domenica 7 ottobre 2012

Ezio Mauro e Adriano Sofri

E' evidente che Adriano Sofri è molto amico del Direttore di "La Repubblica" per i frequenti articoli che questo quotidiano gli pubblica.
In quello di lunedì 24 settembre 2012 c'è un articolo lunghissimo di Sofri, annunciato già dalla prima pagina, di carattere etico-morale sulla pena senza fine in Italia: praticamente l'ergastolo ostativo, cioè quello per cui non è ammessa la Grazia richiesta al Presidente della Repubblica, atto che presuppone l'accettazione della sentenza.
Adriano Sofri dietro le sbarre

Tale ergastolo ha un'unica eccezione: la collaborazione pentitistica. 
Sofri si dilunga sull'analisi "morale" della delazione contenuta in questa formula.
Premetto che il mio pensiero, la mia idea morale della vita, non mi fa accettare una persona che ha vissuto come Adriano Sofri, per cui trovo il suo "moralismo" intellettualmente ipocrita.
Dovrebbe scrivere e riflettere sull'arroganza dei suoi errori e delle conseguenze che essi hanno provocato, invece preferisce disquisire sulle scelte morali di certe regole di giustizia.
A sua differenza, che riflette sulla pena inflitta, io rifletto sul Male fatto da chi, qualche volta, è chiamato a pagare.
Ha mai riflettuto Sofri e quelli che la pensano come lui sulle vittime del Male fatto?
La loro pena è Eterna: è NON VITA.
Per i loro cari, ugualmente, si tratta di  pena  Eterna: privazione della vicinanza, dell'amore, della comunicazione con la persona che NON ESISTE PIU'.
Ha  riflettuto Sofri sulla differenza fra  NON ESISTERE PIU', per mano e scelta di qualcuno, e l'essere VIVO in carcere per sempre di questo qualcuno?
Se potesse scegliere fra le due condizioni, quale delle due sceglierebbe?
E andiamo alla delazione, alla collaborazione ed all'ipocrita termine di "pentito".
Ma certo che costoro "si pentono" perché a loro conviene e non certo per qualcosa di intimamente provato.
Certo che non vi è nulla di nobile in questo, ma lo Stato non ha altro modo per entrare nel sottosuolo mafioso, per scardinare omertà ed alleanze fra le cellule di un cancro che, comunque, non si riesce mai ad estirpare definitivamente.
Insomma: la visione "morale" di uno come Sofri è decisamente opposta alla mia.