venerdì 27 gennaio 2012

Vergogna!!!


ASSENTEISMO

Al bar nell'orario di lavoro ecco i furbetti del Comune

Lavoratori che timbrano al posto dei colleghi, altri che se ne vanno. Le Iene documentano la truffa in ufficio all'Eur

Paolo Foschi
pfoschi@corriere.it 
26 gennaio 2012 (modifica il 27 gennaio 2012)


L'ufficio dell'Eur (foto Jpeg)L'ufficio dell'Eur (foto Jpeg)
ROMA - Il «fuoriclasse» è un impiegato che con eleganza e tecnica collaudata riesce a timbrare due badge contemporaneamente, uno per mano, il suo e quello di un collega. Ci sono poi gli abitudinari, cioè quelli che ogni mattina lasciano la macchina o lo scooter per qualche decina di secondi nello stesso posto davanti al portone: giusto il tempo per scendere velocemente, andare a timbrare il cartellino, altrettanto velocemente rimettere in moto e ripartire chissà per dove. E, ancora, c'è una donna che entra tenendo un bambino per mano, passa il badge, esce subito dopo e va ad accompagnare il piccolo a scuola, come se nulla fosse. Benvenuti nel mondo dei «furbetti dell'ufficio pubblico», dipendenti che nell'orario di servizio sono impegnati nelle più svariate attività, ma non nel lavoro per il quale sono pagati. I «furbetti» sono stati smascherati da un divertente servizio con telecamere nascoste realizzato dall'inviato della trasmissione le Iene show.
Le riprese sono state girate in ufficio comunale nella zona dell'Eur. I volti sono stati resi irriconoscibili in fase di montaggio. Ma il quadro che emerge è sconcertante. Una carrellata di persone, uomini e donne, che dopo aver timbrato per sé e spesso per colleghi presumibilmente assenti, in orario di lavoro passeggiano per la strada, vanno al bar dove si accomodano ai tavolini per lunghe colazioni oppure entrano al supermercato per fare la spesa con tutta calma. Non casi isolati, almeno all'apparenza, ma abitudini consolidate. «Può anche essere che qualcuno sia stato autorizzato», ha premesso l'inviato delle Iene . Sicuramente non può invece essere autorizzata la pratica della timbratura per conto degli assenti. Una vera e propria truffa ai danni dello Stato.
(foto Jpeg)(foto Jpeg)
Dopo aver documentato in video il via-vai dall'ufficio, l'inviato delle Iene si è presentato con il microfono in mano a chiedere spiegazioni ai «furbetti». E il servizio a quel punto diventa surreale. Una delle dipendenti colta in fallo non solo si è rifiutata si dare spiegazioni, ma con arroganza e con una buona dose di aggressività ha preteso dal giornalista nome, cognome e anche numero di telefono «perché io voglio identificarla». Un altro dipendente dello stesso ufficio ha provato ad allontanare l'inviato a spintoni e parolacce. Altri, più dignitosamente, si sono trincerati dietro un imbarazzato silenzio.
E non hanno fatto più belle figura nemmeno i due esponenti politici locali intercettati dal giornalista negli uffici comunali. «Dipendenti che entrano, timbrano e vanno via? Sicuramente non è possibile, figuriamoci», ha minimizzato Rocco Belfronte, consigliere comunale dell'Udc. «No, non è possibile», ha invece cercato di tagliare corto Antonio Gazzellone, vicecapogruppo capitolino del Pdl, che poi ha provato a correggere il tiro: «Se qualcuno lo fa, ci sono gli uffici preposti ai controlli». E fra i finti tonti è finito anche un sindacalista dell'Usb: «Queste cose non accadono né qui, né in nessun altro ufficio». Tutti smentiti dalle telecamere.


A fare gli spazzini!
27.01|09:26 Me_In_Heaven
Roma ha bisogno di essere ripulita.Bene,allora tutti questi furbetti dal posto fisso,dato che si sentono privilegiati (e lo sono) dovrebbero essere spostati dal Comune stesso a fare opere di pubblica utilità,alias gli spazzini.E il sindacalista?Beh,questo conferma che i sindacati spesso servono solo ad occupare le poltrone!Vergognatevi!

