giovedì 27 giugno 2019

LEZIONI DI GEOGRAFIA per analfabeti


Per chi non ha ancora capito perché totalmente ignorante in Geografia, ma non basta, privo di capacità intuitive, oppure volutamente ottuso e chiuso ad ogni realtà, tento qui l'illustrazione di cosa è la costa del continente Africa che affaccia sul Mare Mediterraneo: se un gommone viene messo in acqua davanti alla Libia per arrivare in Italia deve percorrere Km. 355: tra Lampedusa e la Libia (Tripoli) vi sono 355 Km..
Dopo pochi chilometri un gommone fatiscente o un barcone fatiscente non può che arrendersi a percorrere una simile distanza. A questo punto, in mezzo al mare, quasi per miracolo, ecco apparire una nave privata, definita ONG, che vuol dire che non è armata e spesata da un governo (Organizzazione Non Governativa) ma deve comunque essere registrata in un Paese e ci deve essere qualcuno che paga il carburante per scorrazzare per il Mediterraneo e paga gli stipendi (accertato come corposi) degli ingaggiati come equipaggio.
Sistematicamente la nave "trova" un barcone alla deriva e agganciatolo "lo salva" dal naufragio programmato dagli organizzatori del traffico.
Traffico non di libici, ma di persone che vengono da Paesi sotto la Libia, come si può vedere nella cartina geografica: Mali, Ciad, Niger, Sudan. Ma anche da più sotto e più lontano: Nigeria, Costa D'Avorio, Senegal ecc. ecc..
Migliaia di chilometri separano quei Paesi dalla Libia e una volta entrati in Libia migliaia di chilometri bisogna percorrere per arrivare sulla costa libica che affaccia sul Mediterraneo.
Le persone che si sono fidate delle invoglianti fole loro raccontate dalla organizzazione criminale per farsi dare i soldi, tanti, si accorgono che il viaggio non è esattamente come era stato loro rappresentato. Ma a questo punto le navi ONG che battono il mare magicamente li trovano e li portano in salvo (gratis?), ho grandi dubbi, ma non nel porto più vicino che, dalla cartina, potrebbe essere tunisino, noooo! L'unico porto sicuro è a 355 Km. e DEVE essere italiano, non perché più sicuro di quello tunisino (in Tunisia gli Italiani e non solo ci vanno in vacanza!) ma perché l'organizzazione deve condurli in Italia, per forza, e deve rispettare i patti!
Serve altro?

Giorgio Bassani "L'Airone"

Con questo libro, che ho appena  finito di leggere, Bassani vinse un Premio Campiello nel lontano 1969. Uno dei tanti premi collezionati da questo scrittore. 
Onestamente non l'ho trovato né scritto particolarmente bene né con un contenuto che m'abbia lasciato niente, se non la piatta descrizione di un uomo inutile a sé stesso e agli altri.
Ho appena finito di leggere 6 libri di Amos Oz e anche lì ho potuto constatare che gli scrittori moderni a volte fanno scelte audaci, scrivendo in certi punti non propriamente in modo classico. Dunque non debbo stupirmi se Bassani mette in certi periodi più virgole di quante forse ne servirebbero, né che, ad esempio, riferendosi ad una voce umana usi "lei" invece di essa:
"Perfino la voce di Bellagamba, quella specie di grosso latrato che ogni tanto, su per le scale, saliva dal basso a frastornargli le orecchie, anche lei taceva, ormai." Ecco io avrei scritto "anch'essa taceva" per ovvie ragioni di regole grammaticali. Ma lui è Bassani e dunque può permettersi delle licenze..
Diverso è quello che ho trovato di strano in Oz perché potrebbe essere sempre una scelta imputabile alla traduzione.
Ma Bassani scrive in italiano e dubbi sulla scelta non ce ne sono.
Anch'egli come Oz è ebreo ma di tutt'altra esperienza e formazione. Ha vissuto l'avvilimento delle inspiegabili leggi razziali sotto il fascismo, ma rispetto ad altri ebrei italiani è stato fortunato a quanto si legge nella sua biografia: "Nel 1926 venne ammesso al Regio Liceo Ginnasio "L. Ariosto" dove frequentò i cinque anni del ginnasio e i tre del liceo e dove, nel 1934, conseguì la maturità. Nel 1935 si iscrisse alla Facoltà di Lettere dell'Università di Bologna, che frequentò da pendolare e dove, nonostante le leggi razziali emesse dal regime fascista, si laureò nel 1939".
Di lui in gioventù ho letto "Il giardino dei Finzi Contini", che nulla ha a che fare con la riduzione cinematografica anche se ha goduto della regia di Vittorio De Sica, tanto che Bassani ne prese ufficialmente le distanze.
Questo "L'airone" si potrebbe spiegare come la vicenda di un uomo depresso nell'ultimo giorno della sua vita.
Un uomo ricco che vede insidiata la sua ricchezza di proprietario terriero dalle rivendicazioni dei braccianti. Il protagonista è ebreo come lo scrittore e, a mio avviso, una persona vile, che sfugge ad ogni confronto, forse spiegabile, questa sua natura rinunciataria, con la patologia della depressione. 
Dunque onestamente non so quale messaggio Bassani volesse trasmettere descrivendoci i pensieri insulsi, incerti, irresponsabili e stravaganti di quello che appare come un relitto umano.
C'è stato solo un punto che mi ha fatto ricordare una novella che ho scritto basandomi su una mia personale esperienza: "Il gatto della credenza quello che fa… pensa!" Facente parte della raccolta "Le verità nascoste - Racconti comici... ma non troppo". Dunque ho trovato verosimile il flusso di pensieri assurdo che il protagonista ha dopo aver telefonato a casa di un cugino, che non vede da tempo, e gli risponde la moglie che lui ha conosciuto in gioventù, essendo degli stessi luoghi, la quale si mostra gentile e cordiale e lo invita a salire pure in casa visto che lui le dice di essere a pochi passi da essa, anche se il marito è fuori. Lui accetta e poi inizia a figurarsi che lei lo ha invitato a salire anche se il marito è uscito, ma è sempre lì in giro nel piccolo centro dove sono, perché è una puttana e vuole fare con lui una sveltina.. Poi ha come un'improvvisa autocoscienza e si accorge di "stare delirando" e presane coscienza non sale più, senza neppure avvertire la gentile cugina acquisita, che di certo si stupirà di non vederlo dopo che è stato lui a telefonare e a dire che era lì sotto casa cercando di suo cugino.
Ebbene è verosimile, giacché mi è capitato di conoscere persone "deliranti", non so se anche coscienti di esserlo come il protagonista de "L'airone", ma di certo hanno stimolato la novella, di cui ho sopra riportato il titolo, proprio per la patologia del pensiero nato nella mente dell'individuo senza un vero motivo reale.
Ma il delirio del protagonista de "L'Airone" raggiunge il massimo alla fine della sua insulsa ultima giornata quando, pur avendo deciso di ammazzarsi con tutti i particolari del caso, si sbarba di nuovo (l'aveva già fatto la mattina all'alba), si fa di nuovo il bagno e, scrive Bassani, "felice" per la decisione presa si reca nella camera della madre, come è d'abitudine fare ogni sera, e parla con lei raccontandole la sua giornata in una versione in parte mendace, mentendo senza ragione alcuna con l'insensatezza di un bambino e senza il minimo pensiero del dolore che di lì a poco darà a sua madre uccidendosi senza apparente motivo all'età di 45 anni.
L'allegoria con il titolo del romanzo breve o racconto lungo è per me quasi evanescente: l'airone viene ucciso la mattina di quel giorno durante la svogliata partita di caccia a cui l'uomo si dedica, pagando un aiutante che metta i richiami e lo porti in barca nella zona paludosa di caccia agli uccelli di passo.
L'airone viene ucciso dal suo accompagnatore a cui lui ha ceduto uno dei suoi fucili, stupendolo perché questo non è previsto.
La povera bestia viene ferita, colpita ad un'ala, e non muore subito. Tenta di rifugiarsi fra i canneti, ma morirà lo stesso.
Se Bassani voleva fare un parallelo fra l'uccello innocente ucciso in modo insensato, per diletto di uomini, e il protagonista privo di ogni interesse alla vita, ebbene non vedo proprio il nesso.













