giovedì 28 dicembre 2023

La Sig.ra Anteri e altre mille vite - Romanzo - Cap. VI

La Sig.ra Anteri e altre mille vite

Capitolo VI

Se un'amicizia durata 60 anni le aveva riservato la sorpresa di finire per volontà di Fabrizia, come poteva ancora Giulia Anteri stupirsi che persone conosciute ormai in tarda età, e da lei reputate amiche, in pochi anni si fossero rivelate diverse da come lei le aveva credute?
Eppure Giulia non era una stupida, ma la sua natura lineare e leale, nonostante l'esperienza di vita, continuava a proiettare sugli altri, inevitabilmente, una uguale linearità che però negli altri non sempre esisteva.
Aveva conosciuto Gigliola perché confinante con un suo podere di campagna. Aveva una decina di anni meno di lei e, nonostante avesse passato da tempo la sessantina, aveva un fisico snello di ragazza, capelli lasciati senza tinture al bianco ormai naturale e il viso, solcato da rughe che Giulia non aveva, cotto dal sole della vita contadina che aveva condotto tutta la vita.
Suo marito gliel'aveva indicata con ammirazione per come guidava con maschia disinvoltura il trattore. Un giorno con quel trattore li aveva aiutati a tirare fuori la loro auto impantanata nel fango formatosi per la pioggia. Da lì era nata un'amicizia. O almeno quella che Giulia credeva tale...
A lei piacevano la schiettezza di Gigliola, la sua intelligente conversazione, i suoi modi che la facevano sembrare una signora-bene più che una donna che lavorava la terra. Inoltre le bastava cambiare gli abiti da lavoro e mettersi un tubino blù per apparire proprio anche meglio di una signora borghese.
Se Gigliola le regalava prodotti delle sue coltivazioni Giulia contraccambiava con piccoli doni nelle ricorrenze delle festività.
La prima stranezza la registrò proprio in una di queste ricorrenze. Era andata a casa sua con qualche dolce della tradizione natalizia acquistato insieme ad un barattolo di ceramica con chiusura ermetica, adatto alla conservazione di cose da tenere in cucina. Questo perché avesse qualcosa che rimanesse e non finisse come altri doni per essere mangiato o bevuto.
Vi trovò una delle sue figlie, che non viveva nella casa colonica ma spesso, come un po' tutta la sua numerosa prole, era lì dalla madre e dal padre.
"Mamma l'ho spinta ad andare a farsi una passeggiata al lago, - disse con un viso contrito a Giulia - per distrarsi un po'.."
Non accadeva mai che Gigliola andasse a fare passeggiate, spesso lamentava la fatica e un poco di stanchezza per il lavoro, per qualche difficoltà economica, ma il tono e l'espressione di Rosa volevano esprimere qualcosa di nuovo e di più che sua madre aveva dovuto sopportare. Mentre parlavano sulla porta di casa, sempre aperta, Giulia intravide la figura di una donna incinta che sfaccendava in cucina. Capì chi era e, insieme alla sorpresa di vederla in quella inusitata attività domestica in quello che era il regno di Gigliola, le si affacciò il ricordo di recenti confidenze che la sua amica le aveva fatto.
Sedute davanti ad un caffè che, invitata da Gigliola, Giulia prendeva volentieri, la donna le aveva espresso le sue doglianze sul suo figlio più piccolo in ordine di nascita. Era questi un omone di circa 40 anni a cui il lavoro di agricoltore stava stretto, tentando per questo varie avventure di imprenditore. Anche la sua vita sentimentale subiva la stessa irrequietezza, Gigliola e suo marito Carmine le avevano infatti confidato che pur non essendosi mai sposato Felice aveva una figlia adolescente che viveva con sua madre, "una povera ragazza di paese", come l'aveva definita Gigliola, ma che spesso era lì dai nonni paterni con i quali aveva buoni rapporti. 
"Ora ha messo incinta quest'altra!" Confidò contrariata la donna. "Pensano di andare a vivere insieme."
Sapendo che il figlio abitava ancora con loro Giulia chiese: "Dove?"
Allora Gigliola fu categorica dicendo con fermezza: "Ah! Non lo so! Si sistemeranno una vecchia casa del padre di lei in paese e andranno lì". E fece spallucce sottolineando così che la cosa proprio non la riguardava.
Ora, vedendo quella nanerottola gonfia di una gravidanza arrivata a termine darsi da fare nella cucina di Gigliola, Giulia capì il suo malessere e l'aria imbarazzata e al tempo stesso un poco afflitta di Rosa nel comunicarle che la madre, stanca, era uscita per distrarsi in una inusuale passeggiata.  
