venerdì 22 aprile 2016

730 online 2016

Non posso non riportare quanto mi accade nel tentativo di fare il 730 on line.
Matteo Renzi vuole la semplificazione per uscire dalla famosa "palude", ma non ha fatto i conti con l'IDIOZIA CRONICA di chi gestisce la BUROCRAZIA in questo povero Paese!
L'anno passato per la prima volta ho fatto il mio 730 on line ed è andato tutto bene!
Quest'anno ho iniziato dunque fiduciosa la procedura.
Sapevo di dover cambiare il PIN dato che era scritto che durava solo 6 mesi.
L'ho fatto. Ho cliccato poi sull'ingresso alla compilazione del 730, ma il sistema dice che per accedere al 730 il PIN appena cambiato NON VA BENE, serve il PIN DISPOSITIVO.

Penso che l'anno passato non ricordo fosse così...
Penso che forse ricordo male perché è una cosa che si fa una volta l'anno.
Penso che ho quasi 70 anni e forse non ricordo più bene le cose...

Procedo. Il PIN dispositivo si può richiedere in tre modi:
1 online
2 via fax
3 presso l'Ufficio INPS più vicino.

E già così pensi alle file, al fatto che devi andare al solito per Uffici, mentre Matteo voleva semplificare...

Scelgo la procedura online naturalmente, visto che l'anno passato ho saputo fare il 730 online senza problemi.
La procedura consiste nel compilare una domanda il cui modulo si può scaricare, bisogna però firmarlo e spedirlo come allegato con la fotocopia di un documento.
Penso che l'hanno fatta un po' complicata, ma pazienza, mi accingo a scaricare il modulo, a stamparlo, a firmarlo, poi debbo scannerizzarlo perché si legga la firma, mi accerto di avere il documento di identità già in un file e provo ad inviare i due allegati richiesti.
CON GRANDE MERAVIGLIA SCOPRO CHE IL SISTEMA IDEATO DAI CAPOCCIONI DELL'INPS (?), DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE (?), NON SO DA QUALE GENIO DELLA BUROCRAZIA INFORMATICA, pretende un file unico o in ZIP o in RAR.
E qui le mie capacità si fermano.
Confesso che non sono capace di mettere la domanda e il documento di identità in un UNICO FILE!
Provo comunque a farglieli prendere tutti e due, ma il SISTEMA se riceve il secondo cancella il primo!
Niente da fare!
Allora prendo i due fogli e vado a fare il fax. Scelgo dunque la seconda opzione.
Fra il tentativo online e il fax passano circa 40 minuti.
Il rapporto trasmissione è O.K. e riporta stampato il giorno 21 aprile 2016 h. 11:38.
Prima domanda alle "volpi" che hanno inventato questo sistema: MA ERA TANTO DIFFICILE DARE LA POSSIBILITA' DI ALLEGARE 2 FILE? VISTO CHE VI SIETE INVENTATI LA "DOMANDINA" DA FIRMARE, QUINDI NECESSARIAMENTE SCANNERIZZARE, PIU' IL DOCUMENTO DI IDENTITA'?
Se già uno entra con il PIN a che cavolo vi servono la firma e il documento? Se deve essere online che sia online perbacco!

Poi quanta gente ha lo scanner e un fax a casa?
Io sono una vecchia fortunata e abbastanza informatizzata, ma questi burocrati del cavolo rendono la vita difficile all'utenza e vanificano i proclami e le intenzioni del Presidente del Consiglio!!!

