venerdì 7 settembre 2012

La strage di Annecy, un vero giallo


Archivio di Repubblica.it

Il mistero Iraqgate s' uccide in Inghilterra un altro scienziato

Ha detto alla moglie che usciva per una passeggiata, si è infilato nel bosco vicino a casa e lo hanno ritrovato morto: ufficialmente un suicidio, secondo la polizia, ma non tutti ne sono sicuri, perché la vittima era un noto scienziato, dipendente di un laboratorio "top secret" del ministero della Difesa britannico dove si studiano le armi non convenzionali, ovvero nucleari, chimiche e biologiche. Se avete buona memoria, e vi sembra di avere già sentito una storia del genere, non sbagliate: è accaduto nove anni fa, quando si tolse la vita il professor David Kelly, l' esperto di armamenti al centro dell' Iraqgate, il presunto imbroglio dell' allora governo laburista di Tony Blair per gonfiare il dossier sulle armi in possesso di Saddam Hussein e convincere il Parlamento ad approvare l' entrata in guerra del Regno Unito contro l' Iraq, al fianco degli Stati Uniti. Ebbene, è successo di nuovo: a un altro scienziato dello stesso laboratorio segreto, per di più collega ed amico del professor Kelly. E poiché c' è un partito di teorici della cospirazione ancora convinti che Kelly non si suicidò, bensì fu assassinato per mettere a tacere per sempre un uomo che sapeva troppo, ora qualcuno ha dei dubbi anche sulla fine del professor Richard Holmes, il suo collega ritrovato morto lo scorso weekend. Le somiglianze tra le due vicende sono impressionanti. E se una morte in strane circostanze può essere un caso, due fanno venire maggiori sospetti. Il professor Holmes aveva dato le dimissioni il mese scorso da Porton Down, il laboratorio segreto dove lavorava e dove aveva conosciuto Kelly, ma le autorità rifiutano di rivelare il motivo. Lo studioso aveva confidato agli amici di essere «fortemente stressato», ma neanche di questo si conosce il perché. Come Kelly, aveva una casa di campagna in cui passava spesso il fine settimana. Come il collega, l' avrebbe apparentemente scelta come luogo per uccidersi. E come nel caso dello studioso rinvenuto privo di vita nel 2003, anche in questa occasione ci sono delle ombre. Quando Holmes è scomparso e sono iniziate le ricerche, la polizia ha invitato la popolazione a stargli alla larga, affermando che lo scienziato aveva cercato su Internet «informazioni su come farsi del male con sostanze tossiche». Commenta la moglie: «Vi pare che uno scienziato che si occupa di armi chimiche abbia bisogno di andare sul web per cercare sostanze tossiche?». Nove anni fa un' inchiesta giudiziaria classificò il suicidio del professor Kelly come «morte non sospetta», cioè in cui nessun altro ha avuto parte. Apparentemente si era ucciso per la vergogna di essere stato indicato dal ministero della Difesa come la "gola profonda" che aveva rivelato alla Bbc che il dossier governativo sulle armi irachene era stato «reso più sexy» da Downing street.È lo stesso certificato che viene dato per il momento alla morte del professor Holmes. Ma da tempo ci sono richieste per riaprire le indagini sulla morte di Kelly. Non è la prima volta che Porton Down è invischiato in un giallo. Tre anni or sono, centinaia di veterani di guerra britannici hanno ottenuto compensazioni per essere stati usati come cavie per la guerra chimica dal laboratorio in cui lavorarono Kelly e Holmes: furono sottoposti a un test con il Sarin, un gas sviluppato dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, e soffrirono di gravi disturbi. Gli avevano detto che si trattava di un test per un rimedio al raffreddore.
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ENRICO FRANCESCHINI LONDRA




