mercoledì 31 gennaio 2024

La Sig.ra Anteri e altre mille vite - Romanzo - Cap. X

 La Sig.ra Anteri e altre mille vite

Capitolo X

Giulia Anteri
Via Sette Colli, 101
00100 Roma
Tel. 06-38625
e-mail: Giulia.Anteri@univ.it

Roma, 15 ottobre 2009

Preg.ma Signora Miriam Mauri
c/o il quotidiano “La Ragione”


Carissima e stimatissima Miriam Mauri,

        mia figlia Federica mi aveva segnalato la Sua citazione, di tale Samanta Salieri, nel Suo editoriale sul quotidiano “La Ragione” del 4 agosto u.s. quale modello da portare ad esempio, insieme ad altri nomi di cui non posso dire nulla, in contrapposizione a donne che usano il loro corpo per farsi spazio nella vita.
Federica compera ogni giorno “La Ragione” e dice che lo fa come uno dei  piccoli piaceri della vita, io le ho detto di fare l’abbonamento, così risparmia, ma invece lei mi ha detto che non vuole perché le piace proprio andare all’edicola e comperarlo.
        Federica si è laureata in Fisica, ha soggiornato al CERN di Ginevra per fare esperimenti per la sua tesi di laurea, poi ha scelto di fare un Dottorato in Astronomia all’Università “Tor Sapienza” di Roma. Aveva la possibilità di andare all’estero, se suo padre avesse chiesto a due suoi ex allievi, Riccardo Gigliozzi oppure Ubaldo Guidonauta di farla lavorare con loro. Ma Federica aveva il marito che lavorava a Roma ed ha tentato di inserirsi a Roma, perché per lei la realizzazione della vita privata è importante tanto quanto il lavoro. Ha lavorato per un anno gratis all’Istituto Aereospaziale di Roma lavorando su dati astronomici presi dal suo ex-tutore di Dottorato, ha dato 5 concorsi stimolata anche dal Direttore dell’Istituto il quale le diceva testualmente: “Questo concorso non è per te, sappiamo già a chi deve andare il posto, però intanto ti fai conoscere, dunque studia, preparati bene.”
        Finalmente è arrivato il suo concorso, quello con l’etichetta della ricerca di cui si stava occupando. Intanto si era inserita molto bene presso l’Istituto, per la sua umiltà nella dedizione al lavoro e per la sua socievolezza. E’ stata la prima in graduatoria con il tema scritto di Astronomia. Sullo scritto è difficile cambiare le carte. L’orale è stato rinviato. Il padre, Fisico anche lui, ha chiesto al Direttore cosa stesse accadendo. Il Direttore gli ha detto che la Commissione di Concorso aspettava il ritorno della Salieri, seconda in graduatoria, dagli USA dove stava, come altri, per una borsa.
        Subito il padre ha sentito puzza di bruciato: non avviene mai che si aspetti che qualcuno che ha partecipato ad un concorso finisca i suoi impegni per fare la prova orale. La commissione fissa la data della prova orale in epoca non molto distante da quella scritta e i concorrenti tornano dai luoghi dove stanno svolgendo altri impegni  per sottoporsi alla prova concorsuale.
        In ansioso allarme il padre ha chiesto al Direttore altri particolari ed è venuto fuori che la signorina Salieri aveva un concorso pronto per lei a Torino con il fidanzato, astrofisico anche lui, ma aveva rotto il fidanzamento e, protetta da un Fisico molto potente all’EAI (European Aerospatial Institut), uomo di mezza età, separato dalla moglie e con una relazione fissa con una signora di adeguata età, voleva il posto a Roma. Questo signore poteva decidere dei finanziamenti europei a chi, come i Professori Universitari della Commissione di Concorso, ne avesse fatto richiesta. Il padre di Federica ha capito che la signorina Salieri avrebbe avuto la meglio su sua figlia anche se il suo tema di Astronomia era di qualità inferiore. Il dolore, lo smarrimento sono stati grandi: di nuovo la persona onesta veniva calpestata, una sorte che già era toccata a lui ed ora toccava a sua figlia. Capì che avrebbe dovuto denunciare prima la Salieri, quando sua figlia stava all’ultimo anno di Dottorato.
