venerdì 13 dicembre 2013

Fahrenheit 451?

Da: SQUER.it (ovviamente tutto ciò che è pubblicato da altri viene riportato com'è: anche con gli errori)
È con questa foto emblematica che oggi è stato voluto rimarcare un concetto semplice ma fondamentale.
eeeeeee
Qui non si bruciano libri, è il messaggio chiaro dei gestori della Libreria Ubik di Savona, coinvolta stamane in un veloce quanto spiacevole episodio verificatosi ieri sera a margine del secondo giorno di proteste sparse dei cosiddetti “forconi” (e non solo), quando alcuni ragazzi sono entrati nel negozio urlando “Chiudete la libreria!” e “Bruciate i libri!“.
Si sarebbe trattato di pochi studenti rimasti nei locali per pochi istanti, eppure le urla dei contestatori, a cui “è seguito un battibecco verbale, davanti anche a Andrea Chiovelli giornalista di Savonanews e alla tv dell’Università”, hanno suscitato scalpore per una manifestazione che “riporta a periodi bui della storia.
Speriamo che la protesta si affranchi da chi pare la stia strumentalizzando e orientando in modo violento e quasi eversivo, in stile fascista.”
Così hanno scritto i ragazzi della libreria di Savona, che hanno voluto regalare idealmente ai disturbatori “la foto dell’ultimo rogo del 1933, e
una poesia di Brecht”:
DEVI SAPERE TUTTO

Impara bambino a scuola
impara uomo in carcere
impara donna in cucina
frequenta la scuola,
senza tetto
procurati sapere
tu che hai freddo
affamato, impugna il libro
è come un’arma.
Non temere di fare domande
verifica le cose che leggi
ciò che non sai di tua scienza
in realtà non lo sai.
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Da: Il Post
Andrea Zunino, uno dei portavoce della "protesta dei Forconi":
«Vogliamo la sovranità dell’Italia, oggi schiava dei banchieri, come i Rotschild: è curioso che 5 o 6 tra i più ricchi del mondo siano ebrei, ma è una cosa che devo approfondire»

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Se i "Forconi" sono quelli delle partite IVA che stentano a campare è un conto, se si infiltrano folli che parlano di bruciare i libri, quindi la cultura, il sapere, e se alcuni cominciano a parlare della colpa degli ebrei ricchi e banchieri... allora c'è da preoccuparsi esattamente come è accaduto in Sicilia dove qualche "forcone" ha inneggiato alla mafia!

I veri "protestatori", i lavoratori che non ce la fanno più strozzati dalle tasse, dal caro gasolio ecc. ecc. debbono guardarsi da questi barbari sopra citati, perché inquinano e sporcano la loro sacrosanta protesta!

Kim Rossi Stuart: "Anche libero va bene"

Dal sito facebook dell'artista Ellen Rossi Stuart: sito che consente di scaricare le foto inserite. Al centro lei, l'autrice del sito. L'immagine rende l'idea di una famiglia felice in un giardino, con un bel cane dalmata, e due bambine ed un bambino biondo in braccio all'autrice del sito.
Riconoscibilissimo è Giacomo Rossi Stuart, attore caratterista di tantissimi film, padre di Kim Rossi Stuart.

Chi è Kim Rossi Stuart lo si può leggere ovunque, quello che lo rivela di più sono le sue interviste in cui risponde con sincerità ai giornalisti: sincerità e semplicità che sono due doti di questo giovane bellissimo attore e regista.
Da queste interviste si apprende che Stuart non è che un nome d'arte che suo padre Giacomo aggiunse al suo cognome troppo diffuso: Rossi.
Avendo una nonna paterna scozzese si pensava fosse preso da lei, ma non è così rivela il bravissimo attore.
Questo nome d'arte, dunque, è stato preso anche dalle sorelle di Kim, altrimenti dovrebbero chiamarsi soltanto Rossi, e da una sorellastra per parte della sola madre che, dunque, forse ha addirittura un altro cognome.
Già da queste note che sono state scritte sul sensibile Kim Rossi Stuart, senza sue smentite, si capisce che forse la sua infanzia, come quella di molti, non è scivolata liscia come l'olio. E forse lui lo svela nel suo primo film da regista.
Non tutti hanno un'infanzia felicemente perfetta, ma non tutti reagiscono con la sensibilità e la profondità di consapevole dolore come Kim-Tommaso... Se nel personaggio del film "Anche libero va bene" egli ha messo l'esperienza interiore di sé stesso bambino.