Il 13 gennaio scorso Steven Rawlings, studioso e professore di astrofisica, viene ritrovato morto nel bungalow del suo collega e amico Devinder Sivia. Attacco cardiaco viene inizialmente dichiarato. Ma le ecchimosi presenti sul corpo del professore fanno pensare ad un omicidio. Con un unico indiziato. A distanza di 9 anni la morte dello scienziato ne fa tornare alla mente un’altra, con tanti punti in comune.
di Claudia Migliore
13 gennaio 2012 in un piccolo bungalow a Southmoor (Oxfordshire) viene ritrovato il corpo di Steven Rawlings  scienziato e  professore di astrofisica al St. Peter College di Oxford.
Steven Rawlings ha 50 anni, è professore di astrofisica e  fisica, studia la materia e l’energia oscura all’Università e per la Nasa. E’ sposato. E’ tra i più amati professori del collage e tra i più stimati nel mondo scientifico. Una vita tranquilla e soddisfacente. Apparentemente.
Davinder Sivia ha 49 anni è, secondo la nomenclatura inglese “mathematic stipendiary lecturer”. Nelle nostre gerarchie accademiche sarebbe qualcosa di poco più di un cultore della materia, nel college di St. John dove lavora è poco meno di un ricercatore. Non è professore, lui.
Steven e Davinder si conoscono da più di trent’anni. Frequentano l’Università di Cambridge insieme. Il primo di famiglia inglese, il secondo proveniente da una famiglia indiana trasferitasi in Inghilterra quando Davinder ha appena 5 anni.
Le loro strade non si dividono mai e nel 1999 scrivono insieme un testo scientifico “Foundation of science mathematics”. Sono amici Steven e Davinder. Di quelli veri. E sono insieme anche la notte del 13 gennaio.
Se Aghata Christie fosse ancora viva questa storia non se la sarebbe persa e quello che è accaduto avrebbe potututo essere oggetto di un suo romanzo.
E’ il 13 gennaio del 2012. Steven e Davinder vanno a cena insieme. Come tante altre volte prima di allora. Ma questa volta Davinder è preoccupato. Per la salute di Steven. Lo vede stressato, il lavoro all’Università, la NASA sono impegni importanti. Steven ha avuto un collasso ed un esaurimento nervoso poco tempo prima. E Davinder è suo amico. La cena finisce tardi e Davinder offre a Steven il suo appartemento. E’ li che accade tutto. Una discussione, una lite forse. Steven è agitato, molto, troppo. Ha un collasso e si accascia. Sivia chiama il 999 e i vicini ma Rawlings è ormai già morto. Dopo un primo controllo che rileva i lividi sul corpo del professore la polizia arresta Davinder Sivia immediatamente per poi rilasciarlo in attesa degli esiti dell’autopsia che saranno comunicati giovedi prossimo.
David Kelly e l’Iraqgate 9 anni e appena 6 miglia separano quello che è accaduto nel bungalow di Southmoor da un’altra morte.
E’ il 18 luglio 2003. Ad Abingdon, nell’Oxfordshire, viene ritrovato il cadavere di David Kelly, scienziato esperto di biotecnologie e genetica, impiegato al Ministero della Difesa ed ex-ispettore dell’ONU in Iraq. Sono passati solo pochi mesi da quando nella popolare trasmissione radiofonica “Today programe” della Bbc il giornalista Andrew Gilligan racconta al popolo inglese dell’esistenza di un dossier che getta ombre e dubbi sulla veridicità della documentazione riguardante le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein e di conseguenza sulla necessità dell’intervento armato del Regno Unito in Iraq.
David Kelly viene ritrovato con un polso tagliato e con accanto un coltello e una boccetta di antidolorifici. Si tratta di suicidio secondo gli inquirenti. E la famiglia conferma lo stato di stress in cui versava lo scienziato. David Kelly muore il 13 luglio 2003 e il giorno dopo la BBC confessa che era lui la talpa che aveva rischiato di far cadere il Governo inglese.
Il 28 gennaio 2004 il caso viene definitivamente chiuso. Nessun responsabile per la morte di Kelly. Il servizio della Bbc “è infondato”. Lo scienziato si è suicidato.
Sono passati 9 anni e forse non tutti ricordano questa storia ma soprattutto non tutti avranno fatto caso alle strane coincidenze tra le due morti. David Kelly è stato trovato morto a pochi chilometri dal bungalow in cui è stato ritrovato Rawilngs. David Kelly era uno scienziato e studioso come Steven Rawlings e aveva lavorato alla NASA. David Kelly conosceva Devinder Sivia. Erano ex colleghi proprio alla NASA dove Sivia lavorò per 3 anni.
E’ chiaro, sono solo coincidenze, nulla di più. Ma erano davvero troppe per non parlarne qui ed oggi.

