mercoledì 29 giugno 2011

Dalle parole del Maresciallo Amicosanti

"La natura umana è insondabile, anche dagli psichiatri nonostante i loro sforzi. E' una natura egoista e alla fine anche il peggiore peccatore di fronte al mondo vuole dare di sé l'immagine migliore, costi quel che costi." Questo dice il Maresciallo dei Carabinieri ad uno dei personaggi del mio libro giallo "L'Uomo cane".
Il Maresciallo Amicosanti è il protagonista del mio libro e, come è per tutti gli scrittori, riassume nelle sue parole il pensiero e l'esperienza di chi scrive.
Posso fare un escursus fra i miei ricordi sul tema: il caso del cosiddetto "Mostro di Foligno", il quale era sotto controllo di una psicologa che doveva aiutarlo a superare i traumi di un'infanzia vissuta in un brefotrofio dove, scrissero i giornalisti che seguirono il caso, subì violenze e molestie sessuali. Questa professionista non fu neppure sfiorata dal dubbio che fosse lui l'uccisore del piccolo Simone di 4 anni e passò del tempo prima che Chiatti uccidesse anche Lorenzo Paolucci, durante il quale continuò le sedute presso l'ignara psicologa. Quindi "La natura umana è insondabile, anche dagli psichiatri nonostante i loro sforzi." 
Raramente gli assassini ammettono di esserlo e quando lo fanno è perché sono costretti da tutte le evidenze ma, a volte, negano anche di fronte a quelle; mentono per amoralità costituzionale, la stessa che ha fatto loro compiere l'atto di sopprimere un'altra vita, ma anche perché l'ammettere di essere quello che sono di fronte al mondo gli è insopportabile. "E' una natura egoista e alla fine anche il peggiore peccatore di fronte al mondo vuole dare di sé l'immagine migliore, costi quel che costi."
Altrimenti come spiegare quello che dice colui che un pessimo giornalismo chiama "lo zio Michele" ? Può dire ciò che vuole nel chiamare in causa la figlia Sabrina per poi pentirsi e riaccusarsi, può dire ogni bugia, ma lui ha indicato dove era Sara, ormai cadavere putrefatto dal caldo e dall'acqua, dopo essere uscita di casa bella e viva per andare nella casa dei suoi orribili parenti. L'insistenza maniacale di un giornalismo indecente dà a questi mostri la possibilità di parlare in una "normalità apparente" che nulla ha di normale.
Il mostro che ha ucciso Yara, (la vita umana per una pulsione sessuale anormale), è di un tipo sempre esistito e si nasconderà fra gli uomini, di cui ha le sembianze, finché non lo staneranno. I mostri sono mimetici, fingono, mentono, non sempre hanno orrore di sé fino a suicidarsi purtroppo, si sopportano bene, basta che non li scoprano gli altri: il mondo non deve sapere chi sono, almeno non deve saperlo con certezza, e allora, messi con le spalle al muro, mentono fino alla fine. L'infelice madre del piccolo Samuele Lorenzi, massacrato in una bella villa a Cogne, non ammetterà mai quello che ha fatto, nemmeno di fronte alle prove dei fatti e scientifiche. Dopo un figlicidio così efferato, effetto di una pulsione incontrollata e nevrotica, avrebbe dovuto uccidersi sopraffatta dal rimorso, evidentemente l'istinto di conservazione glielo ha impedito, dunque ha iniziato la sua squallida e tragica commedia che condurrà fino alla fine dei suoi giorni. Ricorda un po' quello che sta facendo il pessimo marito della povera Carmela Rea, con quel: "Me l'hanno presa!" Ricorda una frase simile detta dalla brutta cugina di Sara Scazzi nell'immediata scomparsa della bella adolescente: "......l'hanno presa!"
Gli psichiatri si barcamenano per capire, per sondare e, se non li aiuta un buon intuito servito da un'ottima intelligenza, possono anche dire delle sonore e risibili sciocchezze a cui a volte la gente, travolta da un fiume di parole televisive, nemmeno fa caso: uno di questi casi, che nessuno ha commentato, ha avuto per protagonista lo psichiatra Andreoli. Lo intervistavano sul tragico caso dei fratellini di Gravina di Puglia, precipitati per inaccorti giochi in un pozzo di una casa in rovina. I loro corpi furono ritrovati solo perché, nel medesimo pozzo, dopo più di un anno, era precipitato un altro bambino, il quale fu più fortunato nel restare vivo e, soprattutto, perché ebbe compagni di giochi che chiamarono subito aiuto. Andreoli, commentando la tragica fine dei due sfortunati fratellini, disse alle telecamere: "Quei bambini erano "vuoti a perdere", perché nessuno li voleva e, come "vuoti a perdere", sono finiti là dentro..." Faceva riferimento al fatto che i due bimbi erano figli di una coppia separata che si faceva la guerra, ma alla sua dotta analisi era sfuggito il fatto che allo stesso modo ci era finito un bambino ("vuoto a perdere" anche lui?) di una coppia unita, che era solo stato più fortunato.