Indignato?
26.01|15:28 MARDOR
Dovrei essere indignato perché servono le iene per constatare ciò che è sotto gli occhi di tutti. Trovate un ufficio PAC o PAL dove queste cose non siano normali. Indignato perché questa gente non perderà il lavoro, nonostante le file chilometriche a cui ci costringono quando ci tocca avere a che fare con loro. Indignato perché qualcuno avrà il coraggio di parlare di diritti di questi farabutti Indignati perché in Italia manteniamo più dipendenti pubblici pro capite di ogni altra nazione civile. E le cose funzionano molto peggio che in ogni altra nazione civile E ce lo devono spiegare le iene il perché.
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Ho visto anch'io il servizio della benemerita trasmissione di Italia 1 e debbo dire che sono rimasta disgustata dall'arroganza sfacciata degli impiegati colti in fallo dalla telecamera delle "Iene Show".
Chi ha memoria ricorderà che questi fatti sono stati colti e documentati anche in passato, nelle Amministrazioni Pubbliche più svariate e non solo a Roma, non dalle telecamere di una trasmissione televisiva ma da quelle dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Quello che poi non si sa è come questi accertamenti vadano a finire, perché un giornalismo che sta sulla notizia fresca non si cura sempre di seguirne gli sviluppi come un buon giornalismo dovrebbe fare. Qualche volta accade, e ricordo che questi impiegati, denunciati per il reato di truffa ai danni dello Stato perché colti in flagranza di reato, al massimo sono stati sospesi per un po' di tempo, poi reintegrati. Ecco queste sono le cose che non si capiscono di questo nostro Paese oberato di problemi e di carenza di lavoro e di sviluppo. Perché?
Tutto è legato e tutto si riflette sull'intera economia di un Paese asfissiato non soltanto dalla speculazione finanziaria.
Si sta mettendo in discussione l'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Ho dedicato un post all'argomento e penso che tale articolo vada benissimo come è, casomai sono i magistrati che reintegrano i lavoratori infedeli nel posto di lavoro che andrebbero riformati.
Note esplicative sulle norme:
"Il licenziamento per giusta causa scatta quando si verifica una circostanza così grave da non consentire la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto lavorativo (art. 2119 codice civile). Si tratta non solo di gravissimi inadempimenti relativi agli obblighi contrattuali ma anche quei comportamenti extraziendali che determinano il venir meno della fiducia posta alla base del rapporto di lavoro. Il giudice, chiamato ad accertare la presenza della giusta causa, dovrà pertanto valutare in concreto la violazione dell’elemento fiduciario,"

"Quali sono le differenze tra licenziamento per giusta causa e giustificato motivo?
A valutare l'applicabilità di una condotta all'una o all'altra nozione è il giudice del lavoro, che in tale valutazione dispone di ampia discrezionalità. Sul piano pratico, la differenza tra le due nozioni si basa sulla maggiore o minore gravità del comportamento: in caso di licenziamento per giustificato motivo, il datore è tenuto a dare un periodo di preavviso, stabilito dai contratti collettivi, oppure, se vuole estromettere subito il lavoratore dall'azienda, è tenuto a corrispondere al lavoratore una indennità di mancato preavviso, pari alla retribuzione complessiva che gli sarebbe spettata se avesse lavorato durante tale periodo. In caso di licenziamento per giusta causa, invece, il rapporto si interrompe immediatamente (cd. Licenziamento in tronco) e il datore non deve corrispondere alcuna indennità di mancato preavviso."

Dunque, se un impiegato truffa il datore di lavoro, in questo caso lo Stato, perché non viene licenziato?
La truffa non è reato sufficiente per certi, troppi giudici?
Ne consegue che, data la "comprensione" dimostrata da detti giudici che, invece di moralizzare il lavoro pubblico, reintegrano l'impiegato colto in flagranza di truffa, quello che va abolito secondo certuni è l'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Che si applichi quello che in detto Statuto è scritto e si dia il giusto valore alla "giusta causa" ed "al giustificato motivo", che si licenzi chi commette abuso e si garantisca, invece, chi rispetta le regole. Invece, abolendolo, si rimette tutto sullo stesso piano: scorretti e corretti, tutti licenziabili.
Quindi tutto si lega. Ancora una volta sono colpevoli i giudici la cui ampia discrezionalità crea mostri.