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Da: Terra News

Susan Dabbous
INGHILTERRA. Saddam Hussein non aveva armi di distruzione di massa. L’ex premier inglese ha dovuto spiegare davanti a una commissione d’inchiesta perché attaccò l’Iraq. 
(omissis)
Probabilmente i libri di storia ricorderanno Tony Blair più per la sua conversione al cattolicesimo nel 2008 che per l’aver portato l’Inghilterra in guerra contro l’Iraq nel 2003,
(omissis)
La guerra in Iraq, dove Londra inviò 45mila uomini, resta uno dei momenti più controversi nei 10 anni di Blair. Perché la Gran Bretagna diede l’ok a quell’attacco senza l’avallo delle Nazioni Unite? Perché attaccare senza la prova dell’esistenza delle famigerate armi di distruzione di massa? E ancora, esisteva un accordo segreto col presidente americano per aprire il conflitto a prescindere? 
(omissis)
Il leader radicale Marco Pannella nel 2003 animò un concreto tentativo di esilio concordato.
Secondo la sua documentazione Saddam aveva accettato l’esilio, ma Bush, Blair (e Berlusconi) scelsero di scatenare egualmente la guerra ignorando tutti i segnali diplomatici. Blair ha poi negato di aver mai stipulato «accordi segreti» con George W. Bush sull’intervento militare. Secondo più testimoni, fra cui l’ambasciatore britannico a Washington Christopher Meyer, Blair avrebbe invece promesso l’appoggio militare al presidente americano sin dall’aprile 2002, in occasione di un incontro nel suo ranch texano di Crawford.
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Da: Repubblica.it

ESTERI

Il giallo di Annecy

Lite per l'eredità o spy story internazionale? È ancora un mistero la strage della famiglia inglese in Francia. E Parigi chiede aiuto ai servizi segreti di Sua Maestà

di PAOLO GRISERI


Mai credere a una sola pista, ammoniscono alla prefettura. Ma è certo che per il massacro di mercoledì pomeriggio a Chevaline, nei boschi sopra il lago di Annecy, l'ipotesi della lite per l'eredità tra due fratelli sembra quella più solida.

In alternativa c'è sempre lo spionaggio internazionale, legato all'origine irachena della famiglia sterminata e al mestiere di Saad al Hilli, il padre, ingegnere informatico e direttore di un agenzia per la mappatura aerea.

Quel che appare certo è che la verità può arrivare solo dal confronto tra quel che hanno scoperto gli uomini della gendarmerie francese e quanto conoscono della famiglia i loro colleghi di Scotland Yard che hanno perquisito la casa nel Surrey dove al Hilli abitava insieme alla moglie e ai figli.

E forse il movente del delitto potrebbe essere proprio quella villetta a sud di Londra, valore stimato un milione di euro, che sarebbe la parte principale dell'eredità contesa tra al Hilli e il fratello.

Quest'ultimo si è precipitato in mattinata alla polizia londinese protestando la propria innocenza. Avrebbe negato la lite con il fratello scoppiata un anno fa alla morte del padre.

Ma anche di di essere coinvolto nella strage. Si potrà forse caprine di piú quando la piú grande delle due figlie scampate all'eccidio uscirà dalla sala operatoria dove ieri è tornata per un nuovo intervento alla testa.

Sono scarse invece le possibilità che la piccola Zeheba,
di 4 anni, possa essere decisiva nelle indagini: "Non ci ha detto di più di quel che aveva già raccontato al momento del ritrovamento", ha detto il procuratore di Annecy, Eric Mallaud.

La bambina è rimasta otto ore nascosta sotto il corpo della madre senza che nessuno degli inquirenti accorsi sul posto alle 16 si fosse accorto di nulla. Solo grazie alla segnalazione di una famiglia di campeggiatori scozzesi è sorto il dubbio sulla sua esistenza.

Gli scozzesi erano vicini di tenda della famiglia uccisa: "Le loro bambine giocavano con le nostre, sono due non una sola", hanno spiegato mercoledì pomeriggio agli agenti.

Che a mezzanotte sono tornati sul posto e l'hanno scoperta, ancora nascosta sotto le gambe della madre morta. Ieri la polizia ha liberato i blocchi che impedivano di raggiungere il luogo del delitto.

Un piccolo spiazzo nella boscaglia dove si scorgono ancora pezzi di vetro sparsi nel luogo in cui era parcheggiato il suv della morte.

Un luogo particolarmente isolato dove solo chi ha volutamente seguito la famiglia poteva intervenire sapendo di non essere scoperto. "Chi ha sparato lo ha fatto per sterminare tutti", ha detto il procuratore.

