mercoledì 26 giugno 2019

Sisma - Romanzo Capitolo II

Sisma
Romanzo inedito di Rita Coltellese
pubblicato a puntate su questo sito con Amministratore Unico Rita Coltellese su contratto con Google Blogger
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Il Romanzo viene pubblicato per capitoli, ad ogni nuovo capitolo verrà scritta la data di pubblicazione del precedente in modo che il lettore possa, tramite il calendario che appare a destra, ritrovare facilmente il precedente.


SISMA

Capitolo II
(Il Capitolo I è stato pubblicato il  16 giugno 2019)

Una folla di vite, di generazioni che si conoscevano tutte, che nulla potevano nascondere le une alle altre, eppure storie segrete ne nascevano, a qualcuno trapelavano e di bocca in bocca passavano.
Storie dimenticate che uno spunto qualsiasi e casuale faceva riaffiorare dalla cenere che le ricopriva pudicamente, depositata dai tanti fatti che continuano ad avvenire ogni giorno e che occupano i pensieri delle genti non lasciando spazio ai ricordi.
Sara bambina conosceva quei luoghi solo d'estate. Estati di libertà immensa per una bimba che viveva tutto l'anno segregata in un palazzo di città, dove la libertà era confinata ad un giardinetto polveroso, con i vialetti di ghiaia, circondato dal traffico delle auto, dallo stridore dei freni dei tram e, quando andava bene, ad un Parco cittadino che nulla aveva della gioia selvaggia di corse per un paesino senza auto, semivuoto perché la gente il giorno era fuori, a lavorare nei campi, anche lontani dall'abitato.  I vecchi sedevano sulle soglie delle case e la salutavano chiamandola per nome, chiedendole se le piaceva di più quel luogo o la città dove viveva, con un sorriso affettuoso e sornione insieme... E lei non sapeva cosa rispondere su quelle due realtà così diverse..
Cercava altri bambini con cui giocare ma se ne trovava la guardavano vogliosi e allo stesso tempo impediti dai compiti loro imposti dai genitori. Qualche madre la salutava e magari concedeva un po' di libertà alla sua bambina o bambino, ma nella voce di alcune Sara sentiva una nota malcelata di acredine: "Eh! Tu sei in vacanza, non hai nulla da fare, ma Marcellina deve lavorare!" 
E Sara si sentiva in colpa senza sapere perché, cosa aveva mai fatto di male se stava in vacanza dopo un anno di scuola? Ma capiva che la condizione sua doveva apparire come privilegiata a quegli agricoltori che, data la vita dura che conducevano quotidianamente, avevano bisogno anche dell'aiuto dei loro figli, non importa se ancora bambini, e non solo d'estate, anche durante l'anno scolastico, così che il loro rendimento in fatto di studio ne risentiva.
Sara fermò l'auto accostando sul ciglio della strada. Ecco la prima casa crollata, il primo mucchio di rovine: la casa di Firmino.
Era stata costruita su una curva, appena sotto strada, nel terreno che in quel punto scendeva dolcemente. Godeva di un bel panorama verso la stretta valle dove scorreva il fiume, poi il terreno risaliva e  la collina di fronte formava un terrazzamento ampio in cui esisteva un altro paesino che Sara cercò con lo sguardo per vedere se se ne percepiva la rovina, ma a quella distanza le case potevano ancora sembrare intatte e dare l'illusione che il tremendo sisma l'avesse risparmiato.
Della casa, orgoglio di Teresa, la moglie di Firmino, non rimanevano che macerie. I pesanti cordoli di cemento che reggevano il tetto giacevano a terra come dinosauri abbattuti e le rossastre tegole nuove contrastavano con il tetto disfatto.
