sabato 7 maggio 2011

Marta Russo

All'epoca dei fatti scrissi un saggio intitolato "Verità e Menzogna", ispirato proprio dall'assurda morte di Marta, evento patologico che, accadendo, dimostrava a che punto può arrivare la follia quotidiana volutamente ignorata. Oggi il Tribunale Civile, a seguito della condanna definitiva fino al terzo grado di giudizio, ha riconosciuto alla famiglia anche un risarcimento che loro useranno per fare del bene nel nome della figlia che è stata loro tolta. Il padre di Marta si è chiesto "come" può insegnare a dei giovani uno come Scattone, visto che insegna in una scuola. Io mi chiedo "come" non solo in senso morale e quale esempio per i discenti, ma cosa ne è della legge che richiede la fedina penale pulita per essere un dipendente dello Stato. Insegna forse in un Istituto privato? Alcuni dei miei figli, si sono ritrovati in cattedra in un Liceo Statale, quale professore di filosofia, Mario Merlino, estremista fascista coinvolto in fatti violenti e finito nelle maglie della giustizia. Durante le lezioni raccontava le sue imprese violente vantandosene: i miei ragazzi tornavano a casa raccontando stupiti e ridendo per l'assurda situazione. Queste sono le cose che avvengono nel nostro Paese, cose avvilenti per chi vorrebbe il rispetto del buonsenso e delle regole.
Una annotazione sul mestiere di giornalista: scriveva Piero Ottone su un "Venerdì" di "La Repubblica" di qualche anno fa, più o meno "noi giornalisti siamo ignoranti, perché dobbiamo stare in tempo breve sulla notizia e, non essendo esperti in tutto, scriviamo spesso cose inesatte". Da persona intelligente non aveva alcuna difficoltà ad ammettere una realtà tangibile, ma trovo assurdo che, a distanza di tanto tempo dall'uccisione di Marta Russo, si continui a definire gli autori della sua morte "ricercatori", quando erano due dottorandi di ricerca. A distanza di tempo dal terribile fatto, i giornalisti che vogliono occuparsene hanno avuto il tempo di documentarsi ed apprendere che il Dottorato di Ricerca è un titolo che si consegue per poi affrontare i concorsi per diventare Ricercatore. Scattone e Ferraro erano dentro l'Università per studiare e pubblicare qualche lavoro sulla filosofia del diritto in modo da diventare Dottori di Ricerca dopo qualche anno ed una tesi di Dottorato: nel frattempo arzigogolavano sull'uso improprio di armi, sul "coraggio" di puntarle in basso, verso la gente e le macchine che passavano, in un gioco assurdo, irresponsabile e crudele che ha portato a togliere la vita ad una giovane e valente studentessa  in modo insensato. Quello che è assurdo è che per la legge questo omicidio è colposo e non volontario. Come se fosse involontario l'atto di puntare una pistola da una finestra di un edificio pubblico verso la folla che passa in basso. Forse i giudici hanno ritenuto che Scattone non sapesse che c'era un proiettile dentro, visto che la pistola era stata portata in quel luogo da Ferraro. Trovo strano anche che non sia stata riconosciuta una responsabilità da parte dell'Università, almeno ai fini assicurativi, visto che ogni Ateneo è tenuto ad accendere una polizza assicurativa che tuteli gli studenti iscritti e tutti i frequentatori aventi titolo da eventuali infortuni.