lunedì 18 giugno 2012

Lucrezia Borgia ed il suo tempo


Papa Alessandro VI, padre di Lucrezia e di molti altri figli

Non avrei mai acquistato il libro che ho quasi finito di leggere, perché il personaggio non suscita in alcun modo il mio interesse per più di una ragione.
Ma una mia conoscente ha molto insistito perché io lo leggessi ed ha voluto prestarmelo a tutti i costi: dato che è persona gentile e generosa non ho potuto sottrarmi.
Il libro, scritto in forma di diario immaginario da tale Joachim Bouflet ed edito da Newton Compton, è, per esplicita dichiarazione dell'Autore, tratto da fonti costituite da documenti autentici. 
Questa è l'unica ragione per cui mi sono sforzata di leggerlo, anche se, diffidente come sono, ho fatto dei controlli su tale autenticità.
Ovviamente conoscevo la storia scandalosa di Alessandro VI, uno dei tanti Papi assetati di potere e di lussuria, sanguinari mandanti di assassini e di esecuzioni orrende, che non capisco come potessero esercitare il potere di scomunica, visto che più scomunicati di loro era difficile trovarne. Come potesse il popolo temere di essere scomunicato o come potessero perdere potere sul popolo un Re, un Principe o un signorotto, se oggetti di scomunica, è per me incomprensibile. Si può spiegare solo con la superstizione che nulla ha a che fare con un'idea di un Dio puro e perfetto...
Joachim Bouflet è uno studioso di religioni e misticismo, dicono le sue note biografiche, ma in questo libro c'è più che altro Storia dell'esercizio del Potere frammista ad un cupo cinismo che con la religione ed il misticismo non hanno nulla da spartire. Non c'è una filosofia mistica del vivere, ma un'accettata vita piegata ad ogni libidine, ad ogni tradimento, ad ogni servilismo immorale, senza una luce di timore di un eventuale Dio. Per contro si parla di rifugi presso conventi di suore nei momenti in cui Lucrezia si trovava in difficoltà politica o affranta da un dolore. Come si può conciliare il vivere in mezzo al fango, senza  alcuna regola morale, con il nominare Dio nei momenti difficili mi è incomprensibile e, appunto, posso spiegarlo solo con la superstizione.
Per il resto è una serie di ammazzamenti perpetrati da suo fratello Cesare, che non disdegna nemmeno il fratricidio, e trovo il giudizio storico che ne dà il Machiavelli servile e null'altro. Dire che il Valentino riportò ordine e giustizia nei tribunali delle terre di Romagna da lui conquistate, mi sembra di un ottimismo sconfinato, anche se prendo atto che i vari signorotti scalzati da quelle terre sembra avessero creato disordine sociale ancora di più del sanguinario Cesare Borgia. Ma non si può sempre assolvere la Storia perché "è arrivato il meno peggio" che mette un poco di ordine. Sempre peggio è.
Tempi cupi, senza luce mistica. Il libro sembra voler assolvere Lucrezia perché, in fondo, nata in quel mondo dal quale non poteva sottrarsi.
Immergersi, sia pure per un breve tratto, nella Storia dei Papi, dà un senso di cupo sgomento e, anche se il tempo presente è pieno di pagine buie in cui ancora la Chiesa, nonostante tutto, fa la sua parte, ci si sente liberi e si tira un respiro di sollievo.
Sul piano della forma questo libro, definito in copertina Romanzo, non presenta particolari pregi, inoltre ho notato discrepanze anche nei fatti, come quando a pagina 19, riferendosi a Vannozza, l'amante del Papa Borgia e madre di quattro dei suoi figli, scrive: "... anche se non sapeva scrivere..." ; poi a pagine 21, sempre riferendosi a costei: "... al quale Vannozza scriveva: "Eccellente Signore, vostra figlia..." Ma insomma, se non sapeva scrivere come si può riportare due pagine dopo: "scriveva"? Forse, dando per buona la prima affermazione, si doveva precisare: "Vannozza, dettando a..., scriveva..."
Altobello Melone, ritratto di Cesare Borgia, Bergamo, Accademia Carrara







Cesare Borgia  

Rispetto per il risultato referendario


21 Giugno in Campidoglio per l’acqua e la democrazia: 
noi ci saremo

La vittoria dei referendum sull’acqua di un anno fa ha rappresentato un momento di straordinaria partecipazione democratica.
In tempi in cui il divario tra i cittadini e la politica assume proporzioni sempre più preoccupanti, quel risultato ha dimostrato che c’è un’altra Italia, fatta di milioni di donne e di uomini che, quando il tema è chiaro e comprensibile, sanno attivarsi con generosità per far prevalere il bene comune sugli interessi dei poteri forti.
Quel voto è linfa vitale per la ricostruzione di un tessuto democratico nel nostro Paese.

A distanza di un anno, l’esito di quel voto continua ad essere non considerato, quando non apertamente contrastato, con grave danno per la democrazia.
A Roma ciò sta avvenendo grazie alla pervicacia con cui la Giunta Alemanno ha deciso di vendere un ulteriore 21% di quote pubbliche di Acea, la multi utility che gestisce l’acqua e l’energia per la città.
Tale operazione, che non ha alcuna motivazione reale - neppure economica - viene portata avanti contro il volere dei 1,2 milioni di cittadine e cittadini che l’anno scorso si sono pronunciati per l’uscita dell’acqua dal mercato e dei profitti dall’acqua; contro il volere dei lavoratori che si apprestano a mettere in campo il secondo sciopero unitario in soli due mesi; contro il volere delle opposizioni che da mesi stanno contrastando l’approvazione della delibera in Consiglio Comunale.

Ma a Roma è successo qualcosa di ancor più grave: per ottenere l’approvazione della vendita di Acea, nonostante l’isolamento politico e i malumori interni alla stessa compagine di governo della città, il sindaco Alemanno e la sua maggioranza hanno prevaricato le stesse regole della democrazia rappresentativa, trasformando l’aula consiliare in un’arena dove esercitare la forza, producendo forzature regolamentari e deliberazioni illegittime, fino all’aggressione fisica e conseguente espulsione dei cittadini che manifestavano all’interno.

Emerge in tutta la sua drammaticità la questione della democrazia nel governo di una città complessa come Roma e immersa in una crisi dagli aspetti drammatici.
Noi riteniamo che di fronte a tutto questo non si possa più tacere, né rimanere a casa delegando ad altri il prendere parola: è in gioco l’acqua, ma la vera posta in gioco riguarda la democrazia e il futuro di questa città.

Per questo annunciamo pubblicamente che GIOVEDI' 21 saremo in Piazza del Campidoglio.
Per questo chiediamo a tutte le donne e gli uomini di questa città di fare altrettanto, per ritrovarci tutte e tutti assieme.

ROMA NON SI VENDE

Per adesioni: info_servizipubblici@acquabenecomune.org