"Che rovina.." Mormorò la donna, contemplando quella che era stata una casa grande e fra le costruzioni nuove, in un paese costituito in prevalenza da case che risalivano al 1.300, rafforzate e ricostruite, forse, con le stesse pietre legate insieme da calce e rena del fiume se danneggiate dai terremoti che in quei luoghi non erano mai mancati nemmeno in tempi passati.
Le passò davanti agli occhi l'ultima immagine di Ottaviano: biondo, sorridente, vagamente somigliante all'attore Kirk Douglas, che salutava lei e suo padre seduti sul costone che risaliva dalla strada, riposando dopo una breve passeggiata con i bimbi di lei, adorati nipoti di lui.
Ottaviano era tornato per un breve e raro periodo di vacanza nel paese natale dal Paese estero dove era emigrato per lavorare. Era l'orgoglio dei genitori e dei fratelli e sorelle. Dopo alcuni anni aveva fatto in modo che lo raggiungesse il fratello Michele ed ora vivevano, entrambi scapoli, in una città belga.
Con le rimesse di soldi sudati da Ottaviano a poco a poco avevano costruito quella casa fattoria, con annesso spazio agricolo.
Fu atroce quando uccisero Ottaviano. Non si capì mai bene cosa fosse accaduto, sembra per gelosia di qualcuno per una donna. Ottaviano era bello e vigoroso, ma il suo atletico torace e le sue larghe spalle non l'avevano salvato dalla coltellata che l'aveva ucciso. Sara non seppe mai nemmeno se avesse avuto giustizia... Una delle sorelle, piena di dolore, le disse solo che non era stata fatta perché gli immigrati erano sempre sfavoriti rispetto ai cittadini di quel Paese. Tutti si chiusero in un dolore senza consolazione e Sara non riuscì neppure a parlarne con Firmino per fargli le condoglianze, perché lui quasi fuggì quando provò ad accostarglisi. Rispettò quel dolore disperato che nessuna parola poteva consolare. Avevano ucciso la colonna generosa di quella famiglia e Michele distrutto dovette occuparsi di tutto, da solo, e chiuso il suo amato fratello in una cassa tornò con lui definitivamente al paese natìo.
Restava quella casa dove un giorno Ottaviano sognava di tornare per la pensione...
Ma al sisma della vita si era ora aggiunto il sisma della Terra e la distruzione ora era completa.
Sara provava un desolato senso di pietà per quelle vite, per la fatica immane e vana che gli uomini fanno e come quello che costruiscono può essere spazzato via in un attimo, crudelmente.
E provò una desolata tristezza ancor di più nel ripensare a Teresa e alla sua acredine immotivata nei suoi riguardi dovuta, Sara lo capì dopo, al fatto che lei era sposata e una delle sue figlie, sua coetanea, aveva avuto una bambina con un giovane carabiniere che non poteva sposarla per il vincolo che l'Arma imponeva a quel tempo di non poter contrarre matrimonio prima dei 30 anni di età.
Nonostante gli anni Sara non riuscì mai a comprendere l'invidia che le rovesciavano addosso le persone per cose di cui lei non aveva colpa alcuna. Le sembrava un sentimento ingiusto e meschino.

NOTA - Ministero della Difesa - Carabinieri
La Gazzetta Ufficiale dei 6 aprile 1956 promulgò la legge n. 185 del 23 marzo, che ai componenti l'Arma dei Carabinieri riconosceva la facoltà di contrarre matrimonio: per i marescialli, senza limite di età; per brigadieri, vice brigadieri, appuntati e carabinieri, al compimento dei trent'anni di età.
Le ultime disposizioni in materia per l'Arma risalgono: alla legge 19 maggio 1976 n. 322, per la quale i marescialli possono contrarre matrimonio senza limiti di età; alla legge 1 febbraio 1989 per la quale i carabinieri, i vice brigadieri e i brigadieri possono contrarre matrimonio dopo aver compiuto quattro anni di servizio, a meno che non abbiano compiuto il venticinquesimo anno di età.
Queste ultime disposizioni sono state abrogate dal D.Lgs. 15 marzo 2010 n.66.