        Questi i fatti: mio marito chiede una borsa CRN annuale per uno dei suoi studenti, gli rispondono: “Ma tu per quest’anno già ne hai chiesta una.” Ne davano solo una a nominativo di professore richiedente. Mio marito, smarrito, chiede di vedere la richiesta, perché a lui non risulta. Con grande stupore scopre che tale Dott.ssa Samanta Salieri aveva fatto richiesta di Borsa usando il nominativo di mio marito ed indicando la ricerca che avrebbe svolto con lui. La Salieri, arrivata da Torino, era stata raccomandata dal potente dell’EAI al Professore che era anche Tutore di dottorato di mia figlia. Mio marito si rivolse a lui chiedendo spiegazioni. Colui rispose che non sapeva niente ma che, comunque, la signorina Salieri non aveva borse in quel momento e se a mio marito non dispiaceva…
        La situazione era altamente imbarazzante, perché l’ignara Federica era nelle mani di quest’uomo per concludere il suo dottorato. Il padre disse: “Non ho problemi, ma potevate informarmi, ora ho il mio studente senza borsa.” Poi chiese alla Salieri quando voleva iniziare a lavorare con lui e lei, con arroganza, forte delle protezioni che aveva e sapendo che mia figlia non era protetta da nessuno, rispose a mio marito, di cui aveva usato il nome senza avvertirlo: ”Non ci penso per niente.” E si prese lo stesso la borsa.
Le persone oneste in questo Paese, cara e stimata Signora Mauri, sono calpestate e senza difesa alcuna.
Tornando sul concorso: la signorina finì la sua borsa USA, la data fu fissata sulla base del suo comodo ritorno. Alla prova orale assistette tutto l’Istituto: dottorandi, ricercatori… perché è pubblica. Mia figlia, incinta di cinque mesi, fu tenuta alla lavagna a sviluppare le domande postele per un’ora. Se la cavò brillantemente. Parere di tutti i Fisici presenti. La Salieri fu fatta accomodare su una sedia davanti alla scrivania dove era la commissione e le furono poste tre domande a cui graziosamente lei rispose avendo le gambe accavallate. La prova durò dieci minuti.
L’indomani, davanti agli occhi feriti di Federica, apparve la graduatoria con la Salieri prima, Federica seconda. Il bando del concorso non prevedeva idonei, ma un unico vincitore.
Abbiamo fatto ricorso, spendendo dieci milioni delle vecchie lire, perché siamo andati dal miglior avvocato amministrativista di Roma. Abbiamo vinto perché una delle tre domande poste alla Salieri era stata già posta a Federica, la quale aveva ampiamente spiegata e sviluppata la risposta poco prima alla lavagna. Il Tribunale ha annullato la prova orale e ritenuta valida la prova scritta. Giustizia è stata fatta. Ma i meccanismi perversi della nostra società hanno dei sistemi di compensazione: la prova orale è stata ripetuta due anni dopo, dalla medesima commissione che era stata sanzionata grazie al ricorso firmato da Federica, la quale, proprio per questo, aveva dovuto allontanarsi dall’Istituto dove lavorava da un anno senza alcun compenso, mentre la Salieri vi era rimasta. Come un agnello sacrificale mia figlia, con grande forza d’animo, si è sottoposta al giudizio di quella commissione sapendone lo scontato risultato.
Altri non ci sarebbero nemmeno andati per evitarsi l’umiliazione.
    Credo di doverLe queste informazioni che certo Lei non poteva avere. Le veline, a volte, sono più scoperte nei loro atti e nelle loro intenzioni di signore che, usando gli stessi mezzi, si ammantano di altre carriere rivendicando solo i meriti del cervello.
    La ringrazio per la pazienza fin qui avuta e credo inutile, e me ne scuso, precisarLe che ritengo queste informazioni date ad una Grande Giornalista tratta, forse, in inganno da un’arrivista senza molti scrupoli.
Con tutta la mia stima, Le porgo
I miei migliori saluti 

