lunedì 2 settembre 2019

Honoré de Balzac e le illusioni

Di Honoré de Balzac avevo letto "Eugenia Grandet" e "Papà Goriot", ora sto leggendo "Le illusioni perdute".
Se già nelle due opere lette Balzac mi comunicava una mentalità ottocentesca, una società in cui erano molto importanti i beni posseduti, le rendite, cosa che, paragonata alla società attuale, dimostra una evoluzione verso una società più snella, in cui il denaro e i beni sono sempre sì importanti, ma non più così fondamentali, potendo la gente vivere dei più disparati lavori ed attività, senza pretese di rendite e senza bisogno di attaccarsi ad una gretta avarizia per mantenerle, in questo libro scopro altri aspetti della società post-napoleonica francese che mi hanno stupito e fatto pensare.
Nella descrizione minuta dei pensieri, delle azioni, della mentalità in genere della gente, non solo in provincia, ma anche nella capitale, viene fuori un sorprendente classismo, in cui senza un titolo nobiliare sei persona reietta, che non può assolutamente mischiarsi con chi ha uno straccio di titolo, più o meno recente, più o meno raccattato da un ramo materno, qualora non si abbia in quello paterno, e nessun nobile, sia pure piccolo e non ricco, può ricevere in casa sua un borghese qualsiasi senza squalificarsi con tutto il resto della nobiltà della città o cittadina, essendo solo quest'ultima da frequentarsi.
Il disprezzo per le persone che lavorano onestamente svolgendo professioni quali il farmacista, lo stampatore di libri ed altro, l'assistente infermieristica, il commerciante, per non parlare del più umile operaio o altro mestiere, è totale, la persona umana non è considerata per le sue qualità morali o intellettuali, ma solamente se è nobile, assolutamente nullafacente, con una rendita che gli consenta di mantenere un minimo di servitù senza la quale costoro non aprono neppure la porta di casa...
Il mio stupore nel leggere questo puntuale resoconto della mentalità della società del suo tempo, siamo negli anni intorno al 1830, nasce dal fatto che pochi decenni prima c'era stato un evento epocale: la Révolution del 1789!
Appena 40 anni prima era stato scardinato un concetto della società divisa in classi e, in particolare, erano stati cancellati i privilegi dei nobili! Tanta lotta, tanto sangue avevano lavato via concetti e pregiudizi sulle divisioni fra le classi sociali!
Un avvenimento di tale portata doveva aver influenzato per forza il modo di pensare e di essere delle persone. Come dunque sia stato possibile che in pochi decenni si tornasse a concetti classisti così meschini e miserabili non lo comprendo.
Dopo aver decapitato con il Terrore quasi tutta la nobiltà di Francia, dopo pochi decenni ci ritroviamo con piccoli nobilastri che disprezzano una persona "perché figlio di farmacista", fino al punto di togliergli il saluto dopo averlo frequentato, senza rispetto alcuno.

Mi stupisce che di un evento storico di tale portata fosse sfumato l'effetto così in fretta.
C'era stato certo Napoleone, che si era proclamato Imperatore dopo che i francesi si erano liberati in modo cruento di un Re, ma il corso aveva instaurato il nepotismo e non restaurato la Nobiltà... Anch'egli, poi, era durato poco.. Certo, dopo di lui sono ricomparsi i Luigi e quel che rimaneva dell'aristocrazia.. Ma i sommovimenti politici come hanno potuto cambiare così il modo di pensare della società post-napoleonica? Quali resipiscenze dei fantasmi nobiliari possono  aver determinato simili costumi, accettati come normali dalla società francese del 1830, è cosa che mi sfugge.