Ma l'ennesima telenovela burocratica merita di essere raccontata in tutta la sua IDIOZIA a puntate.
Dopo qualche ora compare una e-mail con su scritto PIN Dispositivo.
"Bene! - penso - Me l'hanno già mandato anche se c'è scritto ENTRO 24 ore!"
Apro la e-mail e... delusione:
Gentile signor/a RITA COLTELLESE , non abbiamo potuto convertire il suo PIN in
PIN dispositivo: la sua richiesta è giunta senza copia del documento di
identità. Deve quindi rinviarci il modulo di richiesta firmato con il documento
di identità. Può presentare la richiesta online con la funzione "Converti PIN",
via fax o in sede.
Capisco che si riferisce al mio tentativo di procedura online e non la seconda via fax.
Mi accingo ad attendere che passino le 24 ore.
Oggi, dopo oltre 24 ore dal fax, non è arrivato niente.
Non rimane che telefonare al n. 803 164!
La gentile Sonia cod. 21611 mi risponde che è stato rifiutato.
Le ripeto quanto già detto all'atto della prenotazione del suo intervento e debitamente registrato: il rifiuto si riferisce al tentativo online che non è andato a buon fine per la bella pensata dei "capoccioni" del file unico, che non tutti sanno creare come allegato. Ripeto che ho fatto subito il fax, senza nemmeno attendere la e-mail del rifiuto arrivata in seguito. Alla fine Sonia mi dice che gli invii via fax loro non sono attrezzati per vederli sui loro monitor, ma sa che via fax ne sono arrivati tantissimi e dunque non riusciranno a smaltirli entro le promesse e dichiarate 24 ore. Si accerta che io abbia fatto il numero giusto e glielo leggo dal rapporto trasmissione: 800803164.
Non ha più parole. Dico quello che penso di chi dirige il tutto, sperando che le telefonate siano registrate, e che sono degli idioti che rovesciano la loro incapacità ad organizzare e a gestire sulle spalle dell'utenza e di quelli come lei che debbono rispondere all'utenza.
Che cavolo lo scrivono a fare: entro 24 ore? Valutassero il tempo massimo per il disbrigo della pratica e scrivessero quello! Evidentemente non sono in grado neppure di fare questo! 

Omicidio Stradale: un traguardo raggiunto

----- Original Message -----
To: Friend
Sent: Friday, April 22, 2016 10:27 AM
Subject: Grazie per avere firmato: l'omicidio stradale è legge!


Caro amico/a,

Il giorno 25 Marzo 2016 la legge 41/2016 sull’omicidio stradale e' entrata in vigore

Puoi leggere il testo integrale nella gazzetta ufficiale a questo link:

Legge 41/2016 Omicidio Stradale

Dopo un percorso travagliato nel codice penale e' stato introdotto il reato di omicidio stradale e sono state aumentate le pene per tutti i casi di violazione del codice della strada che causano morte o lesioni gravi ad altre persone.

Siamo contenti che questo giorno sia arrivato perche' segna l’inizio di un CAMBIAMENTO verso una societa' piu' giusta, in cui l’irresponsabilita' alla guida dovrebbe essere punita come comportamento grave e criminale.

Non parleremo piu' di incidenti ne' di omicidi colposi, ma di omicidi stradali. Un cambio epocale nel linguaggio e nella sostanza alzando la priorità del tema della violenza stradale.

Non sappiamo con certezza se ora la strada sara' piu' sicura, sicuramente sara' più giusta!

Sappiamo invece che questa legge da sola non sara' sufficiente a risolvere l’epidemia di violenza stradale in Italia e per questo dovremo continuare a vigilare a chiedere piu' controlli sulle strade, piu' formazione e sensibilizzazione e piu' interventi infrastrutturali preventivi.

Se la legge e' stata finalmente approvata e' perche' tante persone come te, in tutte le regioni italiane, hanno firmato la nostra proposta di legge e ci hanno anche aiutato a raccogliere adesioni.

E’ un traguardo che abbiamo ottenuto tutti insieme nel nome di tutte le vittime innocenti che abbiamo nel nostro cuore e che non hanno avuto giustizia.

GRAZIE!

Speriamo di poter contare ancora sul Suo sostegno nelle battaglie CIVILI che continueremo a fare fino a quando il tema della sicurezza stradale non sara' affrontato con la massima serieta' dai nostri amministratori, politici e giudici.

