giovedì 28 maggio 2015

Dalla parte di Abele

Si e' uccisa Paula Cooper, simbolo della lotta contro pena di morte

Si e  uccisa Paula Cooper  simbolo della lotta contro pena di morte
22:06 27 MAG 2015

(AGI) - Roma, 27 mag. - Un colpo di pistola alla testa. Paula Cooper, la giovane nera divenuta simbolo della battaglia contro la pena di morte negli Usa, si e' uccisa martedi' mattina a Indianapolis. La donna - che nel 1986, a soli 16 anni, fu condannata alla sedia elettrica, suscitando una grande mobilitazione anche in Italia - e' stata trovata senza vita fuori da un residence nella parte nordovest della citta'. La polizia ha parlato di suicidio, anche se la conferma dovrebbe arrivare dall'autopsia che si svolgera' oggi.
  "E' una fine inconsueta per una caso tragico", ha ammesso il procuratore di Indianapolis, Jack Crawford. "Ho seguito molti casi nella mia vita, ma nessuno e' come questo", ha aggiunto, secondo quanto riporta Indystar.
  Paula aveva 15 anni quando, assieme ad altre tre ragazze, busso' alla porta della 78enne Ruth Pelke, insegnante di catechismo. Poco dopo, il marito trovo' il cadavere della vecchietta dilaniato da 33 coltellate; rubata la sua auto, assieme a 10 dollari mancanti nel borsellino.
  La giovane Cooper confesso' candidamente di aver organizzato il feroce assassinio per avere i soldi per fare shopping. Il giudice non ebbe dubbi: la ragazzina meritava la sedia elettrica. Paula fu trasferita nel braccio della morte ma il suo era gia' diventato un caso internazionale. La campagna di solidarieta' raggiunse l'Italia, dove i radicali aprirono le mobilitazioni, promuovendo il coordinamento 'Non uccidere' e raccogliendo milioni di firme. Persino Giovanni Paolo II si mobilito' per chiedere la grazia al governatore dell'Indiana.
  Alla fine la pena della Cooper fu commutata in 60 anni di carcere mentre lo Stato dell'Indiana - dopo lunghe polemiche - fece salire da 10 a 16 anni l'eta' minima per la condanna capitale.
  Paura era uscita dal carcere di Rockville nel 2013 per buona condotta, dopo aver scontato 27 anni. In prigione si era 'redenta', aveva preso il diploma di infermiera e imparato a cucinare ma, soprattutto, aveva conosciuto a fondo il nipote della sua vittima, Bill Pelke, che era andato a trovarla ben 14 volte e si era battuto in prima persona per la sua salvezza.
  Alla notizia della sua morte, Pelke si e' dichiarato "devastato". "Volevamo fare delle cose insieme sulla giustizia e sulla pena di morte", ha spiegato. In uno degli ultimi messaggi, la Cooper gli aveva comunicato che stava per essere scarcerata ma era impaurita: in fondo, aveva passato quasi tutta l'esistenza in prigione. Temeva di non essere pronta per la vita - e i problemi - di tutti i giorni.
  "Era una brava persona", ha ricordato Kevin Relphorde, suo difensore. "Non e' stata capita. Era stata abusata dal padre e credo che questo l'abbia spinta a fare cio' che ha fatto con Mrs Pelke".

Da:  the Chronicle free information from Italy (27 maggio 2015)
PAROLISI USCIRÀ PRIMA DI FABRIZIO CORONA?

Melania ha avuto giustizia ma purtroppo nessuno ce la ridarà»: il fratello di Melania Rea, Michele, ha commentato con la solita eleganza il verdetto. Compreso quella riduzione di pena per “mancanza di crudeltà”: quelle 36 coltellate inflitte da Salvatore Parolisi alla moglie Melania Rea non furono crudeli. Assurdo. Ecco perché è molto, molto elegante il commento di Michele Rea. Che tra sei o sette anni potrebbe ritrovarsi l’assassino della sorella sulla porta di casa a reclamare la figlia Vittoria. Ecco perché.
Da trenta a venti anni, la pena è stata ridotta così dai giudici della Corte d’Assise di Perugia, che hanno dovuto ricalcolare gli anni da scontare per l’assassino di  Melania, avvenuto a Civitella del Tronto (Teramo) il 18 aprile 2011, sulla base di una sentenza della Cassazione. Secondo i supremi giudici, l’uccisione di Melania avvenne “in termini di occasionalitàdovuta ad una esplosione di ira ricollegabile ad un litigio tra i due coniugi, le cui ragioni fondanti si apprezzano nella conclamata infedeltà coniugale del Parolisi”. Le 36 coltellate inflitte dall’ex ufficiale alla consorte – avevano detto i giudici – indicano che si è trattato di un “dolo d’impeto” finalizzato ad uccidere, ma “la mera reiterazione dei colpi (pur consistente) non può essere ritenuta” come aggravante di crudeltà con conseguente aumento di pena.