Lasciò i doni con gli auguri e salutò Rosa che la ringraziò dicendo: "Poi mamma ti chiamerà."
Ma Gigliola non la chiamò e Giulia non seppe mai se quel bel barattolo di ceramica artistica con chiusura ermetica le fosse piaciuto...
"E' chiaro che non sapendo dove andare suo figlio, nell'imminenza del parto, le ha schiaffato la "fidanzata" in casa, contrariamente a quello che Gigliola sperava." Pensava Giulia Anteri. Ma pensava anche: "Per quanto sia contrariata nulla esime che mi chiami per dare segno che non è Babbo Natale che le ha portato quei regali!"
Questo le fece tornare in mente un altro di quegli episodi che contrastavano con l'immagine che Gigliola aveva voluto dare di sé a Giulia: sempre con la porta aperta le diceva che non doveva bussare, ma entrare e basta, cosa non naturale per Giulia così cittadina, ma che conosceva quegli usi di vivere con la chiave sulla porta per chiunque, tipico dei contadini del paese in cui erano nati i suoi genitori. Non importava poi l'ora a cui presentarsi nella casa in mezzo al suo podere, tanto, diceva, non avevano precisi orari per mangiare...
Invece un giorno che Giulia pensò di andare a prendere il caffè, a cui così spesso Gigliola la invitava, alle h. 14:30 li trovò tutti seduti a tavola ed ancora in pieno pasto. Fu tangibile l'imbarazzo di Giulia che si scusò, ma altrettanto imbarazzo sentì nei commensali, figli e marito della donna schietta che Gigliola sembrava.. Nonostante l'evidente mancanza della solita accoglienza informale fu invitata a rimanere "Tanto avevano finito" e Gigliola iniziò a preparare il caffè. Quando Giulia vide che la sua amica aveva preparato una sola tazzina le chiese: "E tu?" E lei un po' bruscamente disse: "Io l'ho già preso". Questo fece sentire Giulia ancora di più un'intrusa capitata a sproposito. Inutile fu accettare che "non avevano orari dei pasti", cosa anche possibile dato il lavoro mutevole dell'agricoltura, in Giulia era rimasta una sensazione di non spontaneità, a cui seguirono i continui dinieghi di Gigliola ai suoi "Vieni tu qualche volta a prendere il caffè da me" in risposta ai suoi inviti.
Gigliola era venuta in casa di Giulia solo poche volte.
Un giorno che dovette portare dei soldi a Felice per un lavoretto che aveva fatto per la sua casa vi trovò la donna incinta che le disse: "Io sono la fidanzata di Felice." Senza imbarazzo per la sua situazione non certo di "fidanzata". Nonostante i tempi sempre più confusi dei rapporti umani e sentimentali Giulia Anteri manteneva chiarezza di idee e di ruoli, e considerò la cosa con una certa ironia dentro di sé.
Un giorno, all'immissione da una strada laterale sulla strada principale dove Giulia stava facendo una breve passeggiata, sbucò l'autocarro guidato da Carmine con una certa baldanza e quasi sfiorando Giulia, che ebbe un moto di spavento per la sorpresa, mentre incrociava lo sguardo e il sorriso malignamente divertito di Gigliola che sedeva accanto al marito.
Un'altra strana reazione della sua amica ad un suo sobbalzare provocato dal suo autocarro: nessun cenno di saluto, men che meno scusarsi.
Di codeste stonature nei 60 anni di amicizia con Fabrizia ce ne erano state tante, ma un'amicizia nata nella prima gioventù mette radici più profonde perché tante sono poi le cose che si vivono insieme. 
Di questa donna, che Giulia aveva voluto pensare amica per la sua apparente veridicità, notava sempre più piccole contraddizioni.
Una cosa che Gigliola aveva voluto ripeterle più volte, nelle loro lunghe conversazioni davanti al caffé a casa sua, era che lei "non invidiava nessuno", nonostante si lamentasse della sua situazione economica non proprio rosea. E Giulia non aveva avuto nessuna difficoltà a crederle, giacché nella sua vita aveva attraversato periodi di difficoltà economica e non aveva mai provato il sentimento misero ed inutile dell'invidia verso chi non aveva i suoi stessi problemi. Continuava a sentire dentro di sé che quella donna, a cui mancavano i suoi stessi studi e la sua stessa cultura, era simile a lei per sincerità di sentimenti. E questo per lei era l'unico valore umano importante.

