lunedì 2 maggio 2016

Pagine vere e seppellite di vergognosi partigiani

Dal sito Facebook del Sig. Lorenzo Vassallo

Lorenzo Vassallo presso Carcare.
Premetto che se fossi vissuto in tempo di guerra sarei stato un partigiano, quelli che furono i loro ideali sono anche i miei; e che belle canzoni sono state dedicate ai partigiani, ne cito una per tutte “Bella ciao”, io che sono un musicista che ama comporre, sicuramente ne avrei scritto qualcuna. La ricorrenza del 25 Aprile, giorno della liberazione dal nazifascismo, è la festa per eccellenza dei partigiani, quante corone di fiori vengono deposte presso i vari cippi e monumenti eretti in loro onore e ricordo, quante cerimonie religiose e laiche con sontuosi discorsi, fatti sovente da personaggi illustri, si tengono in tutte le parti del paese. Tutto questo è ammirevole e pienamente condivisibile “MAI DIMENTICARE” quello che è successo in quei tristi anni che hanno portato alla liberazione dal nazifascismo il 25 Aprile 1945; non dimenticare specialmente per non ripetere gli imperdonabili errori del passato. Ma in quegli anni non tutto quello che si presentava come operato dei partigiani era ammirevole e condivisibile; so per certo, per fatti avvenuti nell’ambito della mia parentela, che gruppi di persone che si spacciavano per partigiani, erano dediti a sottrarre beni e denaro a persone indifese principalmente per i loro sporchi interessi. Ma non solo, si legge nel libro “Una guerra dimenticata” scritto da Paolo Canavese, che la sera di mercoledì 25 Aprile del 1945 passò per le vie del paese di Castelnuovo, scortata da dei partigiani, una ragazza, certa Anna Maria Araldo catturata qualche giorno prima assieme ad un gruppo di repubblicani e due tedeschi. Due partigiani, o presunti tali, che la scortavano, si presentarono all’uscio della casa di G.B. Zunino, in Frazione Stevagni, per chiedergli una pala e un picco che sarebbero serviti per sistemare un sentiero verso Montezemolo. Nei giorni successivi Ezio, figlio di G.B. Zunino e altri giovani, portando al pascolo le pecore in un campo poco distante dalla frazione, grazie al fiuto di un cane pastore, ritrovarono il cadavere della ragazza sotterrato. La scena era straziante, un corpo completamente nudo con un foro di pallottola alla nuca. La sventurata fu trasportata e sistemata nella piazzetta della frazione dove il parroco le dette la benedizione, era il 30 Aprile, venne la mamma a recuperare la salma. Evidenti segni di violenza sessuale furono rinvenuti sul corpo, violentata e uccisa forse con la motivazione di essere una spia o solamente una bella ragazza che conosceva il tedesco! Come sono venuto a conoscenza di tutto questo? Agli inizi dell’estate ho notato che per le vie di Castelnuovo di Ceva erano state installate delle bacheche che recavano l’enunciazione di fatti accaduti durante la 2^ guerra mondiale, tratti dal libro di Paolo Canavese sopra menzionato. Proprio vicino a casa mia, nella Frazione Stevagni, era stata posta la bacheca che raccontava la triste fine di Anna Maria Araldo. Quando la lessi balenò un lampo nei miei ricordi, mi tornarono alla mente i racconti di guerra che facevano mio padre e mia zia Delmira quando ero ragazzo, particolarmente il racconto di mia zia, per me una seconda mamma, che diceva di quella volta che, verso la fine della guerra, andando al pascolo con altri giovani in località della Croce, a breve distanza dalla borgata Stevagni dove a quei tempi abitava, il suo cane chiamato “Noli”, un cane da pastore dalle doti eccezionali, si era messo a scavare in mezzo ad un campo arato mettendo alla luce i capelli di una ragazza sotterrata! Mi disse che si mormorava che quella ragazza, poi dissotterrata dagli uomini degli Stevagni e portata nella frazione avvolta in un lenzuolo, fosse una spia dei tedeschi. Mi raccontò anche che suo padre, mio nonno Placido, vedendo passare nella strada quegli uomini con la ragazza gli chiese se non avessero avuto delle brutte intenzioni e gli venne risposto di stare tranquillo, che la stavano solo accompagnando a casa. Io, nel mio immaginario di adolescente, sentendo il racconto della zia, vedevo quella ragazza come una specie di Mata Hari della 2^ guerra mondiale, come una persona giovane ma matura, sicura di sé, imperscrutabile. Non potevo sapere che invece si trattava di poco più di una bambina che non aveva neanche compiuto i 14 anni! Già da ragazzo questa storia mi aveva appassionato e così adesso, alla distanza di tanto tempo, essendo un fatto accaduto a breve distanza dalla mia casa di campagna, mi sono messo ad indagare sul passato di quella sventurata andando prima di tutto a cercare dei suoi parenti. Ho saputo che proveniva da Cengio ma ho rintracciato solo due nipoti perché i suoi fratelli non sono più in vita. I nipoti sentiti, figli di altrettante sorelle, sono stati in grado di riferirmi ben poco su loro zia Anna Maria; mi hanno fatto avere la fotografia riprodotta nel video. Ho cercato poi le testimonianze di altre persone, perlopiù anziani della zona che avevano militato nei partigiani, ma le versioni dei fatti riferitemi su Anna Maria Araldo sono state discordanti, chi ha detto che si trattava di una simpatizzante dei repubblicani come suo fratello, chi ha sostenuto invece che si trattava di una povera ragazza che per guadagnarsi da vivere lavorava alla mensa dei repubblicani, chi ha detto che era stata mandata via da casa dal padre per punizione perché aveva smarrito dei soldi, per altri quello che le avevano fatto era per vendetta contro suo fratello, addirittura c’è chi ha sostenuto che ad ucciderla dopo averla violentata con altri partigiani, era stato il suo ragazzo, perché l’aveva accusata di intendersela con i tedeschi, ragazzo che dopo l’omicidio era emigrato in Belgio, insomma, la verità su Anna Maria Araldo la sa solo lei, che non la può più raccontare, e forse i suoi assassini. Quando si sente dire in televisione che accadono fatti analoghi a quello che sto narrando, qualunque persona che si reputi normale inorridisce, ed il sentimento che ne deriva non è certo quello del perdono, ma se non quello della vendetta, sicuramente quello della giustizia. Chi non vedrebbe volentieri i responsabili di questi odiosi misfatti dietro le sbarre di una solida cella per il resto dei loro giorni e, se non più in vita, togliersi almeno la soddisfazione di andare a scrivere sulla loro tomba con un pennarello indelebile “anima nera”. Uno dei giustizieri di Anna Maria Araldo, che ho saputo fosse originario di Roccavignale, è diventato padre di una ragazza; ma quando questa ha raggiunto l’età di 13 anni avrà avuto il coraggio di guardarla serenamente negli occhi? Come può una ragazzina di 13 anni essere giudicata e condannata a morte perché reputata una spia, o per gelosia, e poi in un modo così orrendo. Se si pensa che lo Stato Italiano i minori degli anni 14 non li reputa neanche capaci di intendere e volere, con quale coraggio quegli ignobili che si spacciavano per partigiani hanno potuto fare una cosa del genere? Chissà quante volte quella sventurata avrà chiesto pietà, ma a nulla è servito con i suoi aguzzini, persone tra quelle che, a quei tempi, si arrogavano la  licenza di uccidere sotto l’egida morale della giusta vendetta. No, tutto ciò non è ammissibile, Anna Maria è stata una martire al pari di tutti i partigiani sacrificati alla crudeltà della guerra, non fa differenza l’essere dell’una o dell’altra fazione, la vita è sacra per tutti! Ma per lei, almeno sino ad oggi, nessuno ha scritto canzoni o portato fiori nel luogo dove è stata barbaramente uccisa, anzi, è stata trascurata da tutti e non si sa con certezza neanche dove è stata sepolta, ed il suo sacrificio non poteva che perdersi nella notte dei tempi se non avessi trovato accanto a casa mia la tabella tratta dal bel libro di Paolo Canavese. Quello che ora faccio si unisce a quel libro per denunciare al mondo ciò che è successo ad Anna Maria Araldo, ed in futuro, ogni 25 Aprile, finché le forze me lo permetteranno, andrò a portarle un fiore là, nel luogo dove è stata ammazzata, a 700 metri dalla Frazione Stevagni dove ho eretto una lapide in sua memoria, perché anche lei è stata una martire, una martire bambina, una martire dimenticata, ma la sua vera storia rimane un mistero!