Un «doppio sconto» di pena era stato invece chiesto dai difensori di Parolisi: in particolare i legali, gli avvocati Nicodemo Gentile e Valter Biscotti, avevano sollecitato l’esclusione dell’aggravante della crudeltà e la concessione delle attenuanti generiche.
Ma quanti anni resterà in carcere il caporalmaggiore Parolisi? Non trenta, ma nemmeno venti. Considerato che fu arrestato nel 2012, potrà andare in semilibertà o con autorizzazione al lavoro esterno una volta scontata metà della pena, cioè 10 anni. I 10 anni decorrono dal momento della carcerazione, anche preventiva, e se tiene buona condotta in carcere, ha diritto a uno sconto di pena di 45 giorni ogni 6 mesi, quindi 3 mesi l’anno. Facendo un rapido calcolo, fra 6/7 anni Parolisi potrebbe essere fuori!
Solo per fare un esempio, Fabrizio Corona, condannato a 13 anni per delle foto con estorsione di soldi, recidivo e poco propenso alla buona condotta, potrebbe uscire dalla galera dopo Parolisi, che ha ucciso la moglie con 36 coltellate.
Ognuno ha la propria idea di Giustizia.
Io non ho fatto mistero della mia parlandone in numerosi post. Uno degli ultimi sull'argomento che riassume i miei concetti è: 

giovedì 8 gennaio 2015 Pena di morte

in cui porto anche degli esempi concreti.

Qui riporto due fatti, distanti nel tempo e nello spazio, di Giustizia comminata da due Paesi diversi e che, in entrambi i casi, non mi trova d'accordo.  
Intanto trovo che la scelta dello "Stato dell'Indiana che fece salire da 10 a 16 anni l'eta' minima per la condanna capitale" sia stata giusta e sacrosanta, trovando l'età minima precedente troppo infantile e quindi disumana. Comunque mi fu proposto qui in Italia di firmare la petizione in favore di Paula ed io rifiutai: era il 1985-86.
Alla persona che si era data tanto da fare per una spietata assassina che aveva affondato il coltello decine di volte nelle carni della sua anziana insegnante di religione, chiesi con meraviglia perché raccogliesse le firme per una così, dato che, all'apparenza, era una persona buona e molto disponibile con il prossimo, ella mi rispose: "La vittima era vecchia e Paula è giovane."
Ebbi così una seconda sorpresa rispetto all'idea che mi ero fatta di quella persona, restando delusa del suo modo di pensare. In seguito scoprii che nella sua vita privata viveva di menzogne e abituale finzione, pur di mantenere in piedi una relazione adulterina con un uomo che era stato il suo primo datore di lavoro e da cui aveva accettato di farsi aiutare nell'ottenimento di un posto sicuro nello Stato, arrivando a fingere di nulla davanti a piccole e perfide umiliazioni inflittele da chi era a conoscenza della sua tresca e, contemporaneamente, frequentava la moglie del suo anziano amante e protettore. 
Dunque come viviamo e chi siamo dimostra la nostra visione dell'etica.
Nel caso di Paula gli U.S.A. non hanno scherzato sulla condanna che, se non è stata di morte, è stata però durissima in numero di anni, cosa che in Italia non accade, avendo il sistema italiano più a cuore i carnefici che le vittime.
Ebbene io sto con Abele e non con Caino che spesso nemmeno ammette il suo delitto, anche davanti a prove certe e inconfutabili, dimostrando così che in lui non esiste alcun pentimento, ma solo la difesa egoistica e pervicace del proprio Io.  
Paula si è uccisa. Scrivono che tutto quello che ha fatto è dipeso da un padre (mostro) che l'ha abusata. Può darsi, ma non tutte le povere creature che vivono tali orrende esperienze uccidono. Basti pensare alle povere figlie di Pacciani, individuato come il "Mostro di Firenze", oppure alle dignitosissime e sfortunatissime figlie di Piccolomo (vedi il post di martedì 26 novembre 2013 La Donna, la violenza: lotta per la civiltà).
Dunque la responsabilità dell'essere assassini risiede in noi, in come siamo fatti e non credo che si possa cambiare radicalmente, solo se si è stati costretti ad uccidere per difesa o per reazione ad un oltraggio gravissimo da parte della vittima si può pensare ad un pentimento, perché in fondo forse si può pensare "non l'ho voluto io di diventare un assassino, sono state le circostanze", e ci si può pentire del gesto estremo.
Confesso, a costo di essere giudicata spietata, che non ho provato alcuna pietà per il suicidio di Paula Cooper e che mi è difficile pensare che fosse "una brava persona".

