venerdì 27 gennaio 2012

Per domenica 29 gennaio 2012

Tutto il mondo è paese (by Administrator, published Venerdì 27 Gennaio 2012 08:11)

“Tutto il mondo è paese: la strada d’oro del riciclaggio, tre storie da Sabaudia al Sud America passando per il terremoto dell’Aquila”.


E’ una domenica pomeriggio diversa, quella proposta dal presidio di Libera “Giancarlo Siani” di Sabaudia, un invito rivolto a tutti per parlare attraverso tre racconti, del territorio anche partendo da esperienze che vengono da lontano e che poi riportano in Italia, nella nostra regione, in provincia di Latina e a Sabaudia.

“Tutto il mondo è paese”, un detto ma anche una verità soprattutto se si affronta la tematica del riciclaggio del denaro sporco e di come la mafie piazzino i loro investimenti in una sorta di Risiko. All’incontro che si terrà domenica 29 gennaio 2012 a partire dalle 16.30 presso il salone parrocchiale della Santissima Annunziata a Sabaudia parteciperanno dei relatori d’eccezione.

Si comincerà con la testimonianza del coordinatore provinciale di Legambiente Marco Omizzolo, in anticipazione del dossier di Legambiente sui rifiuti ed in modo particolare sulla discarica di Borgo Montello. Un impegno che va avanti da anni quello di Omizzolo, come pure del Circolo Larus, una lente di ingrandimento sugli investimenti che vengono fatti a Sabaudia.

Seguirà il racconto del giornalista Angelo Venti autore di importanti inchieste sul terremoto dell’Aquila nonché del dossier sugli investimenti da parte delle mafie nel post ricostruzione. Conosciuto anche per la sua partecipazione nel film Draquila di Sabina Guzzanti, Angelo Venti traccerà una linea che dall’Aquila porterà anche a Sabaudia.

L’incontro si concluderà con la testimonianza di don Tonio Dell'Olio, membro dell'ufficio di presidenza e responsabile del settore internazionale di Libera.
È direttore della rivista Caposud. In passato è stato coordinatore nazionale (1993 - 2005) e membro del consiglio nazionale (1993 - 2009) di Pax Christi movimento cattolico internazionale per la pace. Attualmente è membro dei direttivi del CIPAX (Centro Interconfessionale per la pace) e della Tavola della pace. Racconti di narcos e di storie geograficamente lontane quelle di don Tonio ma anche di come le mafie, all’estero organizzino i traffici per l’Italia. Una figura importante quella di don Tonio, una sorta di ponte con altre culture. Ha coordinato, tra le altre, la mobilitazione per la difesa della legge 185/90 per il controllo del commercio delle armi, è stato portavoce della Campagna per la pace in Sudan, ha promosso la Rete Disarmo e tra i promotori della Campagna Italiana contro le Mine. Ha organizzato incontri e momenti di dialogo tra rappresentanti di diverse tradizioni religiose come contributo delle fedi alla costruzione della pace, fra cui il forum “Il cammino di liberazione delle fedi del Mediterraneo” tenutosi a Bari nel dicembre 2005. Ha contribuito all'organizzazione di molte mobilitazioni in difesa dei diritti umani, contro la guerra e per il disarmo. Come membro della Tavola della Pace, ha contribuito a organizzare le edizioni dell'Assemblea dell'ONU dei popoli.
Inoltre, don Tonio è stato cappellano del carcere di massima sicurezza di Trani e in quel contesto ha approfondito sul campo le dinamiche legate alla cultura delinquenziale e alle grandi famiglie criminali. Ha operato in quartieri segnati da degrado e marginalità come i Quartieri Spagnoli di Napoli, dedicandosi ai minori e al recupero dei tossicodipendenti, anche attraverso la fondazione del Centro Giovanile Metropòlis a Bisceglie. Il pomeriggio si concluderà con un aperitivo realizzato con i prodotti di Libera Terra dalle terre confiscate alle mafie.