Continuiamo insieme per dare “vaLore alla vita” e difendere il diritto alla vita di tutti

Un caloroso abbraccio

dall’Associazione Lorenzo Guarnieri Onlus, Associazione Gabriele Borgogni e ASAPS


Firenze 2016

Per continuare a seguirci:

www.lorenzoguarnieri.com
www.asaps.it
www.gabrieleborgogni.com

Ho dato anch'io il mio granellino di cuore e civiltà firmando due raccolte di firme: la prima fu quella nel nome di Lorenzo Guarnieri.
Nulla può restituire la persona perduta per l'incoscienza altrui, ma se non c'è neppure Giustizia il dolore è esacerbato.
Sono felice di questa e-mail di ringraziamento che pubblico, giacché sento che il mio granellino ha avuto valore.
Ho scritto molti post su questo argomento, gli ultimi arrabbiata verso Matteo Renzi che si preoccupava della Legge sulle Unioni Civili per le coppie omosessuali, mentre la Legge sull'Omicidio Stradale era tornata indietro al Senato.
Poi ho capito. Matteo aveva un problema di opportunità politica, di voti di sostegno all'interno del suo partito per far passare le riforme a cui tiene molto, e Scalfarotto gli ha promesso sostegno. Dunque lui lo ha accontentato e, ho notato, spesso Scalfarotto è accanto a lui, anche nei viaggi all'estero.
Dopo le Unioni Civili finalmente Matteo ha mantenuto la parola.
Come scrissi molto tempo fa, se i giudici avessero tenuto conto di quanto già previsto come aggravanti nell'articolo del Codice Penale sull'Omicidio Colposo, non ci sarebbe mai stato bisogno della Legge sull'Omicidio Stradale. 
589. Omicidio colposo. (1) 
Chiunque cagiona per colpa [c.p. 43] la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. 
Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (2) o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni (3). 
Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da: 
1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni; 
2) soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope (4). 
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici [c.p.p. 235] (5) (6) (7). 


Ma i signori giudici non si capisce come interpretino quanto scritto e, nonostante nei fatti ci fossero le violazioni sopra riportate, spesso chi aveva violato veniva rilasciato con pene offensive per le vittime e per chi restava a piangerle.


L'abito della Prima Comunione - dalla raccolta di novelle Parentopoli

Parentopoli - Racconti sui rapporti parentali 

PRESENTAZIONE:
Questa nuova raccolta di novelle vuole esplorare il mondo dei sentimenti familiari e parentali, spesso deludenti quando non addirittura dolorosi.