Per quel che attiene Parolisi confesso che provo una tale ripugnanza per questa persona infida, bugiarda, spietata con una moglie troppo ingenua, che la legge interpretata a suo favore dai giudici mi disgusta.
E a quanto pare non sono sola in questo giudizio.
Questo singolare individuo arriva a dire che è ancora troppo il tempo che dovrà stare in carcere, sembrandogli che "allora non erano sicuri che fosse stato lui e dovevano assolverlo", dimostrando così che, nonostante le spiegazioni dategli dai suoi avvocati sui cavilli  legali che hanno consentito un tale sconto di pena, non capisce niente o fa finta. Si chiedesse perché all'assassina del piccolo di soli tre anni a Cogne hanno dato solo 16 anni pur riconoscendola sicuramente colpevole. Anche lei non lo ha mai ammesso, arrivando a calunniare altri per stornare da sé la sua colpa.
Quello che turba è pensare al ritorno di questi mostri in mezzo a noi... Però, a pensarci bene, ne girano tanti che si sa che lo sono.. Ma i giudici non hanno saputo trovare prove sufficienti per incastrarli. E altri mostri girano in incognito in mezzo a noi perché per incapacità degli inquirenti o per loro maledetta fortuna non sono mai stati individuati.
Le vittime, morte così malamente, aspettano invano una Giustizia che non ci sarà mai.  

Regione Lazio: chiacchiere o fatti?

Agricoltura: Zingaretti, quella sociale sfida per cambiare Lazio

12:13 27 MAG 2015

(AGI) - Roma, 27 mag. - "Mentre le istituzioni erano distratte, nel Lazio dal 2011 ad oggi siamo passati da 36 a 130 realta', che quindi si sono quadruplicate e che nei territori hanno cercato, spesso da sole, una via possibile che favorisce sviluppo e garantisce solidarieta' e forza sociale e ha costruito legami ed economia. Ecco perche' vogliamo voltare pagina nel Lazio e perche' il Psr e' uno di quei pilastri che non vogliamo fare vivere nel cassetto, ed e' parte della strategia europea". Lo ha detto il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, partecipando all'incontro 'Multifunzionalita' e agricoltura sociale nella programmazione di sviluppo rurale', che si e' svolto alla Citta' dell'Altra Economia, a Roma. Hanno partecipato, tra gli altri, l'assessore regionale all'Agricoltura, Caccia e Pesca, Sonia Ricci e Rita Visini, assessore alle Politiche sociali e Sport.
  "E' molto importante - ha proseguito Zingaretti - che questo appuntamento, come quelli che si stanno tenendo nelle altre province in occasione del lancio del nuovo Psr, non venga vissuto come un fatto isolato, ma come parte fondante di una strategia che punta a costruire un nuovo modello di sviluppo del Lazio. Qui vogliamo collocare la sfida dell'agricoltura sociale ed e' importante farlo insieme" "Parte fondamentale di questa strategia di recupero di una visione della nostra regione, vede nel paesaggio e nella bellezza uno dei pilastri del sistema produttivo - ha concluso - e passa anche per la costruzione di un'economia del territorio, che il paesaggio lo tutela, lo coltiva e lo rende attore della questione sociale.
  Noi ci scommettiamo molto".(AGI) Rmt/Bru

Notizia interessante, che si lega al mio post precedente.
Bene! Ma che non restino solo "chiacchiere e convegni bla-bla-bla", perché gli Agricoltori buttano il sangue ogni giorno.
La Regione Lazio è sempre senza soldi quando si tratta dell'Agro Pontino: non riesce neppure a curare la fasce frangivento di sua specifica proprietà!
Guai a provare a metterci mano da parte dei privati! Si rischiano multe salatissime!
Non si devono permettere! Debbono lasciare che l'erba diventi alta oltre un metro (rischio incendi nella stagione secca, rischio incidenti stradali per copertura della visibilità); debbono accettare che grossi rami cadano dentro le proprietà private e su strada con altissimo rischio di morte per chi avesse la ventura di essere schiacciato!
Vigili del Fuoco di Latina debbono intervenire e stendono verbali ma la Regione non si muove, eppure esistono testimonianze anche fotografiche di enormi rami che hanno distrutto anche muri di recinzioni private... Aspettano il morto perché il Servizio del Verde di cui, pare, sia responsabile un certo Ing. Primavera, non ha soldi.

Come possono le chiacchiere diventare fatti?