L’ingresso è libero e aperto a tutti. 

Per "Der Spiegel" siamo un popolo di vigliacchi

DA: IL GIORNALE.IT
 Der Spiegel  «Ci definisce un popolo di codardi perché "gli italiani non sono una razza" - si legge nell'occhiello - . Loro sì, invece, e lo hanno dimostrato assieme ad Hitler». Una dura replica di Sallusti all'articolo sul naufragio contenuto nell'ultimo numero del principale settimanale tedesco, che assume un peso maggiore nel giorno in cui il mondo intero ricorda le vittime dell'Olocausto. «Mano sul cuore - aveva scritto qualche giorno fa lo Spiegel : qualcuno si è forse meravigliato del fatto che il capitano della Costa Concordia fosse italiano? Ci si può immaginare che a compiere una simile manovra, inclusa la fuga successiva, potesse essere un tedesco oppure, diciamo anche, un capitano di marina britannico?».
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DA: LA REPUBBLICA.IT
Spiegel online: "Ma vi sorprendete che il comandante fosse un italiano?"

Le pesantissime affermazioni di Jan Fleischhauer, uno dei columnist dell'edizione online del settimanale tedesco. Partendo dal naufragio, si lancia in un ragionamento sulle differenze tra le nazioni e arriva alla crisi dell'euro. "Quel che può succedere quando per motivi politici si ignora la psicologia dei popoli, ce lo mostra la crisi della valuta"
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DA: TUTTOGRATIS.IT
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E' senz'altro vero che gli italiani non hanno disciplina, non rispettano le regole e le norme: basta leggere il mio post precedente a questo, guidare un'auto per le nostre strade, vedere i rifiuti gettati per strada... Però quando ci si avventura in superficiali critiche come questa di Der Spiegel si rischia, appunto, di essere superficiali e qualunquisti e, soprattutto, non ci si può meravigliare se poi gli italiani reagiscono come Sallusti, che a me non piace, ma certo nel Giorno della Memoria ha ricordato ai tedeschi i campi di sterminio. E' anche vero che Mussolini firmò in Italia le vergognose Leggi Razziali e che il minuscolo (in tutti i sensi) Re che avevamo gliele avallò con il suo sigillo, ma è anche vero che Hitler si ammazzò da solo, mentre Mussolini ce lo siamo tolto di mezzo noi e così il Re. Rifletta Der Spiegel che è recidiva nel suo qualunquismo:
 Rifletta, perché l'Italia, contro uno Schettino ha tanti De Falco, che fanno il loro dovere senza clamori e, se finiscono casualmente e loro malgrado alla ribalta, se ne ritraggono con pudore dicendo: "Non sono un eroe" e citando tutti quelli che hanno fatto come lui e meglio di lui.
Come mai Der Spiegel non legge quello che ha detto De Falco del giovane della Guardia Costiera che era già sul posto mentre lui incitava Schettino a fare il suo dovere?
Come mai Der Spiegel non vede i meravigliosi uomini dei Vigili del Fuoco, dei Carabinieri, dei Sommozzatori della Marina Militare e tanti altri che stanno lavorando da giorni e giorni in condizioni durissime, con pericolo grave per la loro incolumità, per recuperare prima eventuali vivi ed ora i morti? 
SUB all'interno della Nave sommersa
Ha ascoltato il giornalista di Der Spiegel e quelli che hanno avallato un simile articolo il breve, asciutto racconto di un giovane SUB su come debbono recuperare i corpi delle vittime? A chi lo ha fermato per intervistarlo ha detto "i corpi galleggiano all'interno della nave inondata di acqua e per tirarli fuori dobbiamo abbracciarli   per poi condurli fuori dai varchi che abbiamo creato".
Sono tanti questi uomini coraggiosi, ma Der Spiegel preferisce scrivere che 60 milioni di italiani sono tutti come Schettino.
Con la stessa aberrante logica dovremmo dire che i tedeschi sono tutti come il boia di Marzabotto che, oltre al resto, spanzò una donna incinta: altro che la vigliaccheria di Schettino che a questo punto ci diventa pure simpatico nella sua povertà umana!   