       Giulia Anteri




La Sig.ra Anteri e altre mille vite - Romanzo - Cap. IX

 La Sig.ra Anteri e altre mille vite

Capitolo IX

Non ebbero modo di parlare con nessuno di quella famiglia per capire cosa fosse successo. I giornali parlavano di indagini che andavano avanti da tempo e il trambusto che avevano sentito quella sera era dovuto al blitz che Carabinieri e Guardia di Finanza avevano preparato per sorprendere i trafficanti che, proprio quella sera, avevano appuntamento per scaricare in un capannone della fattoria un grosso quantitativo di droga. 
Tempo dopo Carmine si aprì un poco con il marito di Giulia Anteri. Si erano incontrati sulla strada e il pacato uomo di Scienza stette ad ascoltare senza pregiudizi il padre dell'arrestato Felice.
"Sai come è lui, - disse il padre - sempre aperto a tutti! Un amico gli ha detto che doveva appoggiare un carico a Roma proveniente dalla Calabria. Lui gli ha detto vieni pure! Nemmeno gli ha chiesto cosa trasportava! Vieni pure, gli ha detto, porta dentro, di spazio ce ne è tanto, all'aperto e dentro i capannoni... Adesso paga gli avvocati!"
Giulia dovette stare a sentire i commenti della solita collaboratrice domestica che raccoglieva in giro tutte le voci.
"Dicono che è sempre stato un delinquente, rubava nelle case."
Giulia ascoltava senza pensare che tale notizia fosse vera. Potevano esserci mille ragioni perché chi diceva questo lo dicesse, e queste ragioni Giulia non poteva conoscerle, dunque il suo pensiero rimaneva neutro. Quello che era reale era ciò che era accaduto: l'indagine che aveva portato al blitz di cui gli Anteri avevano sentito il trambusto quella sera, la presenza l'indomani delle Forze dell'Ordine presso la Fattoria, le notizie sui giornali che definivano Felice un trafficante insieme ad un elenco di persone con nome e cognome.
"Prendono in affitto terreni e poi non pagano l'affitto. Perché il padre fa questo? Disonesto il padre e disonesto il figlio." Continuava la collaboratrice.
Giulia si limitava a commentare: "Hanno molti ettari di terreno e non capisco che bisogno abbiano di affittarne altri..."
Un giorno incontrò Gigliola sulla strada e fu inevitabile chiederle come andasse la faccenda di Felice sul piano legale, dando per scontato che lei sapesse di quanto Carmine aveva detto a suo marito. Gigliola, un tempo loquace e aperta, si mostrò in tutta la sua reale natura proferendo poche frasi: "Niente, lui ha spiegato tutto ed è tutto a posto."
Per Giulia ormai era chiaro che quell'amicizia non lo era mai stata e non provò nessun dispiacere, come non ne provava per l'amicizia di una vita interrotta bruscamente da Fabrizia.
Entrambe quelle persone avevano spazi di insincerità dentro di loro che non la riguardavano. Lei era in pace con sé stessa.
La vita non era trascorsa invano per Giulia Anteri, sempre presente alla realtà, lucida, chiara e leale, fino a rendersi spettatrice di certi spettacoli che certa gente aveva comunque voluto dare di sé, storditamente, come se non si rendesse conto delle azioni scorrette che compiva e delle conseguenze che queste sempre hanno.
Giulia registrava nella mente senza reagire quando la bassezza dell'azione era palesemente voluta. Lasciava che l'attore agisse fino in fondo. Perché mai reagire a qualcosa fatta in perfetta coscienza di voler colpire, oppure offendere, o sminuire, o denigrare, ogni reazione è inutile verso chi è in perfetta malafede, pienamente cosciente che ciò che sta dicendo o che sta facendo è falso, scorretto, ma lo fa anche per provocare una reazione da cui trarrebbe maggiore soddisfazione dal suo mal agire. 
A volte la giustizia avveniva per una strana legge che non esiste se non nella mente dell'Uomo e dunque può dirsi una costruzione filosofica: la legge del contrappasso. Non a caso se ne è servito anche Seneca per descrivere questa giustizia degli eventi, dunque è un pensiero sulle umane cose che l'Uomo ha avvertito già in antico.
Giulia si limitava a non dimenticare e a fare in modo che chi agiva male non avesse più nulla da lei lasciandolo avvoltolarsi nei suoi stessi errori.
Nel caso in cui il male era stato fatto ai suoi figli però aveva anche agito. Dopo aver sopportato, diremmo cristianamente, molto male su di sé e suo marito fatto da gente disonesta e sconsiderata, vedere azioni ignobili nei riguardi dei suoi figli le fu insopportabile.
Leggendo su un quotidiano nazionale cartaceo, che lei amava leggere, le lodi di una nota giornalista per una persona di cui lei conosceva le trame e le falsità al fine di farsi raccomandare ad un pubblico concorso vinto da sua figlia, dopo tanta fatica, sacrificio e lavoro, ed essere riuscita costei vergognosamente a rubarglielo, prese carta e penna e scrisse alla giornalista.