mercoledì 26 giugno 2019

Sisma - Romanzo Capitolo II

Sisma
Romanzo inedito di Rita Coltellese
pubblicato a puntate su questo sito con Amministratore Unico Rita Coltellese su contratto con Google Blogger
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Il Romanzo viene pubblicato per capitoli, ad ogni nuovo capitolo verrà scritta la data di pubblicazione del precedente in modo che il lettore possa, tramite il calendario che appare a destra, ritrovare facilmente il precedente.


SISMA

Capitolo II
(Il Capitolo I è stato pubblicato il  16 giugno 2019)

Una folla di vite, di generazioni che si conoscevano tutte, che nulla potevano nascondere le une alle altre, eppure storie segrete ne nascevano, a qualcuno trapelavano e di bocca in bocca passavano.
Storie dimenticate che uno spunto qualsiasi e casuale faceva riaffiorare dalla cenere che le ricopriva pudicamente, depositata dai tanti fatti che continuano ad avvenire ogni giorno e che occupano i pensieri delle genti non lasciando spazio ai ricordi.
Sara bambina conosceva quei luoghi solo d'estate. Estati di libertà immensa per una bimba che viveva tutto l'anno segregata in un palazzo di città, dove la libertà era confinata ad un giardinetto polveroso, con i vialetti di ghiaia, circondato dal traffico delle auto, dallo stridore dei freni dei tram e, quando andava bene, ad un Parco cittadino che nulla aveva della gioia selvaggia di corse per un paesino senza auto, semivuoto perché la gente il giorno era fuori, a lavorare nei campi, anche lontani dall'abitato.  I vecchi sedevano sulle soglie delle case e la salutavano chiamandola per nome, chiedendole se le piaceva di più quel luogo o la città dove viveva, con un sorriso affettuoso e sornione insieme... E lei non sapeva cosa rispondere su quelle due realtà così diverse..
Cercava altri bambini con cui giocare ma se ne trovava la guardavano vogliosi e allo stesso tempo impediti dai compiti loro imposti dai genitori. Qualche madre la salutava e magari concedeva un po' di libertà alla sua bambina o bambino, ma nella voce di alcune Sara sentiva una nota malcelata di acredine: "Eh! Tu sei in vacanza, non hai nulla da fare, ma Marcellina deve lavorare!" 
E Sara si sentiva in colpa senza sapere perché, cosa aveva mai fatto di male se stava in vacanza dopo un anno di scuola? Ma capiva che la condizione sua doveva apparire come privilegiata a quegli agricoltori che, data la vita dura che conducevano quotidianamente, avevano bisogno anche dell'aiuto dei loro figli, non importa se ancora bambini, e non solo d'estate, anche durante l'anno scolastico, così che il loro rendimento in fatto di studio ne risentiva.
Sara fermò l'auto accostando sul ciglio della strada. Ecco la prima casa crollata, il primo mucchio di rovine: la casa di Firmino.
Era stata costruita su una curva, appena sotto strada, nel terreno che in quel punto scendeva dolcemente. Godeva di un bel panorama verso la stretta valle dove scorreva il fiume, poi il terreno risaliva e  la collina di fronte formava un terrazzamento ampio in cui esisteva un altro paesino che Sara cercò con lo sguardo per vedere se se ne percepiva la rovina, ma a quella distanza le case potevano ancora sembrare intatte e dare l'illusione che il tremendo sisma l'avesse risparmiato.
Della casa, orgoglio di Teresa, la moglie di Firmino, non rimanevano che macerie. I pesanti cordoli di cemento che reggevano il tetto giacevano a terra come dinosauri abbattuti e le rossastre tegole nuove contrastavano con il tetto disfatto.
"Che rovina.." Mormorò la donna, contemplando quella che era stata una casa grande e fra le costruzioni nuove, in un paese costituito in prevalenza da case che risalivano al 1.300, rafforzate e ricostruite, forse, con le stesse pietre legate insieme da calce e rena del fiume se danneggiate dai terremoti che in quei luoghi non erano mai mancati nemmeno in tempi passati.
Le passò davanti agli occhi l'ultima immagine di Ottaviano: biondo, sorridente, vagamente somigliante all'attore Kirk Douglas, che salutava lei e suo padre seduti sul costone che risaliva dalla strada, riposando dopo una breve passeggiata con i bimbi di lei, adorati nipoti di lui.
Ottaviano era tornato per un breve e raro periodo di vacanza nel paese natale dal Paese estero dove era emigrato per lavorare. Era l'orgoglio dei genitori e dei fratelli e sorelle. Dopo alcuni anni aveva fatto in modo che lo raggiungesse il fratello Michele ed ora vivevano, entrambi scapoli, in una città belga.
Con le rimesse di soldi sudati da Ottaviano a poco a poco avevano costruito quella casa fattoria, con annesso spazio agricolo.
Fu atroce quando uccisero Ottaviano. Non si capì mai bene cosa fosse accaduto, sembra per gelosia di qualcuno per una donna. Ottaviano era bello e vigoroso, ma il suo atletico torace e le sue larghe spalle non l'avevano salvato dalla coltellata che l'aveva ucciso. Sara non seppe mai nemmeno se avesse avuto giustizia... Una delle sorelle, piena di dolore, le disse solo che non era stata fatta perché gli immigrati erano sempre sfavoriti rispetto ai cittadini di quel Paese. Tutti si chiusero in un dolore senza consolazione e Sara non riuscì neppure a parlarne con Firmino per fargli le condoglianze, perché lui quasi fuggì quando provò ad accostarglisi. Rispettò quel dolore disperato che nessuna parola poteva consolare. Avevano ucciso la colonna generosa di quella famiglia e Michele distrutto dovette occuparsi di tutto, da solo, e chiuso il suo amato fratello in una cassa tornò con lui definitivamente al paese natìo.
Restava quella casa dove un giorno Ottaviano sognava di tornare per la pensione...
Ma al sisma della vita si era ora aggiunto il sisma della Terra e la distruzione ora era completa.
Sara provava un desolato senso di pietà per quelle vite, per la fatica immane e vana che gli uomini fanno e come quello che costruiscono può essere spazzato via in un attimo, crudelmente.
E provò una desolata tristezza ancor di più nel ripensare a Teresa e alla sua acredine immotivata nei suoi riguardi dovuta, Sara lo capì dopo, al fatto che lei era sposata e una delle sue figlie, sua coetanea, aveva avuto una bambina con un giovane carabiniere che non poteva sposarla per il vincolo che l'Arma imponeva a quel tempo di non poter contrarre matrimonio prima dei 30 anni di età.
Nonostante gli anni Sara non riuscì mai a comprendere l'invidia che le rovesciavano addosso le persone per cose di cui lei non aveva colpa alcuna. Le sembrava un sentimento ingiusto e meschino.

