sabato 11 agosto 2012

Voglio tutto e voglio fare come mi pare: però paghi tu!


Dal sito dell'Associazione 21 luglio

10 agosto 2012 - La Barbuta, ordinato lo "stop" agli ingressi delle famiglie rom. L'azione legale di Associazione 21 luglio e ASGI convince i giudici: il "campo nomadi" La Barbuta, il "campo modello" della giunta Alemanno, ha un carattere discriminatorio

Il Tribunale di Roma ha vagliato nei giorni scorsi l'azione civile contro la discriminazione presentata dall'Associazione 21 luglio e dall'ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione) in riferimento al nuovo «villaggio attrezzato» di Roma in località La Barbuta realizzato e organizzato all'interno delle azioni del Piano Nomadi di Roma. Le due organizzazioni, con ricorso presentato in data 20 marzo 2012, hanno chiesto che venisse accertato e dichiarato «il carattere discriminatorio … del comportamento del Comune di Roma che si è concretizzato nella prosecuzione dei lavori di ultimazione e assegnazione del villaggio attrezzato La Barbuta» e conseguentemente ordinato al Comune di Roma la cessazione del «comportamento discriminatorio» e la rimozione degli effetti da esso derivanti.
A seguito dell’ultimazione dei lavori del «villaggio attrezzato» La Barbuta e dell’avvio delle procedure d’assegnazione e d’ingresso al suo interno realizzate dal Comune di Roma a partire dal 18 giugno 2012 l’Associazione 21 luglio e l'ASGI hanno presentato un’ istanza cautelare chiedendo la sospensione di tali misure.
Così, il Tribunale di Roma, con Ordinanza depositata in data 8 agosto 2012, pronunciandosi sull’istanza cautelare, ha ritenuto che le circostanze esposte dalle due organizzazioni «concorrano nel rendere verosimile il carattere discriminatorio delle attività di assegnazione degli alloggi presso il campo denominato Nuova Barbuta» in quanto la realizzazione del nuovo "campo nomadi" esclude di fatto le comunità rom e sinte della capitale «dalla possibilità di accesso a soluzioni abitative propriamente intese con l'effetto di determinarne, ovvero incentivarne, l'isolamento e la separazione dal restante contesto urbano e di comprometterne la pari dignità sociale». All'interno delle azioni del Piano Nomadi di Roma la soluzione di un "campo nomadi" viene prospettata a un solo gruppo etnico che vive un particolare disagio abitativo «e non risulta parimenti predisposta o offerta ad individui presenti sul territorio del Comune di Roma non appartenenti a tali comunità».
Inoltre, anche il «codice comportamentale» imposto agli abitanti del nuovo «villaggio attrezzato» La Barbuta, secondo il Tribunale, «appare lesivo del diritto della libertà personale, alla vita privata e familiare e alla libertà di riunione».
Il Tribunale di Roma ha pertanto accolto la richiesta presentata dall'ASGI e dall'Associazione 21 luglio ordinando «la sospensione delle procedure di assegnazione degli alloggi all'interno del villaggio attrezzato Nuova Barbuta fino alla definizione del procedimento sommario di cognizione».
«E' una notizia storica, perchè per la prima volta in Italia viene riconosciuto il carattere discriminatorio di un mega campo monoetnico - ha commentato Carlo Stasolla, il presidente dell'Associazione 21 luglio - E' la vittoria di una battaglia che la nostra Associazione sta conducendo e continuerà a svolgere per il superamento definitivo dei "campi nomadi", luoghi di discriminazione e di segregazione istituzionale, spazi dove i diritti sono sospesi e la dignità delle persone calpestata».

Da: Il Messaggero

Roma, nel primo villaggio rom
tra comfort e case-alveari

A La Barbuta 187 container con tv, cucina e pannelli solari



ROMA - Muoversi sotto il sole a picco, senza un lembo d’ombra o un filo d’erba, in mezzo a centottantasette container in laminato bianco, spostandosi tra le evocazioni sinistre di Nahazif, anziano diun’antica dinastia di nomadi bosniaci, e quelle rassicuranti dei «gagè» Giorgio Piero e Alberto, operatori nel campo attrezzato La Barbuta, è come galleggiare nello spazio. 