giovedì 25 gennaio 2024

La Sig.ra Anteri e altre mille vite - Romanzo - Cap. VIII

 La Sig.ra Anteri e altre mille vite

Capitolo VIII

Tornando nel casale dopo alcuni giorni trascorsi in città Giulia e la sua famiglia trovarono un grosso serpente dentro uno dei locali e, terrorizzati, lo uccisero. Alcuni di loro sostenevano che fosse una vipera, altri erano in dubbio per le dimensioni.
Giulia suggerì di far vedere la foto che avevano fatto all'animale morto a Gigliola e a Carmine perché, essendo del posto e in più lavoratori della terra, sicuramente avevano l'esperienza necessaria per saper riconoscere la natura del serpente.
Andarono dunque alla fattoria e dapprima parlarono con Gigliola la quale però guardò la foto ma non seppe dire se fosse una vipera o meno e chiamò in aiuto Carmine. Questi comparve con un attrezzo in mano uscendo da un capannone dove tenevano ammucchiati in grande disordine attrezzi agricoli e non. Giulia, dotata di naturale empatia e sensibilità verso il prossimo, notò che Carmine aveva un'aria seccata, malcelata da una cortesia di circostanza, e pensò che fosse perché l'avevano interrotto dalle sue incombenze lavorative, ma mentre suo marito gli parlava mostrandogli la foto del serpente per averne un parere quello, guardandolo con una strana malizia nell'espressione e parlando come fra sé e sé proferì: "Chissà questo quante ne avrà fatte..." Suo marito guardava la foto e parlava dunque non notò nulla, ma Giulia invece guardava in faccia Carmine e rimase colpita da quella frase fuori luogo domandandosi che senso avesse. 
Appreso che nemmeno Carmine sapeva dire se l'animale fosse o meno una vipera salutarono ed andarono via.
Giulia non disse niente a suo marito, conoscendo la sua naturale impermeabilità a qualsiasi cosa riguardasse il prossimo e il suo conseguente respingere ogni espressione di ognuno che non fosse esplicita ed inequivocabile.
Invece lei si chiese cosa avesse voluto dire quell'uomo apparentemente bonaccione nella sua agreste semplicità.
Era chiaro che quella frase sibillina voleva mettere in dubbio l'integrità di suo marito, ma su quale argomento? Suo marito era un intellettuale distaccato che aveva lavorato tutta la vita per la Scienza, con rigorosa onestà etica e morale. Cosa mai poteva passare per la testa di quel contadino che aveva ereditato tanta terra dal padre e non aveva saputo far altro che lavorarla senza trarne sicurezza e benessere, da ciò che lamentava sua moglie? Giulia pensò che quell'uomo vedeva il loro benessere e, non sapendo da dove venisse, la sua mente rozza e maliziosa supponeva in suo marito furbe disonestà, individuando in lui il capo famiglia, secondo una concezione patriarcale ed arcaica della stessa.
In realtà molto di quello che la famiglia di Giulia aveva costruito era iniziato dall'eredità del padre di Giulia, usata con parsimonia e fatta crescere con intelligenza e con l'apporto del lavoro di Giulia e del marito di lei, senza mai abbandonarsi a sprechi o voglie.