L'abito della Prima Comunione

"Hai conservato l'abito da sposa... Che bello! Tre strati di chiffon sovrapposti e tenuti insieme come in un unico strato! Poi queste applicazioni di macramè e perle.. Poche, delicate, una cosa fine!" Sorrideva ammirata Rosa, l'amica nuova nuova.
Con un sorriso umile Annamaria ammise che sì, era bello e fine, lei aveva sempre avuto questa capacità di saper scegliere cose belle ed eleganti spendendo molto meno della loro apparenza.
"Io ho conservato anche l'abito della Prima Comunione, pensa!!" Continuò Rosa mentre Annamaria riponeva l'abito da sposa nel baule.
"Io non l'ho più, invece, perché lo regalai ad una mia cuginetta, figlia di un fratello di mio padre povero, che papà ha sempre cercato di aiutare." Disse seria Annamaria.
Rosa la guardò incuriosita. "Ma te lo tolse tuo padre o fosti tu..?"
Annamaria sorrise: "No! Fui io! Mi sembrò naturale darglielo perché le volevo bene: io lo avevo usato solo un giorno, era nuovo e lei doveva fare la Prima Comunione, dunque.. Mio padre mi adorava e non mi avrebbe mai chiesto un simile sacrificio. Un sacrificio che non mi pesò allora, perché fu un moto spontaneo del mio animo. Ma dopo... negli anni.. visto come si sono comportati, l'ho rimpianto quel bel vestito, ricordo della mia Prima Comunione!"
Erano tornate nel soggiorno e Rosa si era seduta sul divano. Ora l'ascoltava seria per via di quell'accenno: ".. visto come si sono comportati". Con discrezione chiese: "Perché? Cosa hanno fatto?" Annamaria socchiuse gli occhi e alzò le sopracciglia sospirando: "E' una lunga storia, fatta di episodi che all'inizio stridono e l'amore che porti alle persone te li fa ignorare, poi ci sono momenti cruciali in cui i cattivi sentimenti sono inevitabilmente così evidenti che non li puoi ignorare più."
"Ma come mai, se posso chiedertelo, questo fratello di tuo padre era così povero?"
"Non è che gli mancasse da mangiare, intendiamoci!" Esclamò Annamaria. "Mio padre è nato in una famiglia di agricoltori, avevano la terra, la lavoravano e mangiavano. La casa di famiglia.., certo una casa rurale, in un paesetto, era loro, di proprietà. Solo che mio padre andò via di casa a sedici anni perché era intelligente e pieno di iniziativa, mentre questo fratello è rimasto lì a fare l'agricoltore. Ma mio padre l'ha sempre aiutato: dai suoi risparmi risicati e sudati toglieva una parte ogni mese per mandare soldi alla madre e al padre pensando ai fratelli più piccoli. Quando è morto il padre, ha pagato tutti i suoi debiti e messa in sesto l'economia della sua famiglia. Per difendere questo fratello dall'aggressione di un tizio per questioni di pascolo, mio padre finì sotto processo per percosse e lesioni, giacché il tizio finì in ospedale. Un'altra volta io, bambina, assistetti con spavento ad una rissa in cui mio padre finì a terra ed ebbe una ferita alla testa, lieve fortunatamente, mentre io piangendo raccoglievo il suo cappello sfilatosi dalla sua testa. Sempre per questo fratello."
"Ma che aveva combinato?" Chiese l'amica con un certo stupore.
"Per l'episodio del pascolo, che costò a mio padre una causa, sembra che non fosse colpa sua, ma che le mucche non avessero sconfinato e il tizio, che ebbe la peggio, avesse fatto il prepotente con questo fratello di mio padre, allora appena diciassettenne, ma di questo secondo episodio, siccome io vi assistetti, avevo circa dodici anni, ricordo tutto e, soprattutto, capii e seppi valutare quello che mi accadde davanti agli occhi."