Infatti, nonostante precedenti scandali simili a quelli evidenziati dalle  "Iene Show", quegli impiegati erano di un'arroganza che lascia esterrefatti.
La donna che chiedeva le generalità all'inviato delle Iene deve lei dare le sue generalità, ricordo a tutti che esiste una Legge, anche questa disattesa da molte pubbliche amministrazioni, che impone di portare un cartellino in vista con il nome dell'impiegato. In alcune  pubbliche amministrazioni, dopo aver sostenuto il costo dell'acquisto di detti cartellini, non ne è stato né imposto né controllato l'uso, creando solo una spesa di denaro pubblico in più ed un guadagno per le ditte a cui tali cartellini sono stati commissionati. E' evidente che, in questo caso, i colpevoli sono i Dirigenti Pubblici locali che consentono che l'applicazione della Legge si riduca alla spesa dell'acquisto dei cartellini.
Dunque mi aspetto che Guardia di Finanza o Carabinieri, acquisiti i filmati, accertino chi era l'arrogante ed assurda impiegata colta in fallo e perché chi stava sopra di lei non le ha imposto il cartellino identificativo del Pubblico dipendente, oltre ad accertare perché timbrava cartellini altrui.
Passano i decenni e nulla cambia. Tutto si ripete in questo Paese asfissiato dalla corruzione generalizzata.
Gli imprenditori puliti che non riescono a lavorare con le   pubbliche amministrazioni se non danno la "mazzetta" come quelli, magari meno bravi di loro, che invece si piegano alla corruzione.
I giovani valenti che vengono liquidati con la frase cretina "cervelli in fuga" perché non riescono a bucare la rete di connivenze e corruzione dei pubblici concorsi, mentre tanti di loro, per le ragioni più varie, sono costretti a restare nel Paese disoccupati o adattandosi a lavori inferiori alle loro capacità per sopravvivere.
L'analisi deve essere profonda e non superficiale perché tutto si lega e la parola ricorrente è sempre la stessa: illegalità. Una illegalità che è costume accettato, fino al punto che, come abbiamo visto nel servizio delle "Iene", viene difesa con omertosa ipocrisia anche da un rappresentante sindacale dei Sindacati di Base, sindacato che si ispira a idee di sinistra e che qui difende chi abusa e non chi lavora.
E l'impiegato più anziano che aggredisce il cronista non solo verbalmente (era stato beccato al bar esterno all'edificio in orario di servizio) e si rivolge con sicurezza aggressiva al Consigliere Comunale, che entra in scena mentre malmena l'inviato delle Iene, con fare sicuro della sua protezione... E' uno spaccato di cose che conosciamo tutti come utenti e come Pubblici dipendenti se lo siamo, ed è desolante perché dà un'immagine di questo Paese divisa in due: chi approfitta di tutto, come gli evasori fiscali, e chi vive nella provvisorietà di un lavoro privato non sicuro, nel gelo della disoccupazione, pur avendo capacità e meriti che i parassiti con il culo al caldo non hanno. 

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Non ho visto il servizio delle Iene ma, in passato, ne ho visto altri trasmessi da “Striscia la notizia”. Ricordo che la stessa identica “prassi” era stata adottata da alcuni dipendenti di un Ente pubblico autorevole : la Corte dei Conti. Per due volte,a distanza di tempo, le telecamere avevano pizzicato alcuni dipendenti di quell’Ente che timbravano il cartellino e immediatamente si allontanavano per i fatti loro. Questo comportamento disgustoso ed amorale è adottato da molti , anzi troppi dipendenti pubblici, in quasi tutte le città italiane, inclusa la mia. Ho visto con i miei occhi dipendenti infedeli comportarsi nella stessa maniera. Questo sistema di malcostume e disonestà , nel corso degli ultimi decenni, si è consolidato, e le maglie della rete sono sempre più fitte. Impossibile, bucarle! Oltre ai singoli individui che si comportano in modo disonesto, manca un controllo ed una presa di posizione rigorosa e severa da parte dei dirigenti dei vari uffici pubblici. I capi non sanno? Non vedono? O sono odiosamente compiacenti e complici?
La mia filosofia di vita è sempre stata la seguente: prima devo adempiere ai miei doveri con impegno e serietà…. poi … posso pretendere che i miei diritti vengano rispettati e posso pure indignarmi e ribellarmi se vengono lesi.
Purtroppo la mentalità della cosiddetta società civile prevede come priorità assoluta i diritti, i doveri sono un optional, sia in ambito lavorativo che nei rapporti interpersonali.
Non se ne uscirà mai se non saranno presi provvedimenti rigorosi e puntivi nei confronti di chi non rispetta le regole e di chi non le fa rispettare.
Silvia O.

Rita Coltellese ha detto...

E' tutto vero. Debbono licenziarli perché c'è la "giusta causa" e sanzionare i Dirigenti compiacenti. Dopo tre sanzioni disciplinari dice la norma che si può venire licenziati. Il rigore salvaguarda anche gli attacchi all'Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, invece in questa "melassa compiacente" fa gioco dire "che non si può licenziare". Si può se si incorre in questi casi, sia nel pubblico che nel privato. Solo che nel privato, chissà perché, è meno frequente che un lavoratore sgarri.