domenica 10 dicembre 2023

La Sig.ra Anteri e altre mille vite - Romanzo - Cap. V

La Sig.ra Anteri e altre mille vite

Capitolo V

Inutile combattere contro quello che non appartiene alla propria natura, l'indole di Giulia era evitare.
Così non avendo nulla da rimproverarsi nei riguardi di Fabrizia non la cercò più, pur trovando assurdo che facesse finire un'amicizia durata sessanta anni.
Sapeva che i motivi erano necessariamente tutti dentro di lei e che non erano nobili. Qualcuno le diceva che un'amicizia che finisce così non è mai esistita, ma Giulia non si sentiva di dire questo, perché sapeva che, pur sopportando piccole cattiverie meschine con cui Fabrizia sfogava sue mancanze interiori, piccole invidie, aveva potuto ricorrere a lei per confidare dolori e momenti difficili e lei l'aveva sempre ascoltata. E questo era stato per lei di sostegno e conforto.
Come l'acqua scorre in rivoli sull'acciottolato, così lei lasciava che l'errore altrui si compisse fino in fondo e chi lo compiva ne prendesse coscienza o rimanesse nell'errore. Ma quello che sarebbe stato bello essere diverso nelle intenzioni di Giulia, in qualunque rapporto umano, scorrendo nell'errore diventava qualcosa che Giulia non voleva più e se ne allontanava senza ripensamento.
A persone appena conosciute, se inquinate da qualche pregiudizio o idea sbagliata su di lei, Giulia Anteri non cercava di far cambiare loro idea, ritenendolo inutile: se erano così stupide da avere idee preconcette nell'accostarsi per la prima volta ad una persona, agendo come se quella persona fosse quella che qualcuno aveva loro descritta, meritavano di rimanere nella loro idea errata. Ormai si divertiva a vedere come le parlavano, convinti di parlare alla persona che pregiudizialmente avevano in mente, senza rendersi conto della meschina figura che facevano.
Capitava poi che, di fronte a delle evidenze, si rendessero conto che ciò che era stato loro detto non doveva essere vero, e tentavano di rimediare cambiando il loro atteggiamento, correggendolo goffamente, ma a Giulia non interessava, non riusciva a rivalutare persone che non erano in grado di ponderare e valutare informazioni provenienti da altri, senza un dubbio che potessero essere inquinate da ragioni personali di chi gliele aveva date e, conseguentemente, rivolgersi a lei con la sicurezza che lei fosse come gli era stata descritta.
Queste persone finivano in un limbo di indifferenza e Giulia era infastidita da eventuali tentativi di costoro di porre rimedio all'errore, di cui ora erano consapevoli, diventando gentili, cercando di ingraziarsi la Giulia che ora intravedevano.
A lei non era mai capitato di rivolgersi a qualcuno avendo in mente l'idea che colui fosse come descrittole da altri. Il suo atteggiamento era civile, moderatamente gentile, non sapendo chi aveva davanti: l'idea che doveva farsene era sua, soltanto sua. Giulia pensava che solo persone dalla mente poco intelligente possono rivolgersi a qualcuno come se sapessero chi è senza conoscerlo affatto. 
E' infatti solo una questione di intelligenza. Giulia conosceva persone poco acculturate, perché per ragioni economiche non avevano potuto compiere studi regolari, che sapevano valutare la realtà che gli si parava davanti perché intelligenti. Al contrario conosceva persone che avevano compiuto un minimo di studi e apparentemente normali, che credevano alle panzane di una persona visibilmente squilibrata, senza una minima capacità personale di analisi della realtà che avevano davanti, assumendo per buone le invenzioni di una personalità mitomane e comportandosi di conseguenza, come se tali invenzioni fossero vere.
Come cambiare queste persone? Come spiegare quello che avrebbero dovuto  capire da soli tanto era visibile? Questa genìa di persone, prive degli strumenti fondamentali di valutazione della realtà oggettiva, non poteva che essere lasciata a sé stessa, nella propria stupidità.
Se in gioventù il travisamento della realtà, a volte voluto per ostilità o astio e a volte per stupida buonafede, le creava angoscia, essendo la sua mente fortemente pragmatica, con l'esperienza e la raggiunta consapevolezza che la mente altrui non si può cambiare, Giulia semplicemente evitava chiunque non fosse in grado di vedere la realtà.