Vergogna!!!


ASSENTEISMO

Al bar nell'orario di lavoro ecco i furbetti del Comune

Lavoratori che timbrano al posto dei colleghi, altri che se ne vanno. Le Iene documentano la truffa in ufficio all'Eur

Paolo Foschi
pfoschi@corriere.it 
26 gennaio 2012 (modifica il 27 gennaio 2012)


L'ufficio dell'Eur (foto Jpeg)L'ufficio dell'Eur (foto Jpeg)
ROMA - Il «fuoriclasse» è un impiegato che con eleganza e tecnica collaudata riesce a timbrare due badge contemporaneamente, uno per mano, il suo e quello di un collega. Ci sono poi gli abitudinari, cioè quelli che ogni mattina lasciano la macchina o lo scooter per qualche decina di secondi nello stesso posto davanti al portone: giusto il tempo per scendere velocemente, andare a timbrare il cartellino, altrettanto velocemente rimettere in moto e ripartire chissà per dove. E, ancora, c'è una donna che entra tenendo un bambino per mano, passa il badge, esce subito dopo e va ad accompagnare il piccolo a scuola, come se nulla fosse. Benvenuti nel mondo dei «furbetti dell'ufficio pubblico», dipendenti che nell'orario di servizio sono impegnati nelle più svariate attività, ma non nel lavoro per il quale sono pagati. I «furbetti» sono stati smascherati da un divertente servizio con telecamere nascoste realizzato dall'inviato della trasmissione le Iene show.
Le riprese sono state girate in ufficio comunale nella zona dell'Eur. I volti sono stati resi irriconoscibili in fase di montaggio. Ma il quadro che emerge è sconcertante. Una carrellata di persone, uomini e donne, che dopo aver timbrato per sé e spesso per colleghi presumibilmente assenti, in orario di lavoro passeggiano per la strada, vanno al bar dove si accomodano ai tavolini per lunghe colazioni oppure entrano al supermercato per fare la spesa con tutta calma. Non casi isolati, almeno all'apparenza, ma abitudini consolidate. «Può anche essere che qualcuno sia stato autorizzato», ha premesso l'inviato delle Iene . Sicuramente non può invece essere autorizzata la pratica della timbratura per conto degli assenti. Una vera e propria truffa ai danni dello Stato.
(foto Jpeg)(foto Jpeg)
Dopo aver documentato in video il via-vai dall'ufficio, l'inviato delle Iene si è presentato con il microfono in mano a chiedere spiegazioni ai «furbetti». E il servizio a quel punto diventa surreale. Una delle dipendenti colta in fallo non solo si è rifiutata si dare spiegazioni, ma con arroganza e con una buona dose di aggressività ha preteso dal giornalista nome, cognome e anche numero di telefono «perché io voglio identificarla». Un altro dipendente dello stesso ufficio ha provato ad allontanare l'inviato a spintoni e parolacce. Altri, più dignitosamente, si sono trincerati dietro un imbarazzato silenzio.
E non hanno fatto più belle figura nemmeno i due esponenti politici locali intercettati dal giornalista negli uffici comunali. «Dipendenti che entrano, timbrano e vanno via? Sicuramente non è possibile, figuriamoci», ha minimizzato Rocco Belfronte, consigliere comunale dell'Udc. «No, non è possibile», ha invece cercato di tagliare corto Antonio Gazzellone, vicecapogruppo capitolino del Pdl, che poi ha provato a correggere il tiro: «Se qualcuno lo fa, ci sono gli uffici preposti ai controlli». E fra i finti tonti è finito anche un sindacalista dell'Usb: «Queste cose non accadono né qui, né in nessun altro ufficio». Tutti smentiti dalle telecamere.