Ho acquistato il film in DVD e l'ho visto da sola. Avevo letto le recensioni e mi ero fatta un'idea del film. Mi è piaciuto. Credo di aver capito quello che Kim ci ha voluto trasmettere con questo bel film.
Ho già scritto su questo blog che sono particolarmente sensibile alla sofferenza interiore dei bambini, soprattutto quando questa sofferenza viene loro dai grandi, le figure amate dei genitori.
In questo film il padre di Tommaso detto Tommi è una figura umana bellissima. Un padre-mamma, affettuoso, accudente, attento, buono con una moglie randagia fino ad essere debole, pur con la giusta rabbia che un uomo tradito può avere verso la madre dei suoi figli che egoisticamente insegue le sue voglie e le sue pulsioni.
Nella mia vita di bambina anch'io vedevo scorrere la vita dei miei genitori amatissimi con dolore per i loro litigi, dovuti ad altre fragilità, ma comunque sempre dolorose per un figlio che vorrebbe solo vedere amore e serenità fra due persone così care per lui. La solitudine di Tommi (forse Kim bambino) la capisco fino in fondo, e il piccolo attore ha stampata sul viso la malinconia consapevole di un destino che lui non può controllare: solo subire.
La sua natura sensibile e cosciente lo rende simile alla bambina che io sono stata; già sua sorella, pur soffrendo per le stesse ragioni, dimostra una diversa sensibilità.
Egli è più empatico anche del suo stesso sfortunato papà: è l'unico che nota subito la luce spenta delle finestre di casa mentre rientrano con la sorellina. E capisce subito che la madre randagia li ha abbandonati di nuovo. Tace tenendosi l'ansia ed il dolore con una maturità protettiva verso il padre e la sorella, poi li avverte, li prepara mentre salgono in ascensore, per evitare il trauma dell'impatto.
Un bimbo vuole essere la cosa più importante per i suoi genitori, ma soprattutto per la madre.
La solitudine e lo scoramento della constatazione che non è così, che l'amore della mamma è un amore mutilato da qualcosa che è più importante di te... è un dolore che si impara ad accettare, ma che lascia la ferita.
Forse Kim ha voluto raccontare questo, trasponendo una sua realtà vissuta e cambiando qualcosa per camuffarla e non renderla una biografia troppo esplicita. Resta il messaggio e l'omaggio che lui fa ad una figura paterna bellissima, un uomo che responsabilmente cresce i suoi figli, li educa, li ama, li scalda con il suo calore e non sono d'accordo nel chiamare i suoi cedimenti fragilità, come qualcuno ha scritto, egli è un essere umano che cerca di vivere con dignità nonostante le difficoltà, anche economiche, che un lavoro nel mondo delle riprese filmiche rende sempre presenti, per via della saltuarietà degli introiti, per via degli agenti che trattengono la parte di soldi che gli devono... La disperazione di perdere l'unico bene sicuro, la casa, spiega la scena più drammatica fra padre e figlio. Ma l'amore vince sempre e il rapporto fra il papà ed il suo sensibile e maturo bambino commuove.
Diverso è il dolore che il piccolo esprime per l'amore zoppo di una madre lontana: egli teme il suo andare e venire, cerca di difendersi dal dolore della sua assenza con un distacco che nel profondo però non c'è e lo scopriamo quando l'irresponsabile donna gli fa pervenire un patetico pacchettino in cui ha messo una foto di loro due insieme accompagnata da uno sgrammaticato ma affettuoso biglietto: egli cede a quella infantile dimostrazione di un affetto che gli manca e piange nascostamente sull'autobus.