E rivide davanti agli occhi, come in un film western, tutta la sequenza, mentre la raccontava a Rosa.
Era estate e lei era in vacanza in quel paese di mezza montagna da dove i suoi genitori erano venuti via per vivere in città. Suo padre, pur svolgendo un lavoro impiegatizio, amava la terra ed il luogo dove era nato. Così comperava piante, un'intera vigna che faceva impiantare, lasciandola poi alle cure di quel fratello che ne poteva disporre, su terre che erano anche sue, ma su cui il fratello viveva, e dunque egli ne reclamava solo qualche piccolo frutto sporadico quando tornava d'estate. Augusto, così si chiamava, quella vigna la fece seccare. Il padre di Annamaria ci rimase male, giacché tutte quelle piante di vite gli erano costate un bel po'. Ma non gliene fece un rimprovero, nascondendo la sua amarezza. Poi comperò una capretta, per averne un poco di latte d'estate e mezzo capretto che suo fratello gli spediva a Pasqua, tramite qualche compaesano che scendeva in città. Infine, ed Annamaria lo apprese drammaticamente quel giorno, comperò due costose mucche maremmane. Fu distratta dai giochi liberi che in quel borgo si potevano svolgere per strada, cosa che le era proibita in città, da voci alterate, fra cui prevaleva quella amatissima di suo padre. Con altri ragazzini accorse verso il luogo da cui proveniva il tumulto, c'erano anche degli adulti confluiti ad assistere alla scena che vedeva suo padre in alto, salito sopra qualcosa e accanto a due bianche vacche unite da un giogo: "La trebbiatrice serve a tutti, ma le mucche sono nostre e non possono tirarla su per tutti e schiattare!" Diceva. 
Augusto, che aveva applicato il pesante giogo di legno scuro sul collo delle due placide vacche, taceva e, alla piccola Annamaria sembrò, il suo viso aveva un'espressione contrariata, come se non condividesse affatto quello che suo fratello maggiore stava dicendo alla piccola folla di agricoltori, ma subiva in silenzio la sua imposizione di salvaguardare le loro bestie dallo sforzo immane di tirare la macchina trebbiatrice dalla strada statale, che scorreva a valle, su su fino al paesetto arroccato sulla collina, raggiungibile allora solo da una scoscesa mulattiera.
La bambina notò allora e ne ebbe conferme in seguito, nel tempo, che suo padre non si accorgeva affatto del silenzioso dissenso di suo fratello, ma fu dalla parte di suo padre pensando che, se anche lui le aveva pagate, era giusto che si preoccupasse della loro incolumità.
Ogni anno assisteva a quel rito, quasi disumano, del tirare sulla collina, dove erano i covoni di grano ammucchiati per la trebbiatura, la grossa macchina arancione e il pesante motore nero come la pece. A turno vi attaccavano gli animali degli uni e degli altri, alternativamente: muli a volte, a volte mucche, mentre gli uomini spingevano su per l'erta le macchine da dietro e ai fianchi.
Ogni tanto qualcuno cadeva e si faceva male, ma guai se una delle bestie si spezzava una gamba scivolando sui grossi sassi della mulattiera, era una rovina perché le bestie erano un patrimonio per i contadini.
Dunque quel giorno molti protestavano e volevano che anche le mucche che, ora Annamaria lo scopriva, aveva pagato suo padre, tirassero la trebbiatrice. Si chiese con lucida e pura logica perché mai suo padre, un impiegato di un Ministero, avesse comperato delle mucche il cui latte veniva usato dalla famiglia di suo zio Augusto. Sua moglie Giuseppa ci faceva anche il formaggio. Ora capiva che il dono dell'unica forma di formaggio, che ricevevano in un anno dagli zii, non poteva dirsi un dono.