La sua compagnia erano le belle menti che avevano scritto libri pregevoli, menti dalle quali poteva trarre illuminazioni ulteriori oltre ciò che era il suo patrimonio personale di esperienza, e trovare in essi anche conferme alle sue conclusioni.
Questo fenomeno del costruire una realtà inesistente appiccicandola alla sua persona era stato nel tempo di diverse persone per motivazioni diverse. Ma sempre il denominatore comune era assenza di bella intelligenza.
Solo nella maturità questa volontà altrui l'avrebbe lasciata indifferente. Dandole, come detto, in gioventù angoscia.
Era questa una caratteristica di Giulia Anteri, dato che il fenomeno è diffuso e non soltanto lei ne è oggetto o vittima.
La persona che aveva scelto per vivere insieme era stata oggetto del fenomeno di travisamento della realtà più di lei, e in modo forse più nocivo e pesante... Ma la reazione di quest'uomo, che era diventato suo marito, era del tutto differente: egli ignorava totalmente gli stupidi che si rivlgevano a lui come se egli non fosse ciò che era, non era toccato affatto dal tentativo più o meno cosciente di travisamento della realtà, continuando tranquillamente a rivolgersi a coloro come se non notasse il travisamento, ma ignorandolo e continuando nella propria realtà, indifferente alla costruzione fasulla che abitava nella mente dell'interlocutore.
Giulia trovava che quello era l'atteggiamento giusto: chi è nella realtà non può che agire così, e peggio per chi crede cose che non esistono, perché è lui nell'errore e dovrebbe sentirsi nell'imbarazzo qualora ne prendesse coscienza, ma se nemmeno è in grado di farlo rimarrebbe nel grottesco e nel ridicolo.
Un esempio di quest'ultima possibilità gliela raccontò quasi senza ironia, ma come un caso valutato da lui di umana idiozia, suo marito: voci malevole del suo ambiente di lavoro, volte nelle intenzioni degli autori a screditarlo, dicevano che aveva preso il Diploma di Perito Tecnico alle scuole serali, tipo due anni in uno, tre anni in uno. La fantasia, totalmente infondata dato che lui aveva studiato in uno dei Licei Scientifici più prestigiosi della sua città,  era stata presa come buona dalla Segretaria dell'Istituto dove egli lavorava che, un giorno che egli era andato nel suo ufficio per una questione amministrativa, aveva inteso sfotterlo con una battuta allusiva su questi ipotetici studi, ebbene, egli non l'aveva corretta dicendole chi egli era veramente, ma le aveva risposto con un indifferente cenno di assenso tornando a parlare della pratica per cui era andato nell'ufficio dell'idiota, uscendone poi e lasciandola con il suo sorrisetto di scherno sulle labbra. Giulia ammirava suo marito, al quale veniva naturale non considerare affatto i poveretti come la segretaria dell'aneddoto e ciò che di errato avevano in testa, lasciandoli nel loro errore: per lei acquisire questa capacità era stato invece un lungo lavoro.
Questo soprattutto per la sua natura fortemente empatica che, percependo l'anomalia nelle persone affette da idee preconcette su di lei, voleva ristabilire il contatto con loro spiegando come invece stavano le cose. Giacché non può esserci contatto alcuno se non su basi di realtà e verità, rimanendo altrimenti i rapporti umani nella falsità e nell'ipocrisia, elementi alienanti per Giulia.
Ma l'indifferenza verso il prossimo dell'uomo che aveva amato e sposato era tale che egli non aveva in tal senso alcun problema: i rapporti a cui teneva erano ridotti ai suoi stretti familiari, per il resto peggio per loro se avevano in testa idee sbagliate.
Ma alla fine del suo cammino anche Giulia era giunta alla stessa conclusione.
Quante inutili energie mentali aveva sprecato nel tentativo di avere rapporti chiari con chiunque! Chi vuole vedere la realtà la vede. Non aveva fatto così suo marito senza che lei dovesse spiegargli nulla quando gli era stata presentata in quel modo fuorviante dal ganzo di Fabrizia?