lunedì 28 novembre 2016

L'abolizione del Titolo V

Da: Marco Olivetti - Il Referendum Costituzionale Italiano nel 2006
Università degli Studi di Foggia - Dipartimento di Giurisprudenza 

Il 25 e 26 giugno 2006 si è tenuto in Italia il secondo referendum costituzionale nella storia della Repubblica[1]. Il corpo elettorale era chiamato ad esprimere un giudizio sulla riforma costituzionale approvata nel 2005 dal Parlamento, che avrebbe modificato 53 degli 80 articoli di cui si compone la parte organizzativa della Carta costituzionale del 1947. Si trattava di una riforma ampia ed incisiva, che aveva ad oggetto – in particolare – la forma di governo, il sistema bicamerale e il riparto di competenze legislative fra lo Stato e le Regioni[2]. Il giudizio del corpo elettorale è stato chiaro: con la partecipazione al voto del 53,6 per cento degli aventi diritto, il 61,7 per cento dei votanti ha respinto la riforma costituzionale, confermando pertanto in vigore la Costituzione del 1947.

Tuttavia l’analisi del risultato referendario scomposto per Regioni dimostra che il rifiuto della riforma – verificatosi in 18 Regioni su 20[1] – era molto più forte nelle Regioni meridionali, economicamente più deboli e dipendenti dal trasferimento di risorse economiche dalle grandi regioni dell’Italia settentrionale. La diversità del risultato sull’asse Nord-Sud si può ben vedere dal 65 per cento di voti favorevoli alla riforma nella provincia settentrionale di Sondrio (un’area montana della Lombardia, al confine con la Svizzera) e dall’82 per cento di voti contrari in Calabria, la Regione dell’Italia meridionale con maggiori problemi di sviluppo economico.



[1] Solo nelle Regioni settentrionali della Lombardia e del Veneto i voti favorevoli alla riforma hanno superato quelli contrari (ma anche in tali Regioni, le Province delle città capoluogo – Milano e Venezia – si sono espresse contro la riforma).

TITOLO V della Costituzione Italiana

Art. 127[33]

Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di legge.


Questo articolo del Titolo V è quello che ha consentito di bloccare una parte dei provvedimenti della Riforma Madia.
Indubbiamente per un Paese piccolo come l'Italia la frammentazione amministrativa e legislativa delle Regioni non ha portato che spese in più, date le ruberie a cui abbiamo assistito. A questo si aggiunga il numero eccessivo di rappresentanti, 630 deputati, e un Senato che nella Riforma che è stata sottoposta a Referendum sparisce solo nella forma, in quanto dovremo comunque mantenere i viaggi, i soggiorni e chissà cosa altro ai nuovi senatori-consiglieri regionali o sindaci, e il risparmio economico non c'è che in minima parte...  
Rimane di buono solo l'abolizione del Titolo V.
Ma io resto dell'idea che non vado a votare.