Ma suo padre, così stimato da tanta gente, non capiva e non pensava quello che veniva in mente a lei, semplicemente registrando quel che vedeva e sentiva?
Egli ascoltava solo sé stesso e, visto che quelli non cedevano, tolse il perno che reggeva il giogo sul collo delle due mucche: le uniche placide in mezzo alle urla degli uomini.
Fu la scintilla che fece scoppiare la rissa: in un men che non si dica tutti menavano a tutti e lei si ritrovò con suo padre, arrivatole vicino menando le mani con altri, che rotolò a terra e lei, vedendo la ferita sulla sua testa e il sangue, non potendo fare altro, pianse a dirotto e raccolse il suo cappello. Notò, comunque, che suo zio Augusto si era tenuto fuori da quella mischia, limitandosi a respingere solo qualche spintone.
"Ma perché tuo padre ci teneva tanto a questo fratello?" Chiese Rosa alla fine del racconto di quei fatti.
"Diceva che era "l'unico fratello"! - Rispose Annamaria con malinconica ironia, pensando a quanto cuore aveva avuto suo padre, ormai morto da tempo. - "No, non che avesse solo quello! Prima ti ho detto che da adolescente già lavorava e si toglieva tutto per mandare soldi ai suoi genitori pensando ai fratelli più piccoli. Ma ne aveva anche uno più grande, che però non ha mai lavorato in vita sua! Riteneva Augusto l'unico che non gli avesse dato dispiaceri e delusioni".
"Ma non poteva pensare solo a se stesso, dopo che aveva già dato per anni aiuto alla sua famiglia di origine?" 
"Aveva un grande cuore, ma il suo amore era mal riposto. Credo che la sua cecità, che io giovane e senza esperienza registravo fin da bambina, fosse dovuta a scarse capacità empatiche, ma anche a una forma di vigliaccheria che lo faceva retrocedere di fronte alla presa di coscienza di un fatto che, sicuramente, gli faceva male".
"Capisco, anche io ho fratelli..- Fece Rosa comprensiva. - Però c'è un limite..".
"Oh, si. Ma la vita, cara Rosa, come sai si impara vivendo e mio padre di tempo non ne ha avuto tanto. Comunque, prima di morire, qualche accenno, al fatto che qualcosa avesse capito sui sentimenti veri di questo fratello, me lo fece, ed era di delusione ovviamente".
"Io con i miei fratelli ho un buon rapporto, - fece Rosa - oddio.. non è che non ci siano piccole cose.. ma quelle ci sono in tutti i rapporti affettivi, anche con i figli, con il marito.. Però ci vogliamo bene".
"Ecco è proprio questo che è mancato a mio padre: vero amore fraterno, e lui ne soffriva. Quello che mi colpisce è che non serve dare e dare per avere amore, ma questo dipende solo ed esclusivamente da come sono fatte le persone. L'egoismo mal si attaglia con l'amore. Mio padre non era egoista e dunque gli veniva naturale dare al fratello che aveva di meno ed io avevo accettato questo suo sentimento, lo condividevo, anche perché, non avendo fratelli mi veniva naturale voler bene ai cugini in sostituzione di un sentimento fraterno mancante.. In particolare volevo bene a questa cugina un poco più piccola di me: Amanda e credo che anche lei me ne volesse".
"Invece?" Invitò alle confidenze Rosa.
"Invece, niente, secondo me mene vuole ancora, ma troppa distanza ho messo fra noi per l'agire di suo padre, e giustamente lei non può che stare dalla parte di lui..".
"Ma non starai facendo come tuo padre che non vuoi vedere la realtà? Se ti volesse bene, pur privilegiando suo padre, non potrebbe cercare comunque con te un chiarimento, capendo anche le tue ragioni?"
Annamaria scosse la testa. "No, penso che per lei sarebbe imbarazzante."