E alla riflessiva Giulia Anteri tornò in mente un altro aspetto di Gigliola che l'aveva sorpresa, perché quell'aspetto, che a lei proprio non apparteneva, non se lo aspettava in una donna di cui, evidentemente, si era fatta un'idea tutt'affatto diversa.
Erano sedute al tavolo della cucina della fattoria di Gigliola davanti all'usuale caffè e quella donna asciutta nei modi e nelle fattezze, dai modi essenziali fino a sfiorare la ruvidezza, la sorprese parlandole di vestiti e oggetti costosi e, con un lampo di cupidigia negli occhi, disse: "Poi quando vedi una cosa bella vuoi comperarla no?"
Giulia non poteva condividere quella voglia così apertamente confessata e convinta che fosse anche sua, da come Gigliola l'aveva detto, perché per tutta la sua vita aveva sempre misurato e comperato solo quello che poteva permettersi. Vedeva le cose belle, dato che il suo senso estetico le apprezzava, ma allo stesso tempo ne misurava il costo e il suo desiderio di possederle era tenuto sotto rigido controllo dalla coscienza delle sue possibilità economiche, sempre preservate per le cose essenziali.
Dunque sotto la scorza apparentemente frugale, quella che lei riteneva un'amica semplice e dal carattere forte, celava desideri e la conseguente frustrazione di non poterli realizzare.
Dovette dunque accettare quella che altrimenti avrebbe valutato una maldicenza quanto le disse una donna che effettuava servizi domestici in casa sua come in altre: "E' avida di soldi. La incontro sempre al bar dove compera quei "gratta e vinci" e ossessivamente li gratta sperando di aver vinto... Mi da fastidio guardarla per la frenesia che mette in quell'atto."
Giulia disse alla donna quello che pensava di quella che riteneva una vera dipendenza: "Se mettessero in un salvadanaio i soldi che spendono per quei pezzetti di carta a fine anno avrebbero la loro vincita."
Ma quel fatto riportatole dalla collaboratrice domestica non fece che aggiungere un tassello al mosaico deludente, per lei, di ciò che credeva fosse Gigliola.
Questa, peraltro, dopo l'episodio in cui Giulia aveva avvertito un imbarazzo ed una freddezza rispetto all'abituale semplicità di modi nell'accoglierla senza preavviso in casa con grande familiarità, non la chiamava più dal cancello della fattoria se la vedeva passare, facendo le viste di non avvertirne la presenza.. Giulia allora smise di chiamarla per prima.
Una sera dal casolare avvertirono un gran trambusto sulla strada: a Giulia e famiglia sembrò uno dei camion che caricavano ogni tanto i prodotti della terra della fattoria di Carmine, ma avvertirono un'agitazione esagerata. 
L'indomani videro un'auto dei Carabinieri ferma fuori dal cancello con dei militi fermi come di sentinella e un'altra della Guardia di Finanza all'interno del perimetro intorno alla casa.
Nessuno della famiglia di Gigliola si fece sulla strada come d'abitudine e né Giulia né nessuno della sua famiglia seppe darsi una spiegazione di tale presenza.
Seppero dai giornali che Felice era stato arrestato e che veniva definito "trafficante" di stupefacenti con altri.
Fu davvero un colpo per la Sig.ra Anteri e per i suoi familiari. Questa più che una piccola crepa era una voragine!

