subiva spaventi e dolore per i loro litigi violenti, in una situazione che metteva in conflitto la sua coscienza? Eppure suo padre l'amava.