L'amica, per quanto schietta e sincera, non aveva vissuto quella realtà, aveva detto di avere un buon rapporto con i suoi fratelli e dunque non poteva capire.
Il padre di Annamaria era sempre stato solo e lei, bambina e silenziosa spettatrice, lo aveva sempre percepito. I sentimenti si avvertono, come l'aria sulla pelle, e lei vedeva la cecità di suo padre che si nascondeva quello che poi, verso la fine della sua non lunga vita, aveva accettato dentro di sé.
Aveva saputo che la moglie di Augusto l'aveva presa a calci con i suoi grossi scarponi di campagna, l'unica volta che l'avevano lasciata per un mesetto dalla nonna, in campagna, nella grande casa che era di tutti i fratelli ora che il nonno era morto. L'aveva dovuta difendere la nonna. Da cosa nasceva un simile livore? Tutti gli anni suo padre comperava stoffe buone e le spediva dalla città ai figli di suo fratello perché ne confezionassero vestitini. Era un tempo in cui i negozi di confezioni cominciavano appena a nascere, mentre erano diffusissimi i negozi di stoffe e una "pezza" di buon tessuto aveva un valore.
Spediva loro dolci, a Pasqua l'Uovo di Cioccolato a ciascuno, e non li toccò mai con un dito, nemmeno uno schiaffetto, un rimbrotto.
Invece, oltre all'episodio in cui sua nonna aveva dovuto sottrarla alla brutalità di quella ingrata zia, ce ne era stato un altro, meno brutale, ma lo zio Augusto l'aveva menata insieme a sua moglie perché stava bisticciando con dei nipoti di lei che erano dentro le loro proprietà di famiglia.
Era bambina ma non poteva non pensare che suo padre, che dimostrava amore ai loro figli dando molto e non permettendosi di toccarli, era ben diverso da questi zii che non le davano nulla e la picchiavano pure.
Doveva già bastare questo per capire i loro cattivi sentimenti.
Peraltro la bambina li vedeva poco, vivendo in città, dove, quando venivano per loro comodo, erano ospitati in casa del generoso fratello, il quale, pur conoscendo quei fatti e pur amando svisceratamente la sua unica bambina, aveva bisogno di illudersi che sull'affetto di quelle persone poteva contare.
Sua moglie, mite e paurosa delle sue furie, provava a fargli notare alcune cose, ma lui la tacciava di essere matta e la loro bambina, pur vedendo che sua madre aveva ragione per la concretezza dei fatti, amava troppo suo padre e finiva per accettare quella sua cecità, a discapito della povera madre, sempre più inascoltata ed infelice. 
Non si era accorto, ad esempio, che mentre sua moglie, dopo aver preparato un buon pranzo, serviva a tavola la famiglia di suo fratello Augusto, ospite nel loro appartamento di città, la nipotina  Amanda, dopo aver guardato a lungo e con ingenuo stupore i movimenti della zia, aveva chiesto alla madre: "Mamma ma è vero che zia Giulia è matta?" La madre, una mezzadra senza casa e senza terra che Augusto aveva sposato, aveva guardato preoccupata la piccola Annamaria seduta di fronte a loro, temendo che avesse sentito, si era confusa e aveva sussurrato qualcosa a sua figlia per tacitarla in qualche modo. 
Annamaria non disse una parola e guardò suo padre, sperando che avesse sentito anche lui l'ingenua uscita di Amanda, che svelava come la moglie di Augusto si esprimeva su sua moglie dietro le sue spalle: ma lui parlava al fratello senza curarsi di altro, nemmeno che la cognata non si fosse neppure alzata per offrirsi di aiutare sua moglie con un gesto gentile. Annamaria sperò che la sua povera mamma non avesse udito e così era infatti: lei volgeva le spalle, mentre ritornava verso la cucina, e Amanda la seguiva con lo sguardo in cui c'era un'espressione di ingenua meraviglia, nel constatare il comportamento normale di colei che evidentemente le veniva definita come "una matta". 
Annamaria odiò quella gente falsa e odiò suo padre che permetteva tutto questo.
Pensò che non avevano bisogno di loro, ma loro di suo padre. Se ci fosse stato sincero affetto sarebbe stato diverso, ma erano palesi la falsità e la malevolenza nei riguardi della moglie indifesa e della figlia del loro benefattore.