Che per questo ha ipotizzato due accuse diverse: quella di omicidio per l'assassinio di padre, madre e suocera, e quella di tentato omicidio per il ferimento della figlia più grande di sette anni. Dall'autopsia si cerca di sapere se a sparare sia stato un solo assassino o se siano intervenuti diversi killer.
(07 settembre 2012)

Da: Il Giornale.it

Una famiglia britannica sterminata sulle Alpi francesi

Giallo in Alta Savoia. Padre, madre e nonna trovati uccisi all'interno di un'auto. Salva la bimba di 4 anni. Spunta la pista del fratello per una questione di soldi


Sono sopravvissute soltanto loro, due bimbe, due sorelline di 7 e 4 anni, al terribile massacro della loro famiglia nei pressi del lago di Annecy, sulle Alpi francesi, un crimine spietato e al momento ancora misterioso nel movente.
I loro genitori, Saad al-Hilli, 50 anni, nato a Baghdad, e la moglie Iqbal, di poco più giovane, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco insieme alla nonna, che aveva passaporto svedese, nella loro auto, mentre erano in vacanza in un camping dell’Alta Savoia: una sorta di esecuzione.
Venivano da Claygate, nel Surrey, periferia sud di Londra, e pochi giorni prima, come tante famiglie inglesi, si erano imbarcati sul ferry per la Francia, dove amavano trascorrere le vacanze. La bimba più grande, Zaina, 7 anni, è rimasta gravemente ferita, ma la sua vita non è in pericolo, mentre Zehab, 4 anni, è miracolosamente scampata alla strage restando nascosta per ore, paralizzata dal terrore sotto il corpo senza vita della madre.
Nella strage ancora inspiegata è rimasto ucciso anche un uomo di una quarantina d’anni, che abitava in un comune vicino e passava sul luogo del crimine in bici. Forse ha assistito alla scena ed è stato freddato dagli assassini. I corpi delle vittime sono stati trovati ieri pomeriggio, poco prima delle 16, nella Bmw con targa inglese parcheggiata su una strada in un bosco del comune di Chevaline. La famiglia stava trascorrendo le vacanze in un campeggio di Saint-Jorioz, in Alta Savoia. A scoprirli è stato un ciclista inglese, un ex della Royal Air Force, che ha prima soccorso la bimba ferita e poi ha trovato i quattro cadaveri. Probabilmente la strage era stata compiuta pochi minuti prima. Sul posto sono stati ritrovati quindici bossoli di una pistola automatica.
La bimba ferita è stata subito trasportata all’ospedale di Grenoble, dove si trova ancora in coma farmacologico e dovrà essere rioperata. Ha il cranio fratturato ed è stata colpita da alcune pallottole alla spalla. Solo otto ore più tardi, invece, durante la notte, sono stati rimossi i corpi dall’auto. È a quel punto che è stata trovata l’altra bambina, miracolosamente incolume. La bimba si era nascosta sotto i corpi della madre e della nonna e tra alcuni bagagli. Ora gli agenti sono sotto accusa per non aver controllato prima l’interno della vettura. La gendarmeria di Chambery aveva deciso di "congelare" la scena in attesa di tecnici da Parigi, è stato spiegato. Il procuratore di Annecy, Eric Maullaud, ha riferito che la piccola era "totalmente invisibile" e "immobile" e che è passata inosservata anche ad una telecamera termica. Una volta liberata la bimba, "molto felice di essere tra le braccia degli inquirenti", è stata trasferita in un reparto pedopsichiatrico e sta già cominciando a parlare.
Il padre assassinato era conosciuto dai servizi di intelligence britannici. Lo rivela il sito web del quotidiano britannico The Daily Mail, citando un suo vicino che ha parlato in condizione di anonimato. I servizi di intelligence avevano messo la vittima sotto sorveglianza nel 2003 durante l’intervento americano in Iraq, ha detto questo vicino al Daily Mail, affermando di averlo ospitato in quel periodo. I servizi di intelligence si sono rifiutati di commentare lanotizia, affermando che la vittima non è stata ancora formalmente identificata.
Intanto spunta la pista del denaro nel massacro di ieri ad Annecy. Saad al-Hilli, una delle 4 vittime, avrebbe avuto un litigio per questioni di soldi con il fratello.

"Mai credere a una sola pista, ammoniscono alla prefettura." Ipotesi a parte, rimane difficile pensare che il fratello non sapesse che c'era un'altra bambina e se ne sia andato senza cercare di eliminarla ... ma con sangue freddo incredibile, da perfetto killer, ha eliminato il povero ciclista francese capitato lì per caso... 