A fare gli spazzini!
27.01|09:26 Me_In_Heaven
Roma ha bisogno di essere ripulita.Bene,allora tutti questi furbetti dal posto fisso,dato che si sentono privilegiati (e lo sono) dovrebbero essere spostati dal Comune stesso a fare opere di pubblica utilità,alias gli spazzini.E il sindacalista?Beh,questo conferma che i sindacati spesso servono solo ad occupare le poltrone!Vergognatevi!

Indignato?
26.01|15:28 MARDOR
Dovrei essere indignato perché servono le iene per constatare ciò che è sotto gli occhi di tutti. Trovate un ufficio PAC o PAL dove queste cose non siano normali. Indignato perché questa gente non perderà il lavoro, nonostante le file chilometriche a cui ci costringono quando ci tocca avere a che fare con loro. Indignato perché qualcuno avrà il coraggio di parlare di diritti di questi farabutti Indignati perché in Italia manteniamo più dipendenti pubblici pro capite di ogni altra nazione civile. E le cose funzionano molto peggio che in ogni altra nazione civile E ce lo devono spiegare le iene il perché.
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Ho visto anch'io il servizio della benemerita trasmissione di Italia 1 e debbo dire che sono rimasta disgustata dall'arroganza sfacciata degli impiegati colti in fallo dalla telecamera delle "Iene Show".
Chi ha memoria ricorderà che questi fatti sono stati colti e documentati anche in passato, nelle Amministrazioni Pubbliche più svariate e non solo a Roma, non dalle telecamere di una trasmissione televisiva ma da quelle dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Quello che poi non si sa è come questi accertamenti vadano a finire, perché un giornalismo che sta sulla notizia fresca non si cura sempre di seguirne gli sviluppi come un buon giornalismo dovrebbe fare. Qualche volta accade, e ricordo che questi impiegati, denunciati per il reato di truffa ai danni dello Stato perché colti in flagranza di reato, al massimo sono stati sospesi per un po' di tempo, poi reintegrati. Ecco queste sono le cose che non si capiscono di questo nostro Paese oberato di problemi e di carenza di lavoro e di sviluppo. Perché?
Tutto è legato e tutto si riflette sull'intera economia di un Paese asfissiato non soltanto dalla speculazione finanziaria.
Si sta mettendo in discussione l'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Ho dedicato un post all'argomento e penso che tale articolo vada benissimo come è, casomai sono i magistrati che reintegrano i lavoratori infedeli nel posto di lavoro che andrebbero riformati.
Note esplicative sulle norme:
"Il licenziamento per giusta causa scatta quando si verifica una circostanza così grave da non consentire la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto lavorativo (art. 2119 codice civile). Si tratta non solo di gravissimi inadempimenti relativi agli obblighi contrattuali ma anche quei comportamenti extraziendali che determinano il venir meno della fiducia posta alla base del rapporto di lavoro. Il giudice, chiamato ad accertare la presenza della giusta causa, dovrà pertanto valutare in concreto la violazione dell’elemento fiduciario,"

"Quali sono le differenze tra licenziamento per giusta causa e giustificato motivo?
A valutare l'applicabilità di una condotta all'una o all'altra nozione è il giudice del lavoro, che in tale valutazione dispone di ampia discrezionalità. Sul piano pratico, la differenza tra le due nozioni si basa sulla maggiore o minore gravità del comportamento: in caso di licenziamento per giustificato motivo, il datore è tenuto a dare un periodo di preavviso, stabilito dai contratti collettivi, oppure, se vuole estromettere subito il lavoratore dall'azienda, è tenuto a corrispondere al lavoratore una indennità di mancato preavviso, pari alla retribuzione complessiva che gli sarebbe spettata se avesse lavorato durante tale periodo. In caso di licenziamento per giusta causa, invece, il rapporto si interrompe immediatamente (cd. Licenziamento in tronco) e il datore non deve corrispondere alcuna indennità di mancato preavviso."