Lo spazio ideologico è quello sterminato che separa l’idea di «un campo di concentramento», («né casa, né baracca: galera», tuona Nahazit Halilovich), da quella di «un villaggio turistico attrezzato», («in fondo, a ben guardare, l’idea è quella», afferma Piero Monti, tra gli ideatori del campo La Barbuta di Ciampino). Lo spazio materiale, anch’esso immenso, è quello che concentra all’interno di un’area recintata e videosorvegliata 40 micro container da 24 metri quadri l’uno (per 4 persone), e 137 da 32 metri quadri l’uno (per 8 persone), addossati e allineati in replica perfetta di se stessi, a 30 metri da una pista di atterraggio di Ciampino. 


Ai sinti italiani e ai bosniaci, che già popolavano la zona, si aggiungeranno altre etnie, compresa quella serba. «Gente che sta dall’altra parte», tuona Saltana, 16 figli, leader di una comunità familiare di 250 persone, nonché dell’intero villaggio. «I serbi sappiano- ammonisce- che il capo sono io». «Quelli so’ gentaccia, nun se devono nemmeno avvicinà», ringhia Barbara, fanciulla bosniaco-romanesca. Avvisaglie di turbolenza al villaggio La Barbuta, clone attrezzato dell’insediamento abusivo di baracche tende e roulottes sull’Appia Antica, nell’area degradata dove, sedici mesi fa, morirono in un rogo quattro fratellini rom. Iniziativa combattuta con ardore dal sindaco di Ciampino, che l’ha denunciata al Tar come abusiva, e da tre associazione umanitarie, che l’ hanno segnalata come «inaccettabile segregazione razziale». 


E’ qui che vivranno, volenti o nolenti, 650 nomadi, parte dei quali già in fila all’ingresso per l’assegnazione dell’alloggio, o già alloggiati. Per comprendere il valore di quest’operazione, voluta dal sindaco Alemanno e dal prefetto Pecoraro, bisogna cercare una misura intermedia tra lo sguardo di Nahazif, nolente, il quale parla di deportazione, quello della sua diciannovenne nipote Esmeralda, bella e argentina come l’omonima zingara di Hugo, la quale prevede «una vita videosorvegliata da Grande Fratello», e quella di Piero Monti, del suo collega Alberto Rosi, Ufficio Risorse per Roma, di Giorgio Prosposito, mediatore culturale, i quali la vedono in ben altro modo. 



Guide orgogliose del primo campo nomadi attrezzato della capitale. «Ecco qui, container ludico, container sociale, container sanitario. In ogni casa pannelli solari, boiler, gas, luce, tv, cucina, bagni veri, tutto a norma. Naturalmente, dovranno imparare a pagare le bollette». Per ora si levano fuori dai cancelli le grida Mirella De Loriè, la quale ci trascina davanti a una montagna di rifiuti («non vengono a prenderli da 20 giorni, puzza, malati che rischiano infezioni, bambini che non mangiano), dell’anziana Hassiba, che ci mostra piangendo la grande baracca di legno che sta per lasciare («è casa mia, l’ho pagata 15.000 euro, contiene la mia vita, le mie cose, ora dove le metto?»), e quelle di Scefko, che ci fa sventolare sotto il naso un decreto di espulsione per lui e i suoi 5 figli: «Dicono che non abbiamo le carte in regola, anche se io sto qui da 30 anni, ed i ragazzi sono italiani, nati qui». 



