venerdì 20 settembre 2013

Nella vita ci vuole fortuna...

"Nella vita ci vuole fortuna, una rivincita non ci sarà!"
Così recitava un verso di una canzone che cantava Nada, cantante di musica leggera della mia gioventù.
Ovviamente per chi ha fede la rivincita ci sarà in una vita oltre la morte, ma per quelli come me che hanno capito che tutto si svolge fra due date, nascita e morte biologiche, la vita altro non è che una nave da condurre, attraverso i marosi, al porto finale con meno infortuni possibili.
Molti i marosi se li cercano, vogliono "una vita spericolata", e magari gli va bene lo stesso. Sono fortunati. Altri non fanno niente per attirarsi la sventura ma la tragedia li ghermisce lo stesso, spesso inaspettatamente e all'improvviso.
Il mio pensiero triste e partecipativo va a queste creature che nulla fanno per procurarsi la disgrazia, eppure l'evento atroce accade. 
L'uccisione insensata e bestiale della giovane e bella avvocatessa di Udine mi ha spinto a queste riflessioni, che mi è capitato di fare tante volte nel corso della mia vita via via che accumulavo esperienza.
Per anni ho sentito dire da due diverse correnti di pensiero, la cattolica e quella comunista, che bisogna avere fiducia nel prossimo, bisogna aprirsi, che un'estrema prudenza è segno di paranoia.... Puntualmente, sia per fatti non gravi sia per fatti gravissimi come questo attuale che costituisce spunto di riflessione, mi rendevo conto di quanto queste teorie fossero non supportate da una visione veritiera della natura umana. Tralasciando i fatti non gravi che costellano le nostre giornate in cui constatiamo l'egoismo, l'invidia, la meschinità, la protervia, la prepotenza, i tentativi di prevaricazione di ogni genere da cui ognuno impara a difendersi ciascuno per sé come può, restiamo sui fatti gravissimi come questo della sfortunata avvocatessa. Come poteva sfuggire ad una simile fine inaspettatamente assurda?
Faceva corsa come oggi va molto di moda, sul sentiero di un parco, gente ce ne era anche se non frequente, era giorno pieno, lo faceva abitualmente... Dunque? Ha incontrato il mostro. Un fallito che a trentasei anni non aveva un lavoro e non si sforzava di cercarne uno qualsiasi, anche umile, ma che faceva ancora lo studente all'università a quasi quarant'anni... Uno che l'ha aggredita con un coltellaccio da cucina, quindi con premeditazione perché non si trattava di coltello con cui normalmente la gente va in giro, come uno di quelli chiusi che si aprono a scatto o  il classico coltello svizzero, e sostiene che l'ha fatto perché voleva rapirla per chiedere il riscatto... Già da queste prime dichiarazioni si capisce che l'uomo non è tanto normale sul piano psichico.. Come voleva portarsela via la rapita? A piedi? Sulla bicicletta su cui, sembra, era arrivato fin lì?

Silvia è morta per mano di un folle che, probabilmente, avrà la seminfermità mentale...
In un attimo la sua giovinezza, la sua bellezza, le speranze di un futuro conquistato con il lavoro e lo studio pazienti, sono finite con terrore e dolore.
Cosa si può trarre da questo orrore oltre che chiamare questa brutta sorte "sfortuna"?
L'unica cosa che mi viene in mente è che, paranoia o meno, ci vuole prudenza, sempre.
Non restare soli in luoghi poco o scarsamente frequentati, ad esempio... Anche se ci sono tanti casi di persone aggredite in mezzo alla gente e uccise senza che nessuno riuscisse ad evitarlo per paura o perché colti di sorpresa.