mercoledì 21 settembre 2011

Canale Mussolini

Capozzo: Perché ha voluto scrivere questo libro, “Canale Mussolini”?

Pennacchi: Ma come perché? Perché faccio questo di mestiere, lo scrittore. Le storie girano e io le fermo, e le racconto. Io scrivo solo di storie che ho vissuto o che mi sono state raccontate. Solo storie autentiche.

In questa intervista, effettuata da Giorgio Capozzo il 22/03/2010 e pubblicata sul sito http://www.ariannaeditrice.it/, Antonio Pennacchi dice cose in cui mi ritrovo (certo con ben altra statura di scrittore).
Anch'io scrivo solo di cose che ho vissuto, anche attraverso altri, ma di cui ho conoscenza diretta. Mi piace parlare solo di storie autentiche. Ogni scrittore deve seguire la sua indole, perché scrivere è un'inclinazione innata, un bisogno che uno si trova dentro. In un altro punto dell'intervista Pennacchi dice che scrive dall'età di sette anni: ed anche questo mi colpisce, perché anch'io ho cominciato da bambina, quando facevo solo la scuola elementare. Che poi si abbia successo o meno sicuramente dipende dal numero di persone che in quel che scrivi si ritrovano, se non altro debbono trovarci una verità.

Ho quasi finito di leggere "Canale Mussolini". Abbiamo acquistato il libro perché mio marito era affascinato dalla storia del territorio dove abbiamo acquistato una casa ed anche dalla figura dello scrittore, Pennacchi, che vive ancora dove spesso viviamo anche noi. Sanguigno, sincero, schietto, singolare, questo è Pennacchi come persona. Come scrittore mi ha conquistato totalmente. Mio marito, invece, è rimasto spiazzato dalle frequenti citazioni in veneto. Lui non è portato per le lingue come me, dunque capisce poco anche i dialetti. Io, invece, capisco tutto anche se sono romana "de Roma". Ho letto molto Goldoni, forse è per questo. Comunque il libro mi ha preso subito, ed è uno dei maggiori piaceri della vita, per me, avere un libro che ti piace e che ti aspetta sul comodino (quando lavori) e sulla poltrona nei giorni di riposo. L'unica critica che posso fare a Pennacchi è che, anche se accetto la inevitabile trasformazione della lingua verso il basso (altrimenti parleremmo ancora in latino), in certi casi ha esagerato, come quando scrive "atturare", quando poteva usare "turare"... Finché racconta la storia in quasi tutto veneto va bene, rende realistico il racconto orale dell'ultimo dei Peruzzi, ma se descrive come chiudevano le buche non può scrivere "atturata", come parlavano anche i contadini del paese dei miei genitori, di tutt'altra zona: il reatino. Ma nell'insieme forse questa è una delle poche critiche che posso fare al romanzo che è bello, forte, vero. I personaggi sono solidi come la terra che lavorano senza risparmio di energie, e di loro colpisce la felicità di vivere nonostante la vita dura, piena di ostacoli e fatica. Non deve dunque stupire la loro primitività, la loro scarsa spiritualità. Solo la mitica nonna, la matriarca di una famiglia patriarcale, ad un certo punto diventa praticante e va in chiesa, pretendendo che ci vada anche il resto della famiglia. Ma la sua è una forma sociale più che una vera religiosità che investa anche la morale interiore. Infatti ella esprime tremende durezze d'animo, impietose e cattive, come quando, vedendo Armida incinta accanto ad un pozzo, al timore espresso dalla figlia che la poveretta vi si getti, auspica che lo faccia "lei ed il suo bastardo". Ho avuto le ciglia umide solo quando Temistocle, tornando dalla guerra e dai suoi incommensurabili orrori, bacia la terra con il seme che vi era stato appena deposto, abbraccia i placidi buoi ....... Prima ancora di correre dentro la casa..... E' un'immagine epica e vera nella sua forza evocativa di ritorno alla vita, faticosa, ma vita..... Contro l'orrore imposto della morte insensata della guerra. Sono figlia di un ex combattente che non avrebbe voluto combattere, a differenza dei Peruzzi era dell'idea che Mussolini fosse un ridicolo folle.... Ho ascoltato i suoi dolenti e critici racconti da bambina .... Per questo ho capito quei sentimenti, anche perché i miei genitori, non mezzadri ma proprietari di terre, provengono dal mondo contadino. "Canale Mussolini" è un libro storico che gronda umanità; anche con l'orrore del peccato di un barbaro omicidio, Pericle appare un essere molto umano, uno che si pente di quel che ha fatto, ne piange, anche perché voleva solo bastonare e non uccidere... un povero prete che organizzava la gente ma secondo i valori cristiani e li sottraeva ad altre influenze politiche... come quelle di Pericle, appunto. E la sua compagna che l'accoglie nonostante il delitto, che l'accetta, Armida, stralunata naturalista spontanea che parla con le sue "appi".... Così profondamente dotata di istinto naturale, animale, da non saper rinunciare all'unione carnale con un giovane che le ricorda nei tratti il marito assente.... Disperso.... Forse morto. 
Sono arrivata quasi alla fine del libro e mi dispiace.... Non è facile trovarne un altro che mi faccia compagnia, che, tornando a casa, mi aspetti sul comodino ed io desideri leggere e leggere ancora.