NOTA - Ministero della Difesa - Carabinieri
La Gazzetta Ufficiale dei 6 aprile 1956 promulgò la legge n. 185 del 23 marzo, che ai componenti l'Arma dei Carabinieri riconosceva la facoltà di contrarre matrimonio: per i marescialli, senza limite di età; per brigadieri, vice brigadieri, appuntati e carabinieri, al compimento dei trent'anni di età.
Le ultime disposizioni in materia per l'Arma risalgono: alla legge 19 maggio 1976 n. 322, per la quale i marescialli possono contrarre matrimonio senza limiti di età; alla legge 1 febbraio 1989 per la quale i carabinieri, i vice brigadieri e i brigadieri possono contrarre matrimonio dopo aver compiuto quattro anni di servizio, a meno che non abbiano compiuto il venticinquesimo anno di età.
Queste ultime disposizioni sono state abrogate dal D.Lgs. 15 marzo 2010 n.66.

sabato 22 giugno 2019

"La scatola nera" di Amos Oz

Ho finito di leggere "La Scatola nera" il sesto libro di Amos Oz.
Ho letto in precedenza "Una storia di amore e di tenebra", "Una pace perfetta", "Michael mio", "Giuda" e "Finché morte non ci separi".
Questo ultimo romanzo "La Scatola nera" è quello che mi è piaciuto meno, pur essendo denso di verità profonde raggiunte ed espresse dall'Autore nel corso della narrazione.
Narrazione che si serve dell'artificio del romanzo epistolare, cioè per raccontare l'Autore ricorre all'esposizione degli accadimenti attraverso lettere che i personaggi del romanzo si scrivono.
Lettere dense di particolari minuti che rendono artificioso e irreale il racconto, giacché difficilmente anche in lettere minuziose ci si addentra in particolari che appaiono forzati ed inutili.
Avevo iniziato anch'io un Romanzo, che tengo lì incompiuto, dal titolo "Lettere d'amore e.. altro", ma è basato su lettere reali che due giovani coniugi si sono scambiate nell'arco di sei mesi stando lontani per il lavoro di lui.
Queste lettere immaginate da Amos Oz presentano situazioni umane estreme, magari potrebbero benissimo esistere persone del genere, ma per il mio mondo, forse piccolo borghese, sono situazioni al limite del disumano che per la loro natura sbagliata non possono che produrre infelicità e fallimento esistenziale.
Ora il fatto di essere ebrei, dunque con una cultura e una formazione per certi versi diversa dalla mia, non spiega certi comportamenti, giacché la distinzione fra il male e il bene, come fa dire ad un personaggio Oz, è insita nell'Uomo già dalla nascita, è innata nel suo istinto. 
Né le credenze morali ebraiche si discostano dalle nostre nate dal cristianesimo, anzi, è stupefacente come, leggendo quel che dice e pensa l'ebreo credente Michael (anche qui c'è un Michael ma diverso dal personaggio del libro "Michael mio"), io ritrovi i precetti identici con i quali sono stata educata e cresciuta nella mia famiglia cattolica e che ho seguito nella mia Chiesa di Via degli Scipioni a Roma, dove ho frequentato la locale sede dell'Azione Cattolica fino ai miei 18 anni.
Così stupefacente da non comprendere in cosa queste due religioni si discostino, se non nel fatto che per loro l'ebreo Gesù è e rimane un predicatore di comportamento morale e non un essere divino.
Michael è un ebreo nordafricano, nato in Algeria, poi trasferitosi con la famiglia a Parigi e di lì in Israele, mentre i suoi genitori e parte della sua famiglia è rimasta a Parigi. In Israele egli ha un fratello.
Michael ci viene descritto come non alto, non bello, peloso, religiosissimo fino alla pedanteria, ma idealista sul piano politico per il suo Paese, che non è l'Algeria, non è la Francia, ma Israele.
Michael ha sposato una divorziata che ha un figlio adolescente, Boaz, ed ha avuto da lei una bambina Madeleine Yfat, che all'inizio della narrazione ha tre anni.
La moglie, Ilana, ha avuto un divorzio disumano dal primo marito, Alexander ed è l'analisi di quel rapporto così tragico "La Scatola nera" che si cerca di decodificare nel corso del racconto.
Già dalle prime lettere che Ilana scrive all'ex marito per chiedergli aiuto per Boaz, figlio ribelle che egli ha voluto legalmente disconoscere addebitando a Ilana ripetuti adulteri, si apprende che ella non nega i tradimenti, addirittura ripetuti e fatti senza passione se non quella di offenderlo.
Ella si definisce in una di queste lettere: una puttana nata. Dichiara che in nove anni di matrimonio lo ha tradito negli ultimi sei con "i suoi amici, i suoi superiori dell'esercito, i suoi allievi, con l'idraulico e l'elettricista". Allo stesso tempo dichiara che lui, Alexander, "è stato e resta suo marito", e gli esprime una vera adorazione chiamandolo "il mio signore".