La filosofia di vita di Schettino


Concordia: Schettino, "Fabi', ci mettim a fa' nat lavoro!"

Concordia: Schettino, Fabi, ci mettim a fa nat lavoro!
07 SET 2012
(AGI) - Roma, 7 set. - "Praticamente stiamo imbarcando acqua, tanto e' calma piatta, e poi Dio ci pensi..dobbiamo solo mettere i passeggeri a mare, se ci mandate dei mezzi per cortesia...con molta velocita". Sono le 22.32 e 45 secondi del 13 gennaio e la Costa Concordia ha impattato sullo scoglio dell'Isola del Giglio da quasi un'ora. E' Francesco Schettino a parlare al telefono con la Capitaneria di porto di Livorno, come risulta da un'anticipazione della perizia suppletiva della scatola nera, pubblicata da La Stampa. I passeggeri, scrive il giornale, inizialmente informati solo del black-out e non della collisione, iniziano a scendere sulle scialuppe prima ancora "dell'emergenza generale" per l'abbandono della nave. Schettino, pressato dagli ufficiali, si decidera' a renderlo esecutivo solo ale 22.43 e 12 secondi.
 
Il comandante, sottolinea La Stampa, tergiversa sia nell'ordinare l'abbandono della nave sia nel lanciare il cosiddetto 'distress', cioe' la richiesta di soccorso. Alle 22.30 e 43 secondi qualcuno gli chiede: "Diamo l'emergenza generale?". E un altro: "Abbandono nave?". Ma lui frena: "Aspetta come siamo con...". Il caos sulla nave, intanto, cresce e alle 22.30 il safety officer Pellegrini incalza: "Diamo l'emergenza comandante?". A ruota anche l'environmental officer Di Lena domanda: "Che facciamo?". Alle 22.33 Schettino informera' Ferrarini (manager delle emergenze Costa, ndr) di aver dato l'emergenza generale.
  Ma, prosegue La Stampa, sulla nave succede altro perche' "chi e' sulla plancia non ricorda i codici d'emergenza". I periti nominati dal gip Valeria Montesarchio sottolineano nella bozza: "Voci cercano i codici d'emergenza per dare l'allarme, non conoscono i codici d'emergenza".
Passa cosi' altro tempo prezioso e alle 22.51 finalmente scatta l'ordine. Schettino: "Oh, lo vogliamo dare quest'abbandono nave...?". Poi corregge: "Diamo d'abbandono nave dai, basta cosi'! No, piu' che abbandonare nave dici 'mettiamo i passeggeri a terra...'".
  Il comandante ha pero' ormai pienamente capito la gravita' dell'accaduto, tanto che alle 23.08 confessa (presumibilmente alla moglie Fabiola): "Fabi', ho finito la mia carriera di comandante". Poi la rassicura, anche se disperato: "Fabi' nun te preoccupa'...e togliamo questo navigare da mezzo e ci mettim a fa' nat lavoro...". (AGI) .

Senza parole... come si scrive sotto certe barzellette la cui assurdità comica è esplicita.
Solo che qui non vi è nulla da ridere perché questo è un Pulcinella tragico. Se avesse fatto il suo dovere e dato l'allarme subito molte persone sarebbero sicuramente ancora in questo mondo con i propri cari. 

Bobo dice che.....


Da: Il Tempo.it

Bobo Craxi: "L'America voleva cambiare regime in Italia"

di Maurizio Gallo Intervista a Bobo Craxi: "Gli Stati Uniti volevano cambiare regime in Italia".