Monitoraggio burocratico: effetto secondario del trasloco. «Scefko farà ricorso e avrà il suo alloggio come gli altri», assicura Giorgio. Gli altri come Slagiana, che misura il numero incongruo dei suoi passi e il minuscolo campo visivo del suoi sguardi nel microscopico living della nuova casa. E’ spaesata. «Il divano lo abbiamo messo fuori, non c’è spazio. E’ bello, qui, ma ci si sente soffocare, ci mancano gli alberi, lo spazio, casa nostra». Casa o baracca? Concetti che si capovolgono in virtù di chi li usa. «Aria condizionata», per esempio, è una parola nuova, prelevata dal gergo dei gagé. A Nicco non dispiace, in una giornata così torrida. «Ma come la pago la bolletta?».
Venerdì 22 Giugno 2012 - 08:53
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Al solito: chi la vuole cotta, chi la vuole cruda e chi la vuole così così...
Al solito  manca la capacità, anche al magistrato, di prendere atto della realtà visibile ogni giorno a tutti.
I nomadi sono nomadi, vogliono vivere così perché, come diceva un mio amico americano di mentalità liberal, "è la loro cultura".
Bene. Allora girassero con le loro tende e le loro roulotte il mondo. Perché diventare stanziali e pretendere una casa in un Paese che, se sono serbi o altro, non è il loro?
Mi sembra una pretesa non giusta chiedere, pretendere, volere senza altrettanti doveri, obblighi e, soprattutto, pagamenti.
Non datemi della fascista perché non lo sono. Ragiono, semplicemente in termini di giustizia e di VERA uguaglianza.
Mio padre è venuto a Roma dal natio paesello, localizzato sempre nel Lazio, a 16 anni: non ha preteso nulla e, privo di tutto, si è pagato, lavorando, tutto. Nei 55 anni che ha vissuto ha risparmiato per non pagare sempre l'affitto e ha comperato la sua casa, ha pagato le tasse e nessuno in assoluto gli ha mai regalato nulla.
Perché gente come mio padre e la sua discendenza  dovrebbe pagare (ed ha pagato a quanto pare!) la casa ai nomadi, con l'aria condizionata che mia figlia e mio figlio, che vivono anche loro nel caldo di Roma, non hanno?
Dopo che avremo stabilito in base a quale DIRITTO, disceso da quale DOVERE, chi si è pagato tutto con il lavoro debba pagare ai nomadi la loro scelta stanziale, allora potremo iniziare ad esaminare quello che, in questi milioni di euro dei contribuenti così spesi, NON VA BENE!
Ora, tenendo presente la DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO (1948), in cui quasi tutti gli articoli iniziano con: "Ogni individuo ha diritto..." l'articolo 29 però inizia così: " Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità..."
Ecco! Volevo ben dire che si parli solo di diritti!
Domando al magistrato e a coloro che parlano di discriminazione: quali sono i doveri di questi nomadi verso la società in cui vivono e che paga questi luoghi discriminatori con "tv, cucina e pannelli solari ed aria condizionata"?
E andiamo alla nostra Costituzione:
articolo 2 - La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'Uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

I Diritti non possono essere disgiunti dai Doveri. Se non è così si crea una comunità che soltanto pretende e protesta, senza avere il senso del DOVERE; si crea una società NON democratica, sperequata, con cittadini chiamati CONTINUAMENTE  al DOVERE di: pagare le tasse, rispettare le Leggi, e obblighi verso comunità che PRETENDONO sempre, senza porsi alcun altro problema, perché i provvedimenti delle Istituzioni che gestiscono la Cosa Pubblica sono solo di spesa per queste comunità, che vogliono vivere a modo loro ma rifiutano ogni ordine all'interno della Società di cui vogliono, comunque, usufruire: scuole per i loro figli, cure mediche, raccolta dei loro rifiuti...  
Se il cittadino italiano sporca, va multato, le leggi ci sono per questo, e anche il nomade. Il cittadino italiano deve cercarsi un lavoro, anche umile se non trova altro, per la sua sopravvivenza, lo deve fare anche il nomade... Non tutti rubano o chiedono l'elemosina e la fanno chiedere ai loro bambini, ma molti lo fanno. Vanno puniti e vanno applicate le leggi che tutelano i minori. Se il cittadino italiano manda in mezzo alla strada il suo bambino a mendicare gli viene tolta la patria potestà. Debbono toglierla anche ai nomadi.
Insomma, qui è il cittadino italiano, caro il mio magistrato di turno, che si sente discriminato.