E' evidente che non di psicologia normale si tratta, non di sentimenti normali, giacché l'amore puro fra due coniugi non mette in conto il tradimento, tanto meno tradimenti ripetuti e così volgari come quelli descritti.
Inoltre questa Ilana, ormai sposata ad un altro da cui ha avuto una figlia, continua a ritenere suo marito il primo, che pure ha tradito e da cui è stata trattata con tanta crudeltà da rifiutare la paternità del loro unico figlio ripudiando anche lui, piccolo innocente.
Siamo di fronte ad una donna dai sentimenti e comportamenti estremi, anomali e non giustificabili neppure dalle anomalie di Alexander che, nel corso del racconto, verranno fuori.
In una lettera ad Alex ella dichiara che gli sta scrivendo di nascosto di Michael, che peraltro sa della sua richiesta di aiuto per Boaz e quindi del nuovo contatto dopo sette anni dal divorzio, ma di quella lettera, in cui lei parla dei tradimenti e di sentimenti ancora vivi verso il primo marito, Michael non sa... E lei, dice, sente di tradirlo per questo: "dopo anni, nemmeno un'ombra di inganno è passata fra di noi".
Ma, da lettrice mi chiedo, se non c'è stato mai inganno allora questo secondo marito sa tutto di questa donna? Sa che, come lei stessa si definisce scrivendo al primo marito, è "una puttana nata"?  E come può accettare il puro e religiosissimo Michael una donna sposata e madre che andava copulando volgarmente con tutti?
Se nel presente ella non tradisce carnalmente lui è pur stata "quella" persona e noi non siamo fatti a spicchi, ma siamo un intero..
Ha nascosto a Michael le sue passate e volgari prodezze sessuali o lui, così religioso, lo sa ed è così magnanimo da stimarla lo stesso? Non è dato sapere.
Quello che si scopre via, via, della "scatola nera" che è stato il matrimonio Alexander-Ilana, è che dopo i primi momenti di passione lui ha iniziato ad introdurre un gioco mentale depravato fra loro: fingere che lui fosse un altro, un terzo fra loro due coppia, per possederla da "terzo immaginario" poi di nuovo, eccitato da questo, lui Alex. La perversione però viene da lei accettata.
 In seguito in lui iniziano le paranoie dei tradimenti di lei, che poi diventano reali...
Una coppia sulfurea, direi. con in mezzo il piccolo, innocente Boaz.
Si apprende che Ilana aveva avuto vari uomini prima di Alex, mentre lui, a 28 anni, era ancora vergine.
Una omosessualità latente forse? Il libro non lo dice mai esplicitamente, ma il pensiero può riaffiorare verso la fine, quando Alex molto malato e quasi morente va a vivere nella proprietà che ha ereditato da suo padre e dove ora vive Boaz, che riconosce affettivamente come suo figlio, e scrive che Boaz forse va a letto con tutte le ragazze ospiti della comune, che ha creato ospitando giovani che ne fanno richiesta, e con i ragazzi: "Tutte sembrano essere sue amanti. Può darsi anche i ragazzi".
Come può pensare questo il padre del figlio? Forse perché egli stesso in sé ha un problema?
Questi personaggi estremi, che cercano una normalità di affetti dopo averli offesi e calpestati, sono personaggi necessariamente disperati, giacché incapaci di vivere in una normalità che sola può dare serenità.
Ilana alla fine lascia il secondo marito per curare il primo moribondo con una abnegazione che è eccesso anch'essa...
Gli unici che fanno pena, perché veramente innocenti, sono Alexander bambino e suo figlio Boaz bambino: entrambi travolti dagli errori degli adulti, entrambi lasciati in una dolorosa solitudine affettiva, entrambi oggetto di violenza da parte di chi avrebbe dovuto sentirsi responsabile di loro proteggendoli e dando loro delle carezze e non colpi.


Alex da bambino girava da solo nella immensa tenuta di suo padre e l'unica compagnia era una scimmietta.
Suo padre gliela uccise.

domenica 16 giugno 2019

Sisma - Romanzo Capitolo I


Sisma

Romanzo inedito di Rita Coltellese
pubblicato a puntate su questo sito con Amministratore Unico Rita Coltellese su contratto con Google Blogger
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Il Romanzo viene pubblicato per capitoli, ad ogni nuovo capitolo verrà scritta la data di pubblicazione del precedente in modo che il lettore possa, tramite il calendario che appare a destra, ritrovare facilmente il precedente.