Dunque, se un impiegato truffa il datore di lavoro, in questo caso lo Stato, perché non viene licenziato?
La truffa non è reato sufficiente per certi, troppi giudici?
Ne consegue che, data la "comprensione" dimostrata da detti giudici che, invece di moralizzare il lavoro pubblico, reintegrano l'impiegato colto in flagranza di truffa, quello che va abolito secondo certuni è l'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Che si applichi quello che in detto Statuto è scritto e si dia il giusto valore alla "giusta causa" ed "al giustificato motivo", che si licenzi chi commette abuso e si garantisca, invece, chi rispetta le regole. Invece, abolendolo, si rimette tutto sullo stesso piano: scorretti e corretti, tutti licenziabili.
Quindi tutto si lega. Ancora una volta sono colpevoli i giudici la cui ampia discrezionalità crea mostri.

Infatti, nonostante precedenti scandali simili a quelli evidenziati dalle  "Iene Show", quegli impiegati erano di un'arroganza che lascia esterrefatti.
La donna che chiedeva le generalità all'inviato delle Iene deve lei dare le sue generalità, ricordo a tutti che esiste una Legge, anche questa disattesa da molte pubbliche amministrazioni, che impone di portare un cartellino in vista con il nome dell'impiegato. In alcune  pubbliche amministrazioni, dopo aver sostenuto il costo dell'acquisto di detti cartellini, non ne è stato né imposto né controllato l'uso, creando solo una spesa di denaro pubblico in più ed un guadagno per le ditte a cui tali cartellini sono stati commissionati. E' evidente che, in questo caso, i colpevoli sono i Dirigenti Pubblici locali che consentono che l'applicazione della Legge si riduca alla spesa dell'acquisto dei cartellini.
Dunque mi aspetto che Guardia di Finanza o Carabinieri, acquisiti i filmati, accertino chi era l'arrogante ed assurda impiegata colta in fallo e perché chi stava sopra di lei non le ha imposto il cartellino identificativo del Pubblico dipendente, oltre ad accertare perché timbrava cartellini altrui.
Passano i decenni e nulla cambia. Tutto si ripete in questo Paese asfissiato dalla corruzione generalizzata.
Gli imprenditori puliti che non riescono a lavorare con le   pubbliche amministrazioni se non danno la "mazzetta" come quelli, magari meno bravi di loro, che invece si piegano alla corruzione.
I giovani valenti che vengono liquidati con la frase cretina "cervelli in fuga" perché non riescono a bucare la rete di connivenze e corruzione dei pubblici concorsi, mentre tanti di loro, per le ragioni più varie, sono costretti a restare nel Paese disoccupati o adattandosi a lavori inferiori alle loro capacità per sopravvivere.
L'analisi deve essere profonda e non superficiale perché tutto si lega e la parola ricorrente è sempre la stessa: illegalità. Una illegalità che è costume accettato, fino al punto che, come abbiamo visto nel servizio delle "Iene", viene difesa con omertosa ipocrisia anche da un rappresentante sindacale dei Sindacati di Base, sindacato che si ispira a idee di sinistra e che qui difende chi abusa e non chi lavora.
E l'impiegato più anziano che aggredisce il cronista non solo verbalmente (era stato beccato al bar esterno all'edificio in orario di servizio) e si rivolge con sicurezza aggressiva al Consigliere Comunale, che entra in scena mentre malmena l'inviato delle Iene, con fare sicuro della sua protezione... E' uno spaccato di cose che conosciamo tutti come utenti e come Pubblici dipendenti se lo siamo, ed è desolante perché dà un'immagine di questo Paese divisa in due: chi approfitta di tutto, come gli evasori fiscali, e chi vive nella provvisorietà di un lavoro privato non sicuro, nel gelo della disoccupazione, pur avendo capacità e meriti che i parassiti con il culo al caldo non hanno.