venerdì 10 marzo 2023

“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” (W. Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I)

 Capitolo VIII

Forse si era anche pentita di quello squarcio che aveva aperto sul suo dolore, sui drammi della sua difficile vita, perché quando la portarono via dalla stanza, perché finalmente l'avrebbero operata, Rosa Lucarelli non rispose al saluto che, soffiando con fatica, Elena cercò di darle. Tenne gli occhi serrati per non scambiare neppure uno sguardo...

Ed arrivò animosamente un'ennesima compagna. Animosamente nonostante fosse stata operata al cuore come Elena: la stessa pesante apertura del torace, ma a lei avevano solo sostituita una valvola che non reggeva più... Ciò nonostante era provvista dell'energia necessaria per protestare contro le infermiere della Terapia Subintensiva da cui proveniva. Una bella donna nonostante gli ottanta anni che non dimostrava affatto. 

"E' una professoressa". Si disse Elena con l'intuito sensibile che faceva parte di lei. Di tutte le compagne di stanza che aveva avuto da quando era stata ricoverata questa era la più fine nei tratti del viso e nei modi. E professoressa lo era veramente. Una donna energica con le sue fragilità.. Come in seguito Elena ebbe modo di scoprire..

Si piacquero perché di simile educazione e cultura.

Elena ripensò alla sua amica Giovanna... Professoressa di latino e greco nei licei, grande lettrice di letteratura e amante del Teatro. Diversa da lei, eppure vicina per interessi culturali.. Giovanna che non c'era  più. Se ne era andata a 69 anni sapendolo, perché sei mesi prima della sua scomparsa proprio suo figlio le aveva diagnosticato un tumore che da dentro, solo con qualche dolore non devastante, la stava uccidendo. 

"Ho sempre dei dolori alla schiena..."  Si lamentava. Ma furono i suoi figli, tornati in ferie dall'estero dove lavoravano, a rivolgersi al loro compagno d'infanzia Marco, il figlio Chirurgo di Elena, perché visitasse Giovanna che l'aveva visto crescere: e lui dovette dare loro la sentenza. Ascoltatala chiesero quanto tempo avesse: "Sei mesi."  Disse Marco, e sei mesi furono.

In quei sei mesi Giovanna non fece trapelare nessun tormento, paura o smarrimento per quella morte così vicina che l'attendeva. Eppure era così giovane nei suoi 69 anni affatto dimostrati. Alta, bella, elegante, con quegli occhi che facevano pensare a laghetti di montagna e il bel sorriso. Pranzarono insieme tutti invitati a casa di Marco... Lei sorrideva. Poi nella villa di campagna di Elena: quel giorno portava un tailleur bianco che le stava benissimo. Ai saluti, fuori del cancello, si scostò appena la camicetta sul petto e con un velo di tristezza le disse: "Vedi: questo è il port."  Ad Elena sembrava tutto irreale... Ed invece era terribilmente vero e dopo un po' Giovanna non riuscì più a reggere i dolori con i farmaci che prendeva e chiese di essere ricoverata. Da quel momento in poi Elena la sentì solo per telefono poche volte e non la vide più.

"Stanno discutendo fra i Perfusionisti e i Chirurghi: i Perfusionisti vorrebbero siringarlo, i Chirurghi operare e toglierlo.."  Elena ascoltava smarrita la bella voce della sua amica ormai alterata dal dolore, non osando fare domande. Chiese poi a suo figlio cosa intendessero fare e le fu risposto che qualcuno del Reparto dove era ricoverata aveva ipotizzato di siringare il rene ormai invaso dal cancro, ma era azione rischiosa di complicanze essendo l'organo gonfio di urina. Il fatto era che, essendo il cancro in fase avanzata, non voleva toccarla nessuno per il rischio di morte sul tavolo operatorio, cosa che i Chirurghi rifuggono. Seppe poi che suo figlio si era deciso a farlo lui. Temendo per suo figlio pose alla sua amica la domanda: "Ma sei sicura di volere che te lo tolga il rene? Te lo ha proposto lui oppure...?"

"No, gliel'ho chiesto io di togliermelo.. Non ce la faccio più.."  Aveva risposto la voce sofferente della sua amica.

Seppe poi, dal coraggioso Chirurgo che aveva liberato Giovanna da quel dolore restando colpito lui stesso, che "Era grande come un pallone da calcio e le metastasi al fegato, alcune necrotizzate dalla chemio, erano grandi come palle da tennis...".

Dopo un po', come da prassi, il Chirurgo volle che si alzasse:"Bisogna alzarsi dopo ogni intervento chirurgico."  

"Ho dolore come metto i piedi in terra... Dicono che è fessurato l'osso pubico.."  Forse fu l'ultima telefonata che Elena le fece. Giovanna aveva risposto alla sua chiamata obnubilata dal dolore, credendo che fosse suo figlio che la chiamava: "Vincenzo..."  Aveva proferito la sua flebile voce incrinata dal dolore, e ad Elena era dispiaciuto dirle che invece era lei, Elena... Chiese poi spiegazioni a suo figlio su quel dolore all'osso pubico: "E' andato in metastasi ossea..."  Rispose lui con le labbra piegate all'ingiù in una smorfia. Pur conoscendo la prognosi aveva fatto il possibile per aiutarla, ma sentiva l'amarezza della sconfitta del Medico che subisce la potenza della Morte.