SISMA

Capitolo I

Partì da sola in inverno. Sperando così di non incontrare nessuno. Guidò per oltre cento chilometri serenamente, le piaceva guidare e pensare. Ai lati del nastro di asfalto scorrevano panorami di verdi colline con, ogni tanto, paesi grandi e piccoli arroccati.
Stare da sola le dava una sottile, piacevole eccitazione, guidare un senso di libertà e di sicurezza. I luoghi sono stimoli di ricordi, senso di appartenenza. Ecco Antro dell'Oco, Settimo Sigillo.. Le risuonarono nei ricordi le parole di suo padre su quei luoghi di passaggio per tornare da Roma al suo paese natìo: "Che brutti punti.. Fra le montagne." Eppure lui ci era nato fra i monti.. Ma forse era perché il paesino da dove proveniva lui era incollato sul fianco di un'alta collina, con la valle dove scorreva il fiume sotto, accanto alla strada statale che lei, Sara, stava percorrendo. I monti erano più su, alle spalle e, oltre la valle, davanti, si ergeva maestoso Pizzo di Scala, lontano, a far da panorama.
D'estate quel monte diventava tutto d'oro prima del tramonto, poi in pochi minuti quell'oro virava al rosa, poi al violetto, indi grigio e infine spariva nel buio della notte.
Ricordava il suo stupore di bambina ogni volta che d'estate i suoi genitori la portavano nel loro paesetto natale a passare le vacanze: scopriva un cielo che nella città dove era nata non esisteva neppure nelle notti più serene.
"Quante stelle.. Non c'è quasi un pezzetto di cielo buio tante ce ne sono.. E come sono brillanti! Ma dove si nascondono giù in città? Perché si vedono solo qui?"
A quel tempo il paesino aveva una pallida illuminazione pubblica, costituita da bracci in ferro piantati ogni tanto nei muri delle case rustiche e antiche, da cui pendevano dei piatti smaltati di bianco su cui erano avvitate fioche lampadine. Usciti da quei rari coni di luce si ripiombava in un buio assoluto dove, d'estate, volavano lievemente delle lucciole.
Le tornò l'immagine di suo padre che prendendo per la manina suo figlio Marco gli diceva: "Andiamo, a' nonno, andiamo a vedere le lucciole." E il bambino gli porgeva fiducioso la mano e il nonno si avviava con lui poco distante dalla casa delle vacanze dove, appena usciti da un cono di luce pubblica, svoltando si entrava in una strada buia dove brulicavano quei magici lumini che incantavano il bambino.

Ecco, ora usciva dalla strada statale e imboccava la via che si inerpicava in salita verso il paese natale dei suoi genitori.
"L'hanno asfaltata." Pensò, ricordando che l'ultima volta che era stata lì era ancora imbrecciata di bianchi sassi.
Alla prima curva a tornante rivide il rudere che era lì da sempre e dove la fantasia dei bambini del posto comunicava che "lì uscivano gli spiriti". Forse era quel che restava di un antico terremoto dove erano perite delle persone e di generazione in generazione si tramandavano quella fantasia?
Dall'immagine tetra la trasse il ricordo di un'emozione forte: quella che lei diciottenne aveva provato incontrando proprio lì, in quella curva, il suo innamorato che l’aveva raggiunta in quel luogo di vacanza in auto. Lei era scesa a piedi dal paese che era due chilometri più in alto. Lo aspettava e quando vide la sua utilitaria fu felice come si può esserlo quando si è totalmente e profondamente innamorati. Lui arrestò l'automobile e scese quasi correndole incontro preso dalla stessa emozione. Si abbracciarono. Poi risalirono in macchina per avviarsi su, in mezzo agli altri.

Non era nata lì, neppure aveva più radici in quei luoghi, eppure lì erano molti suoi ricordi. Ora aveva quasi timore di proseguire, di non ritrovare le immagini immagazzinate nella mente, eppure aveva sentito il bisogno di fare quella specie di pellegrinaggio.
Per strada non c'era anima viva. Il momento del via vai, della massima attenzione, era scemato. Il cielo era grigio come si addice ad una giornata d'inverno, l'aria fina e pungente come a volte era anche d'estate in quei posti.

La strada ora tagliava in due quella che era stata la vigna che suo padre aveva fatto arrivare da Maccarese e che aveva fatto ripiantare dove era morta quella che aveva curato suo nonno.
Un'altra delusione di suo padre, altri soldi buttati, altra ingratitudine da parte di quel fratello rimasto a fare il contadino. Non l'aveva saputa curare e l'aveva fatta morire.
Suo padre amava la terra, ma non poteva averne cura dato che aveva un lavoro impiegatizio in città. Contava dunque su quel fratello e investiva anche i suoi soldi per quella passione, cercando così pure di aiutarlo.
Ma già allora, bambina, Sara avvertiva una realtà che suo padre sembrava non vedere. Eppure era stimato da tutti come un uomo intelligente. Come mai quella realtà che arrivava con segni inequivocabili alla capacità di comprensione di una bambina, sia pure particolarmente acuta e sensibile, a lui non arrivava ad aprirgli gli occhi?
Nel corso della vita Sara aveva scoperto  altre volute cecità di persone, forse perché psicologicamente malate, ma quella di suo padre, con l'esperienza di vita da adulta, le appariva non comprensibile, forse spiegabile con una sua fragilità caratteriale ed affettiva: egli rifuggiva dalla delusione frustrante di riconoscere che quel fratello, che egli diceva essere l'unico, essendo gli altri ben peggiori, lo assecondava per mero interesse e non per vero affetto di cui lui aveva tanto bisogno.
Suo figlio Marco somigliava al nonno per molti aspetti del carattere e, particolarmente, per questa sua grande capacità di amare e fame di amore.
"Siamo DNA anche nei sentimenti, i geni hanno codificati anche quelli." Pensava Sara riflettendo su suo figlio ormai uomo adulto anche lui.
"Possiamo essere plasmati dall'ambiente, possiamo lavorare su noi stessi, ma alcuni aspetti sono nei geni, c'è poco da fare.." Tanti anni aveva vissuto, tante persone aveva visto nascere e crescere e osservandole ora era arrivata alla convinzione che nei geni non c'è codificato solo il colore dei capelli e degli occhi, ma anche aspetti del carattere non sempre modificabili con la volontà.