L’attacco vero era all’autonomia dell’Europa e ai suoi alfieri. Nel Belpaese tra loro c’erano Bettino Craxi e Giulio Andreotti. E, «se le rivelazioni dell’ex ambasciatore americano Reginald Bartholomew fossero state pubblicate prima, si sarebbe reso un gran servizio alla democrazia e sarebbe stato possibile per l’Italia diventare un Paese normale». Bobo Craxi, che fu sottosegretario nel governo D’Alema, commenta così lo scoop del corrispondente Usa de «La Stampa» Maurizio Molinari sull’inchiesta Mani Pulite.
Che succede, onorevole?
«Succede che, dopo vent’anni, emergono i fatti nella loro interezza. E si tratta di rivelazioni impressionanti e, direi, scandalose. Ci fu un’evidente influenza straniera sull’azione dei giudici contro i partiti di governo dell’epoca. Noi lo dicevamo e oggi lo conferma un importante diplomatico, che si accorse dello strano intreccio fra il console Usa a Milano e i pm».
Era una cosa che già qualcuno sapeva?
«In quegli anni si sospettava che il console fosse il capo di una sorta di "cellula" che aveva orientato in perfetto stile sudamericano l’azione giudiziaria. Ma non si pensava fino a questo punto...».
Ha mai avuto occasione di parlare dell’inchiesta su Tangentopoli con i pubblici ministeri che la gestirono?
«Recentemente mi sono ritrovato assieme a Gherardo Colombo in un dibattito pubblico e gli ho detto che ormai quella "guerra" era finita e che sarebbe stato bene se i suoi protagonisti avessero rivelato come veramente andarono le cose. Aggiunsi che si diceva che lui fosse legato alla Cia e Di Pietro al Fbi. D’altra parte Di Pietro era stato negli Usa ben quattro volte durante l’inchiesta...».
E lui?
«Lui non smentì. Sbiancò in volto, ma non disse nulla, non replicò».
Perché Bartholomew ha detto quello che ha detto?
«Rientrata l’emergenza Mani Pulite, Bartholomew fece sparire le prove, come avviene in tutti i colpi di Stato. Alla fine della sua vita ha voluto levarsi un peso, probabilmente, rendendosi conto che il coinvolgimento Usa si era spinto troppo in là».
Ma le tangenti c’erano. Questa non era un’invenzione...
«Certo. Non si può negare la degenerazione del sistema partitocratico, che, peraltro, è aumentata in misura industriale con la seconda Repubblica. Però si creò un vuoto politico con influenze extraistituzionali ed extranazionali. Ora non c’è più dubbio».
Qualcuno pensa che l’episodio di Sigonella segnò una frattura collegata all’atteggiamento americano durante Mani Pulite. Le risulta?
«No. Tutto nasce dall’89, dalla fine della logica di Yalta, che ha imposto agli Usa un altro orientamento. Era utile sbarazzarsi di alcuni leader, come Andreotti e Craxi in Italia, che avevano contribuito a costruire l’Europa. Quelli che mostravano una certa autonomia dagli Stati Uniti, anche se non erano sleali o infedeli».
La Cia ebbe un ruolo importante?
«Sicuramente. Lo spiega anche Bartholomew, sottolineando le ragioni si sicurezza interna e internazionale. Ricordo un bellissimo discorso all’Onu del presidente cileno Salvador Allende nel 1972, in cui delineava con lungimiranza questo sistema, sottolineando come forze economiche sovranazionali che non rispondevano alle regole democratiche erano in grado di orientare e distruggere le sovranità nazionali dei Paesi».
Lo scopo era cambiare un «regime» con un altro?
«Esatto. E la sinistra comunista vi contribuì».
Perché?
«Mani Pulite parte da sinistra e finisce a destra. L’idea originale, coltivata dai comunisti, era quella di un’azione liberatrice dalla partitocrazia che si è conclusa nel populismo più becero. Un populismo tuttora presente in personaggi come Berlusconi, Di Pietro e Grillo. I comunisti commisero un errore clamoroso: pensarono di approfittare di tangentopoli per eliminare il "pericolo" socialdemocratico e s’inebriarono di quella sbornia. Bisogna ricordare che i rapporti di forza elettorali fra socialisti e comunisti erano quasi in equilibrio nel ’92. I comunisti, spaventati da una leadership socialista della sinistra intera, si vendicarono su mio padre. E ci fu anche un effetto pardossale...».
Quale?
«Chi aveva spinto l’Europa verso l’89, verso la dissoluzione del blocco comunista, usciva sconfitto dalla guerra fredda e dalla logica di Yalta. Tra loro, c’erano mio padre e i socialisti».
Come sarebbe andata senza queste influenze, secondo lei?
«Nel ’92 un governo di unità nazionale di Dc, Psi e Pds avrebbe portato a un sistema politico totalmente europeo. Ed era questo che si voleva evitare. Come sarebbe andata? Saremmo rimasti o diventati un Paese normale. Scelga lei il termine più adatto...».

