martedì 2 aprile 2013

Per Matteo Renzi



Lettera aperta al Sindaco Matteo Renzi.


      Signor Sindaco,

era da molto tempo che mi proponevo di scriverLe. Sono un suo elettore alle consultazioni primarie e nonostante la sua sconfitta, per coerenza, ho votato il suo Segretario alle elezioni politiche, anche se nel passato non ho mai aderito alla linea del PD. Questo dopo circa 15 anni di astensione dal voto.

   Mi sono convinto ad uscire dal mio disgustato isolamento poiché, in presenza di una alternativa credibile allo scempio fatto dai partiti al tessuto sociale del Paese, ritengo che non si possa stare alla finestra se si vuole mantenere il rispetto di se stessi.
    Per quanto mi riguarda, la sua proposta politica ed il suo coerente comportamento anche dopo la sconfitta, rappresenta una ventata di speranza nella tetra situazione italiana.
   Concetti molto simili a questi mi permisi di esprimerli all'Onorevole Mario Segni nel lontano 1993. Incredibilmente essi restano purtroppo ancora attuali. L'Onorevole Segni uscì allora improvvisamente dalla scena politica, nonostante il consenso quasi plebiscitario che riscuoteva, impastoiato dalle trame che gli furono tessute intorno.
 Di Lui si disse che era come chi, "fatto 13 al totocalcio aveva perso la schedina".
  Ma noi, i cittadini che speravano in Lui, perdemmo molto di più ed il risultato oggi, a distanza di 20 anni, è sotto gli occhi di tutti.
   Da quel momento infatti cominciò il crepuscolo della Repubblica, crepuscolo che è ora diventato notte fonda. 
   Una notte buia, tempestosa, in cui si aggirano nuove spaventose forme di proposte politiche che, lungi dall'essere una evoluzione, appaiono una completa degenerazione e che avanzano insieme a zombies risorti dalle tombe per riproporre soluzioni dettate da interessi assolutamente personali. Soluzioni che sono già state sperimentate e che sono risultate ampiamente fallimentari, oltre che sul piano dell'etica sociale, anche sul piano economico.

   Signor Sindaco, La imploro, prosegua nel cammino che ha intrapreso. Se il suo Partito Le porrà lacci e lacciuoli  non abbia esitazioni. Lei ha indicato a molti cittadini di questo Paese confusi, disorientati, amareggiati, impotenti, ma non incoscienti,  un percorso politico credibile, che è lontano dalle vergognose situazioni vissute in un recente passato e nel contempo è pregno di una evoluzione positiva, anche in campo economico, percorso politico che ci può allontanare da degenerazioni che rischiano di farci affondare in modo definitivo.
   Forse in questa sua azione politica perderà alcuni consensi nel suo stesso Partito, ma, da come ho percezione, certamente altri ne acquisterà da altre parti, da molti cittadini che, come me, desiderano vivere una vita pulita, in un Paese pulito, in cui non ci si debba vergognare dei propri governanti, in cui, come Lei dice, un giovane possa ottenere un lavoro "non per chi si conosce ma per cosa si conosce".
    Sindaco Renzi, prendendo a prestito una mitica frase di un altrettanto mitico film, lei è "la nostra ultima speranza". Ma la prego, faccia in fretta.
                                                                                                 

Prof. Giuliano Natali
Pensionato INPS classe 1939
Astrofisico
ex Primo Ricercatore del C.N.R.
Autore del testo per licei "Quaderni di Fisica"

Piccolo ricordo di Franco Califano

Più o meno è questo il viso del Califano che ho conosciuto io e che mi è sempre stato difficile ravvisare nel personaggio famoso, il "Maestro" Califano, che è meritatamente diventato per le sue belle canzoni.
Già quando ha fatto questa foto era famoso, come si desume dal fatto che è sulla copertina di un suo disco, ma il suo viso era ancora quello che avevo impresso nella mia memoria quando, io adolescente e lui intorno ai vent'anni, frequentavamo la stessa famiglia in Via Ottaviano a Roma.
Non dirò il nome di questa famiglia, perché ha sempre dimostrato una grande riservatezza, ma è la famiglia della madre di Silvia, per quanto ne so io la sua unica figlia legittima.
Era una famiglia piena di allegria, dove si faceva musica: uno dei figli della ospitale e gentilissima signora padrona di casa, vedova, suonava la chitarra e venivano amici con altri strumenti. E c'era pure lui, Franco, che però non ricordo che suonasse, più che altro ascoltava e stava abbracciato a Rita, colei che gli ha dato la figlia Silvia e che lui sposò proprio perché lei era in attesa, a dimostrazione di quanto fosse un gran bravo ragazzo, perché Rita non era una ragazzina, ma era un poco più grande di lui. Ho di loro una bella immagine: io che entro nel comune portone, dove abitava sia la mia famiglia che quella di Rita D. T., e Rita e Franco che ne uscivano tenendo per mano, una di qua ed uno di là, la piccola Silvia che cominciava appena a camminare, tutti e due sorridevano e anche la bimba. Sorrisi anch'io... alla piccola... a loro... ci salutammo...  

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