Ecco la curva dove l'auto con autista era finita nella scarpata con sua madre a bordo.
Doveva essere una gita al lago ed era finita all'Ospedale, ora anch'esso distrutto dal terribile sisma che aveva sconvolto quei luoghi.
Che corsa quando qualcuno del paese era arrivato fuori dalla sua casa gridando che l'auto su cui viaggiava sua madre era finita fuori strada, nella scarpata.
Tutto veniva drammatizzato da quelle persone dai sentimenti primordiali.. Un incidente stradale poi per quei posti in cui circolavano allora poche automobili era un avvenimento per il quale l'agitazione era massima.
Quell'anno era sua ospite l'amica Pamela. Corse con lei lungo la strada per raggiungere il luogo che vari ragazzini correndo con loro le indicavano. Era a circa un paio di chilometri dall'abitato, il cuore le batteva così forte che dovette fermarsi perché sembrava scoppiarle in petto. Pamela diceva che quel giorno aveva le mestruazioni, che erano per lei sempre abbondanti, e con la corsa stava perdendo molto sangue. Rimase indietro. Sara continuò da sola con gli infaticabili ragazzini.
Finalmente giunse sul posto. L'auto, non si capiva come e perché, non aveva girato alla curva ed era andata dritta giù nella scarpata. Sara si sporse e vide la grossa auto scura ferma sul costone, il muso in giù, tenuta da grossi cespugli e arbusti che ne avevano per fortuna arrestato il precipitare.
C'erano altre persone nel punto, alcuni accorsi per curiosare perché di avvenimenti lì, all'epoca, non ve  ne erano tanti e anche un incidente costituiva un evento straordinario.
Le parlò Emanuele, un ragazzo di pochi anni più grande di lei: "Li hanno portati all'Ospedale. Erano tutti vivi. Tua madre l'ho tirata fuori io e l'ho portata in braccio fino qui, sulla strada, poi con delle auto accorse, ciascuno di loro per ogni auto, li hanno portati all'Ospedale. Stai tranquilla, tua madre aveva solo delle ferite in testa dovute ai vetri del finestrino che si è rotto. Ma stava bene.. Se vuoi ti porto con la mia auto all'Ospedale."
"Grazie Emanuele, - ringraziò lei piangendo - grazie di aver raccolto mia madre e grazie se mi accompagni lassù, perché io non saprei come andare."
Quel ragazzo era buono e servizievole anche perché lavorava per uno dei fratelli di suo padre e voleva rendersi utile.
Lei lo avvertiva, ma sentiva anche che Emanuele era buono, una persona gentile, educata e corretta come pochi.
Arrivati in Ospedale vide sua madre su una barella quasi incosciente con gli abiti sporchi di sangue.
Pianse di nuovo, chiese ad un medico cosa avesse, ne ebbe delle rassicurazioni ma certo si dovevano fare le radiografie... La barella sparì con sua madre. Bisognava attendere. 
Bisognava avvertire suo padre che era a Roma, al lavoro, ma lei non aveva soldi, si era precipitata letteralmente fuori di casa per correre sul luogo dell'incidente così come stava...  Emanuele fu dolcissimo e si offrì di cercare un telefono a gettoni, pagò la telefonata, stette accanto a lei tutto il tempo. Una persona fu, in quel drammatico momento, calma, seria, protettiva, un sostegno...
Non era certo colpa sua se sua madre in un modo e suo padre in un altro fossero persone così chiacchierate in quel paese...

Facce toste

MAI COME ORA, NEL TEMPO DELLA MIA VITA INIZIATA NEL 1946, SONO STATA COSCIENTE E CONSEGUENTEMENTE INFASTIDITA DALLA PROPAGANDA, DAL TENTATIVO SUBDOLO E COSTANTE DI POTENTATI VARI DI MANIPOLARE LE COSCIENZE.

Vediamone un aspetto: LA GIUSTIZIA.
Nessuno in Italia credo ne sia contento: a parte chi vive non rispettando le regole e, dunque, ha messo in conto di doverci incappare prima o poi e, qualche volta, dover pagare un poco il suo malagire.
Ma scendiamo sempre più in basso e qualcuno spinge sempre più perché questo avvenga, per fiaccare gli onesti, per piegare l'etica comune di uno Stato, il quale, senza etica, senza un riferimento etico, sbanda e si spreme e assoggetta meglio.

Gli Italiani scoprono due cose: che esiste un Festival, non della canzonetta folcloristica, ma nientepopodimenoche della GIUSTIZIA PENALE!

PRIMA EDIZIONE

FESTIVAL GIUSTIZIA PENALE


13 – 14 – 15 GIUGNO 2019
FORUM MONZANI
VIA ARISTOTELE N. 33 – MODENA

e che una tizia che è stata condannata poi assolta dopo vari processi per concorso in un omicidio, condannata in via definitiva a 3 anni di carcere per calunnia, è tornata in Italia come ospite di questo singolare Festival!!!
Ma chi paga codesto Festival? Giovanni Falcone ha insegnato che per capire la verità dei fatti bisogna seguire i soldi: cerchiamo chi ha sponsorizzato questa novità (PRIMA EDIZIONE!!!) e sapremo di cosa si sta parlando.
Continuiamo a leggere: è tutto rigorosamente in INGLESE!

OUR MISSION

The Italy Innocence Project is a no profit organization and a clinical program, hosted by the University of Rome III, Law Department, and directed by Luca Lupària, Full Professor of Criminal Procedure at the Roman Athenaeum.

The Project is part of the Innocence Network since January 2014.

Its mission is to focus on the issues related to wrongful convictions and miscarriages of justice in Italy and, more in general, in Europe through research studies, dissemination activities and communications.

Through education, research and reform proposals, we aim to prevent such injustices in the future. We gained our experience through precious international contacts, especially with eminent American institutes which have been dealing for decades with these issues.
We also offer pro bono legal consulting and scientific resources to the Italian lawyers who assist wrongful convicted inmates in our jails, in order to obtain verdicts’ review, according to articles 629-639 of the Italian Criminal Procedure Code. 

Cominciamo ad orizzontarci... Non credo che chi mi legge abbia bisogno della traduzione dall'inglese...
Certo che è inevitabile domandarsi come mai parliamo di Codice Penale in ITALIA e ne parliamo in Inglese? Quando i nostri codici, e non solo, sono pieni di riferimenti in Latino?
Qua la "Mission" è tutta inglese e si invita una CALUNNIATRICE statunitense, questo si può scrivere perché questa donna ha una condanna DEFINITIVA in Italia per aver tentato di tirare dentro l'assassinio di Meredith un ragazzo nero che le dava lavoro come cameriera nel suo locale.
Il giovane è potuto uscire di galera e tornare dai suoi bambini perché un cliente del suo locale ha testimoniato, con riscontri vari, che egli, nell'ora in cui la CALUNNIATRICE ha detto di averlo visto sul luogo del delitto, stava lavorando nel suo locale.