Mi sono sempre chiesta se all'anagrafe è registrato proprio come "Bobo", se così fosse sarebbe un'indicibile cattiveria da parte dei suoi genitori perché è un nome da cane. 
Stessa cosa per Chicco Testa: un vecchio che si trascina un nome da neonato! Boh?!
Ma andiamo all'intervista. Può essere che quello che dice l'ex-ambasciatore USA sia vero: senza prove certe si può credere tutto ed il contrario di tutto ... Ma al di là di ciò non è che suo padre e altri con lui sono stati processati senza prove certe! Le prove c'erano e ci sono tutte negli atti dei processi e, finché non gli daranno fuoco, continueranno ad esserci!
Dunque complotto o non complotto, dietrologia a parte, suo padre è stato dichiarato un ladro ed è fuggito in Tunisia ed è morto da latitante.
Perché si è comportato così? Perché voleva per il suo partito le tangenti per consentire alla gente di lavorare in Italia?
Perché così facendo ha drogato l'economia italiana facendo lievitare enormemente la spesa pubblica?
Bobo, guarda che la spesa pubblica la paga il popolo. Tuo padre, Bobo, non è stato condannato con prove false costruite da qualcuno e, se voleva il bene del suo Paese e dell'Europa, poteva non chiedere tangenti e non sarebbe morto da latitante. 

Stefania e Bobo Craxi: poltrone politiche ereditarie sempre pagate dal popolo

Stasera RAI 3 Anna Scalfati h. 23:45


ANSA/ TV: ANNA SCALFATI,TORNA PERCORSI E RACCONTA ITALIA DI OGGI DAL 7/9 SU RAI3, VOCE ALLE PROPOSTE DI CHI E' ESCLUSO DAI MEDIA

(ANSA) - ROMA, 28 AGO - Le baby gang, l'allarme amianto, le cattedrali nel deserto, la droga, il sesso violento, l'illegalita', la negazione dei diritti, le istanze dei 'diversi': dalle ''emergenze non finite'' del Paese riparte 'Percorsi', il programma ideato e condotto da Anna Scalfati, con la collaborazione di Nicola Sassano, che torna su Rai3 il 7 settembre, il venerdi' alle 23.45 per cinque appuntamenti.

Partita dall'esperienza pasoliniana dei 'Comizi d'amore, la trasmissione e' nata nel 2003 ed e' andata in onda con successo fino a giugno 2008, realizzando centinaia di filmati sui temi sociali e di costume al centro del dibattito di questi anni.

''Ci siamo resi conto - racconta Anna Scalfati - che in questi materiali c'erano tanti spunti per un racconto aggiornato del nostro paese, tanti segnali di fenomeni che si sono poi sviluppati e oggi sono anche piu' familiari al pubblico della tv, che li vede trattati sui giornali. E' un racconto 'politico' nella misura in cui affronta alcuni problemi, ma avanza anche proposte, che spesso arrivano da giovani di 30-40 anni che non si sono iscritti ai partiti, ma sono ugualmente impegnati sul territorio e chiedono con forza un cambiamento, anche se non vanno a urlare in tv''.

In uno studio sobrio (''siamo un programma a costo zero'', sottolinea Scalfati), 'Percorsi' proporra' infatti interviste a personaggi normalmente esclusi dai media: nella prima puntata tocca a Marco Omizzolo, presidente provinciale di Legambiente Lazio. ''Marco - racconta la giornalista - ha 36 anni, viene da una famiglia modesta, ha conseguito la laurea e due master e viene a parlarci della sua esperienza di giovane che ha scelto la strada delle associazioni per lavorare per la ricostruzione politica e sociale del Paese''. Nella seconda puntata la testimonianza sara' quella di Giuseppe Pagano, responsabile dell'associazione Libera a Casal di Principe: ''Ci raccontera' - anticipa Scalfati - l'Italia che ogni giorno ha a che fare con l'illegalita', si misura con la paura, ma puo' vantare il coraggio di chi ha scelto di restare e di lottare sul suo territorio''.

Al ritorno sul piccolo schermo dopo alcuni anni in cui ha conciliato il giornalismo con l'impegno da consigliere comunale a Sperlonga, Anna Scalfati non nasconde le difficolta' della collocazione: ''Andiamo in onda in un orario che puo' intercettare spettatori in 'libera uscita' da altre proposte. A me piacciono le sfide: spero di ritrovare il mio pubblico, uno zoccolo duro grazie al quale portare avanti questa esperienza. Altrimenti, senza incolpare nessuno, accettero' che i gusti sono cambiati''. (ANSA).