Eppure, alla morte di lui, Annamaria aveva continuato quei rapporti a cui lui aveva voluto credere ad ogni costo, essendo il resto del parentado un deserto affettivo, fatto di avversione, invidia e cattiveria. Aveva voluto mantenere in vita suo padre in qualche modo, facendo vivere quei brandelli affettivi a cui lui teneva.
In particolare lei sentiva di volere bene ad Amanda, per il resto sentiva in sé una mancanza di sentimenti e se ne incolpava, sforzandosi di provarli. A volte nello zio Augusto avvertiva, nonostante tutto, un po' di affetto sincero. Ma ora che era adulta ed aveva una esperienza di vita sua, non più mutuata dalle sole esperienze dei suoi genitori, sentiva in sé che con quelle persone non c'era un vero fluire di sentimento, sentiva che in loro niente c'era di lei con cui ritrovarsi... ma neppure di suo padre, che lei si ostinava a mantenere vivo in quei rapporti.
Suo padre aveva difettato nel non vedere il male in loro neppure quando c'era, e questi, ora, lo sospettavano in lei. Qualcosa che la ferì, facendole misurare la distanza fra l'anima di suo padre e quella di Augusto.
Scoprì che suo zio temeva che ella reclamasse la sua parte, quella che ereditava da suo padre, della casa nel paesetto.
Egli non parlò esplicitamente ma fece di peggio. 
Con sua moglie dovevano averne parlato, preoccupandosi che, ora che non c'era più il generoso quanto cieco fratello che aveva lasciato loro la sua parte di casa rurale non reclamandola, ma comprando per sé una casa per tornarvi in vacanza con la sua famiglia, la nipote Annamaria potesse essere di diverso avviso. Non disse nulla ad Annamaria, che passava spesso a far loro visita portando scatole di cioccolatini per Amanda, oppure costosi regali ai bimbi di lei, che le erano nati dopo il matrimonio.. Ma Annamaria notava un'aria di falsità e di imbarazzo che la metteva a disagio, non capendone la causa e l'origine, poi capì, e fu un pugno nello stomaco, giacché il pensiero di andare contro la volontà di suo padre non l'aveva mai sfiorata, dunque cosa aveva ispirato loro quei timori, quei pensieri, visto che ella aveva continuato quei rapporti, nonostante tutto, nello stile di suo padre e proprio per lui, perché non morisse del tutto?
La risposta la trovò lei stessa: il loro animo cattivo aveva ispirato quei pensieri, e lei pensò a quanto era assurdo credere di mantenere vivo suo padre con quei rapporti, giacché nulla di lui, del suo amore senza secondi fini, senza retropensieri, senza calcoli meschini, c'era in quelle persone. L'amore non esiste senza reciprocità: suo padre era morto e in quelle persone non c'era nulla di lui.
"In questa casa ho buttato il sangue e se qualcuno si accosta prendo il fucile e gli sparo!" Disse con espressione corrucciata Augusto, un giorno che Annamaria era passata in visita recando una scatola dei soliti cioccolatini per Amanda, senza per altro trovarla in casa. Non capì, anche se avvertì l'atmosfera strana, ostile ma, senza arrivare alla cecità di suo padre, non prendendo quella frase minacciosa per sé, non avendo nulla nella mente di quello che quell'uomo, suo zio di sangue, le proiettava dentro.
In seguito iniziò una melliflua corte da parte della zia acquisita, mirata a volerle offrire di stare una settimana in vacanza in quella casa. Lei non amava quei luoghi tanto cari a suo padre e non usava neppure la casetta delle vacanze che lui aveva comperato, che rimaneva chiusa. Dunque anche qui non capiva l'offerta insistente. Dapprima rispose sinceramente che "lo sapevano che lei in campagna si annoiava, e comunque aveva casa sua...", poi vide che suo zio si aggrondava e allora accettò. Poi capì che questa stranezza era dovuta solo al loro timore e l'offerta era un loro modo diplomatico di ammorbidirla.
Grande fu la delusione, anche se avrebbe dovuto conoscerli. Nulla, ma proprio nulla ritrovava in loro di suo padre. Legami di sangue non vogliono dire uguaglianza di sentimenti.
Altri episodi rivelarono l'estraneità di quelle persone, il loro gretto egoismo, la loro ingratitudine ed anche Amanda, per quanto dotata di una sincera spontaneità e generosità, non era come lei nelle dimostrazioni di affetto, e nei bilanci, che negli affetti non si dovrebbero mai fare ma Annamaria ormai li faceva, chi aveva dato di più, non solo materialmente, era sempre lei.

Nell'armadio era rimasta la stampella di legno del 1957, con inciso il nome e l'indirizzo del primo negozio di confezioni per l'infanzia apparso in città, dove suo padre aveva acquistato per la sua adorata bambina l'elegante, semplicissimo, abito di organza bianca per la Prima Comunione. Annamaria la teneva per ricordo.