Dunque leggiamo che è una Camera penale che ha organizzato questo singolare Festival: CP Modena: Festival della Giustizia Penale - 13.15-06-2019
Ma cosa è una Camera Penale?
L’Unione delle camere penali italiane è un'organizzazione che rappresenta gli avvocati italiani che lavorano nel diritto penale. Una camera penale è un'associazione senza scopo di lucro i cui membri sono avvocati che prestano patrocinio nell'ambito dei procedimenti penali.
Insomma possiamo tranquillizzarci: lo Stato Italiano non c'entra, il Ministero della Giustizia non c'entra...
Trattasi degli avvocati che vivono delle parcelle di chi è accusato di delitti!
Tiriamo un sospiro di sollievo!
Il nostro pensiero va alle vittime dei delitti e, in questo caso, visto chi hanno invitato, alla povera giovane inglese uccisa nel nostro Paese: Meredith Kercher.
Il suo assassino è in galera con una pena lieve: 16 anni! E solo perché all'interno della vagina della vittima è stato trovato il suo sperma. Ringraziamo Watson & Crick!

Amanda Knox  Assolta definitivamente nel 2015, attualmente è giornalista freelance per un giornale di Seattle, oltre ad avere scritto un libro autobiografico e a collaborare con il National Innocence Project, una organizzazione non governativa statunitense che si occupa di errori giudiziari.



sabato 8 giugno 2019

Diaphorà onlus

Ho conosciuto Diaphorà tramite Silvia e ho conosciuto Silvia perché su facebook è apparso un suo post in un Gruppo il cui argomento è Sabaudia, cittadina sul mare del litorale tirrenico in provincia di Latina dove io ho ben due case!!
Silvia voleva pulire la spiaggia dai rifiuti, non quelli che portano le mareggiate, ma quelli che gente della specie umana vi lascia perché non ha in sé il senso della bellezza.
Silvia ha in sé il senso della bellezza e non è la prima volta che va in gruppo con altri a pulire la spiaggia.
L'ho fatto anch'io in passato con il gruppo di Legambiente ma oggi, a 73 anni, non ce la faccio più a stare qualche ora piegata a raccogliere oggetti di ogni tipo, soprattutto di plastica, di cui ricordo con raccapriccio l'oggetto più frequente della mia esperienza: le corte cannucce dei succhini!!! Erano migliaia, quasi coperti dalla sabbia, innumerevoli quasi come i granelli di sabbia stessa!!
Mi sono offerta di aiutare questi meravigliosi giovani che amano la bellezza per quel che posso: scrivere due righe da portare in Comune per comunicare l'iniziativa della pulizia, assolutamente volontaria, in modo che poi quel giorno passino gli operatori ecologici della Ditta del ritiro rifiuti a ritirare i sacchi che il gruppo lascerà in un preciso punto della Strada Lungomare.
Dovevamo prenderci un caffè insieme a casa mia ma la giovane Silvia ha rilanciato per Fogliano: "Vieni a Fogliano e prenderemo un caffè insieme a Diaphorà."
Fogliano è la parte lacustre più a nord di tutta la zona umida che si diparte dal Promontorio del Circeo, ed è forse la più suggestiva.

Borgo di Fogliano LT: sulla destra dell'immagine si vede il fitto giardino botanico, in cui sono presenti anche piante esotiche, creato dai Caetani.


In questa immagine a sinistra in alto, un poco isolata, la Casina Inglese.
La strada visibile che porta alla Casina Inglese si raccorda con un viale alberatissimo le cui fitte chiome nascondono il viale che si intuisce, avendo a sinistra dell'immagine il terreno sgombro della Casina e a destra altra fitta vegetazione.
Su quel viale, poco dopo aver girato verso il Borgo di Fogliano dalla Strada Litoranea, c'è la Sede di Diaphorà di Fogliano


L'ingresso accogliente


Colazione del sabato mattina in assoluto relax, serviti al tavolo dai ragazzi della onlus di un delizioso cappuccino o spremuta d'arancia o caffè, dolci della casa deliziosi.




Silvia ed io con una piantina di basilico, confezionatami da una ragazza della onlus, frutto del lavoro dell'orto.


L'orto in cui lavorano i ragazzi aiutati da adulti esperti di coltivazione di ortaggi: producono patate, basilico (che io ho comperato), cipolle e tanto altro..

Sul retro dello spazio Bar-Ristorazione un piccolo spazio per i bambini con un abozzo di "casa sull'albero".

Sul retro fontanella e bella pianta di papiro

Spazio conviviale dove si tengono anche spettacoli teatrali con protagonisti i ragazzi



Atmosfera rilassante.. L'aria profuma.. A sinistra il banchetto per la vendita delle derrate con il mio basilico già pronto...

Un ultimo sguardo dalla strada... Ciao Diaphorà.. alla prossima!



Per chi fosse interessato a conoscere orari ed iniziative tutte le informazioni sono sul sito Diaphorà Onlus sul web o su facebook


mercoledì 5 giugno 2019

Magistratura Italiana in crisi Giustizia malata

Al momento la responsabilità civile dei magistrati è disciplinata dalla Legge 13 aprile 1988, n. 117, adottata dal Parlamento a seguito dell’esito del referendum, tenutosi in data 8 novembre 1987, che con larga maggioranza (oltre l’80 per cento di SI), aveva abrogato gli articoli 55, 56 e 74 del Codice di Procedura Civile per i quali i giudici potevano rispondere solamente in caso di dolo, frode, concussione e diniego di giustizia mentre erano irresponsabili non solo per colpa, ma addirittura anche per colpa grave.

La nuova disciplina prevede (articolo 2, comma 1) che “chi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali ed anche di quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale”.