domenica 21 gennaio 2024

La Sig.ra Anteri e altre mille vite - Romanzo - Cap. VII

 La Sig.ra Anteri e altre mille vite

Capitolo VII

Oltre a ripetere più volte che lei non invidiava nessuno, Gigliola, soprattutto all'inizio della loro conoscenza, aveva detto frequentemente che se una persona è amica non deve parlare male dietro le spalle né credere alle cattive dicerie che vengono dette sul suo conto. Data la frequenza con cui aveva ripetuto questi concetti Giulia si era fatta l'idea che nel borgo, dove la sua amica viveva da sempre, giravano cattiverie e maldicenze come avviene quasi ovunque. Giulia le aveva detto sinceramente che lei non credeva alle dicerie e delle persone si faceva la sua idea, libera da ogni altrui influenza.
Aveva vissuto sulla sua pelle in modo traumatico nella sua gioventù l'effetto delle calunnie nate dall'invidia e dall'ostilità e come la gente vuole credervi al di là dell'evidenza, non solo per ignoranza o stupidità, ma anche perché credervi ad alcuni fa piacere, un modo per cancellare una persona dal panorama umano, o almeno ridurla a qualcosa di cui ridere e sentirsene superiori. E non importa se non è vero, anche se fatti reali smentiscono la calunnia, agli animi miserabili serve a sentirsi un poco meno del niente che sono.
In effetti Giulia aveva avuto già notizie negative proprio su Felice dalle persone che le avevano venduto il podere con il casale che poi lei aveva fatto restaurare.
Chi gliene aveva parlato male era persona stimabile, ma ugualmente Giulia non aveva in alcun modo alterato l'idea che poi si era fatta di Felice frequentandolo.
Per lei valeva solo la propria personale esperienza.
Ma certo aveva notato che Felice, come anche una delle figlie di Gigliola, Iolanda, se dovevano fare qualche lavoretto pagato nel podere di Giulia spesso non si presentavano agli appuntamenti né avvertivano, nel lavoro erano sciatti e tutt'altro che accurati... Insomma non dimostravano serietà negli impegni che prendevano né rispetto per chi li attendeva invano. L'atteggiamento era sempre amichevole e di grande leggerezza ma Giulia, pur comprendendo l'amore di madre di Gigliola verso Felice, non capiva il suo trovargli sempre giustificazioni, ed il suo vantare le sue capacità che spesso si dimostravano inesistenti.
Nelle sue innumerevoli imprese egli faceva mille mestieri, ma in uno in particolare riusciva bene: nel fare dolci. Lavorava anche in una pasticceria e Giulia andò a comperare dei dolci vantandone l'abilità anche davanti al gestore. Ordinò poi i dolci per un rinfresco in quella pasticceria facendo capire al gestore che era cliente per merito di Felice. Infine indicò ad amici e conoscenti quel negozio procurando altri clienti.
Parlandone con Gigliola, incontrata per strada, le fece i complimenti per Felice e per quella attività, pensando che forse era quella giusta per lui, qualora abbandonasse il disperdersi in mille piccoli mestieri... Invece di ringraziarla per l'apprezzamento per suo figlio, molto dovuto al sentimento di amicizia che Giulia provava nei suoi riguardi, Gigliola la sorprese rispondendole con una punta di vanità: "Ah! Ma lui piace a tutti! Tutti vanno da lui!"
Questo grande successo di Felice a Giulia non risultava e lei aveva voluto valorizzarlo vantandone le qualità anche nell'intento di aiutarlo.
Questo orgoglio di madre mal si attagliava con la preoccupazione iniziale delle dicerie che avrebbero potuto arrivare a Giulia e quel suo mettere le mani avanti.
Quello che le aveva detto chi le aveva venduto il podere era che suo figlio, della stessa età di Felice, aveva fatto con lui una società mettendoci i suoi soldi, poi era dovuto partire per un periodo e al suo ritorno aveva trovato che Felice aveva venduto la piccola impresa tenendosi anche la sua parte e le somme da lui investite erano andate perse. Insomma l'aveva descritto come un truffatore.
Giulia non avendo certezze sull'affare e pensando che ognumo parla secondo i propri interessi non aveva formulato dentro di sé alcun giudizio.
Finché un giorno Gigliola la informò insolitamente felice, dato che spesso si lamentava di truffe, raggiri e cattiverie che subivano dal prossimo e che causava loro mancati introiti e spese, che Felice aveva preso in gestione la pasticceria dove lavorava. La convivente, da cui aspettava il secondo figlio, sarebbe stata alla cassa. Giulia Anteri fece gli auguri sinceramente lieta della notizia. 
Stranamente però non trovò l'occasione di servirsi presso tale pasticceria per tutto il tempo della gestione di Felice. Non ci fu intenzione malevola in lei, quanto proprio un'assenza di occasioni, giacché in quel periodo Giulia e la sua famiglia dovettero recarsi spesso nella loro casa di città.
Quando tornarono nel loro casale di campagna ed incontrò Gigliola questa non fece parola dell'ennesima impresa del figlio, né se era andata male né se era andata bene. Giulia pensò che, data la vanteria sulle qualità di Felice, e la gioia che aveva dimostrato per questa gestione, qualcosa avrebbe dovuto dirlo: se era andata bene ed avrebbe continuato oppure se...
Dato il silenzio Giulia non chiese nulla sull'argomento, giacché aveva sentito già troppe crepe nell'iniziale idea che si era fatta di quella donna.
Vide, intanto, che Felice aveva ripreso la sua attività iniziale di agricoltore e Gigliola la informò che avevano preso in affitto un podere di molti ettari in una località non lontana dal borgo dove aveva la fattoria con sette ettari di proprietà indivisa dai fratelli del marito, facenti parte di una vasta proprietà di 21 ettari totali ricevuti in eredità dal suocero. Disse anche che avevano fatto ottimi contratti di vendita della loro produzione che comprendevano anche la gestione di braccianti e dunque che lei non avrebbe più dovuto andare a lavorare di braccia in campagna.
Giulia ne fu lieta.
Intanto qualche piccola crepa ella aveva colto anche in Carmine.