E' evidente che con il Referendum del 1987 abbiamo abrogato solo gli articoli del Codice di Procedura Civile che delineavano la responsabilità dei Giudici per sostituirli con altri LEGGERMENTE più punitivi, rimanendo comunque il DOLO e addossando la colpa grave prima non contemplata.
Ma se si va a vedere, la Legge 117/1988 mette in capo allo Stato l'eventuale risarcimento al danneggiato per l'operato del giudice, dunque tradotto: PAGHIAMO TUTTI NOI CONTRIBUENTI CON LE NOSTRE TASCHE L'ERRORE DEL GIUDICE.
In caso di accoglimento dell’istanza di risarcimento promossa dal danneggiato nei confronti dello Stato quest’ultimo, entro un anno dalla conclusione del relativo procedimento, avvenuto sulla base di titolo giudiziario o di titolo stragiudiziale, esercita una limitata azione di rivalsa nei confronti del magistrato nei cui confronti sia stata accertata la relativa responsabilità (articolo 7).
Credo non ci sia bisogno di aggiungere altro.
Il magistrato, a cui difficilmente si può addebitare un suo errore a livello giuridico, in rari casi ciò avvenisse, sarà ancora più raro che paghi allo Stato il suo errore.
Il Referendum dunque è servito a poco o a niente.
La Magistratura rimane una casta intoccabile che svolge il suo lavoro in modo insoddisfacente e non da affatto garanzie di quella rigida etica che ci si aspetterebbe da chi ha in mano la vita delle persone.
Da: IL POST


Lo scandalo nella magistratura italiana, spiegato

L'inchiesta per corruzione su un magistrato romano ha esposto le pratiche relazionali e spartitorie con cui vengono decise e influenzate nomine e promozioni




 (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
«O sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbatutto su di noi o saremo perduti». Con queste parole David Ermini si è rivolto ieri all’assemblea plenaria del Consiglio superiore della magistratura (CSM), l’organo di autogoverno dei giudici di cui è vicepresidente – il presidente è il capo dello Stato – nonché quello incaricato di distribuire promozioni e punizioni e di assegnare le migliaia di magistrati italiani nelle varie sedi distribuite per il paese.
Il discredito a cui si riferisce Ermini, ex deputato del PD e uno degli otto membri del CSM scelti dal Parlamento, è quello scaturito dall’indagine per corruzione che ha coinvolto uno dei più celebri e potenti magistrati italiani, Luca Palamara, ex membro del CSM ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati (una specie di sindacato della categoria). Secondo le accuse, Palamara avrebbe ottenuto soldi e regali da alcuni lobbisti vicini a importanti imprenditori per influenzare alcune sentenze. Palamara sarebbe poi venuto a conoscenza dell’indagine su di lui grazie alle sue amicizie tra i colleghi. A quel punto avrebbe cercato di influenzare la nomina del prossimo procuratore di Perugia, in modo da avere un alleato a capo dei magistrati che stavano indagando su di lui (la procura di Perugia è infatti competente per le indagini sui magistrati di Roma, come Palamara).
Nel corso dell’indagine sono emersi altri dettagli che, anche se direttamente hanno poco a che fare con il caso, hanno rivelato come numerosi componenti del CSM si siano incontrati con politici di vari schieramenti per concordare nomine e promozioni di giudici in questa o quella sede giudiziaria. Lo stesso Palamara trattava con alcuni colleghi per essere promosso a procuratore aggiunto di Roma e sistemare al vertice della procura un suo alleato, in sostituzione di quello che considerava un suo nemico, il procuratore Giuseppe Pignatone, andato in pensione lo scorso maggio.
Secondo quanto emerso dall’indagine, diversi magistrati hanno partecipato a riunioni con Palamara o con altri politici (si parla soprattutto di due esponenti del PD di area renziana: l’ex ministro Luca Lotti e l’ex sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri), sembra con lo scopo di accordarsi su nomine e promozioni. Lo molte notizie e indiscrezioni degli ultimi giorni hanno portato alle dimissioni o all’autosospensione di cinque dei sedici membri togati del CSM (cioè quelli provenienti dalla magistratura). Alcuni di loro sono indagati per aver favorito Palamara rivelandogli delle indagini in corso nei suoi confronti, ma la maggior parte per il momento non sembra abbia commesso reati ma che si sia invece limitata a comportamenti compromettenti e imbarazzanti per la categoria.
Oggi tutti i principali quotidiani hanno intervistato importanti magistrati che hanno espresso sdegno e preoccupazione per quanto è accaduto. «In gioco c’è la credibilità istituzionale della nostra funzione», ha detto per esempio il vicepresidente dell’ANM Luca Poniz al Corriere della Sera. Giuseppe Cascini, membro del CSM, ha detto a Repubblicache l’attuale scandalo gli ricorda l’inizio degli anni Ottanta, quando si scoprì che moltissimi magistrati erano affiliati alla loggia massonica eversiva “P2”. Marzio Breda, veterano dei giornalisti che seguono il presidente della Repubblica, scrive che Sergio Mattarella è «scandalizzato» e «profondamente contrariato», e che per questo ha ordinato che si proceda rapidamente alle elezioni suppletive per sostituire quei consiglieri del CSM che si sono autosospesi o dimessi.
Altri giornali sottolineano come l’inchiesta di questi giorni stia portando alla luce fatti e comportamenti che sono da tempo ben noti agli addetti ai lavori. Da sempre, sostengono giornalisti come Filippo Facci su Libero, i magistrati si autogovernano in maniera del tutto indipendente, stabilendo promozioni e nomine sulla base di logiche politiche interne alla loro categoria. La magistratura è infatti del tutto autonoma dagli altri poteri dello Stato ed è divisa in “correnti” (come “Unità per la Costituzione” e “Magistratura Democratica”) che funzionano in modo non molto diverso dai partiti politici: alcune sono più centriste, altre più vicine alla sinistra oppure alla destra.
Queste fazioni si contendono la guida del “sindacato” ANM e poi, all’interno del CSM, decidono procedimenti disciplinari e promozioni alleandosi e scontrandosi tra loro e con i componenti “politici” del Consiglio (come il vicepresidente Ermini). Secondo Facci, quella rivelata dall’inchiesta «è solo una guerra di nomine interne alla magistratura che verranno comunque decise dalla magistratura, la quale renderà conto soltanto a se stessa».
Il sistema giudiziario italiano è da tempo considerato il meno efficiente tra tutti quelli dei grandi paesi europei. I processi, in particolare quelli civili, sono lentissimi, anche perché i tribunali non hanno abbastanza personale e sono cronicamente a corto di risorse. Tutti i tentativi di riformare il sistema fino a questo momento sono rimasti bloccati, in particolare per il frequente sospetto che siano spesso riforme “interessate” con le quali una parte del ceto politico mirerebbe a tutelarsi da eventuali procedimenti giudiziari. Il risultato di questo stallo è che la fiducia degli italiani nella magistratura, anche se è ancora alta rispetto a quella nei confronti della politica, è in costante calo da quasi vent’anni.
No! Di più! Dal 1987 ad oggi sono 32 anni!!!