Nella cartina i luoghi descritti nel libro di Paolo Canavese fra le province di Cuneo e di Savona.
La frazione o località o borgata di Stevagni in questa cartina non è evidenziata, ma nelle mappe di Google appare poco distante da Castelnuovo di Ceva, verso Montezemolo.
Roccavignale, il paese da cui, l'autore di questa appassionata ricerca storica, avrebbe individuato provenisse uno degli assassini della tredicenne, si trova invece in provincia di Savona, essendo in quei luoghi il confine fra la Regione Liguria e la Regione Piemonte.

Finalmente una buona notizia

Da: TGCOM 24

Caso Marò, Salvatore Girone rientra in Italia: lo ha deciso lʼAja

Accolta la richiesta di Roma: il fuciliere potrà tornare in patria durante lʼarbitrato. La moglie a Tgcom24: "Condividerò questa gioia con i miei figli"


Finalmente uno spiraglio di luce in questa vicenda buia che ha visto molti italiani esperti "nello sputo in alto", che inesorabilmente gli ricade in faccia, dare addosso, nei commenti dei lettori sotto i vari articoli di giornale riguardanti questa vicenda internazionale, ai nostri due militari senza processo e prove certe, dandoli per colpevoli a prescindere.
Questi stessi esperti nello sputare sempre e comunque contro la propria patria e tutto quello che la rappresenta, sono coloro che chiedono il processo prima di accusare qualcuno di alcunché.
La faziosità non può che portare alla contraddizione, giacché non è al servizio della verità, ma al suo contrario.
Poco fa, al TG3 RAI delle h. 14:30 circa, abbiamo sentito l'ennesima incredibile versione della notizia che qui si commenta: è stata data dicendo che i due fucilieri della Marina Italiana HANNO UCCISO DUE PESCATORI INDIANI e che l'arbitrato riguarda solo la giurisdizione del Paese che dovrà giudicarli.
Ma bene! Benissimo! Saranno contenti gli indiani! E' solo questione di competenza, ma la certezza, secondo i giornalisti che hanno fatto questo servizio e il Direttore del TG3 che l'ha approvato mandandolo in onda, già c'è: sono colpevoli! L'ha stabilito il TG3 della RAI! Meglio dello Stato del Kerala che li voleva colpevoli senza processo e discussione di prove!
Lo sputo in alto questa volta investe la RAI di Stato, quella che paghiamo nella bolletta elettrica addirittura per sentirci dire queste cose!!
Vergognoso.
La Corte dell'Aja finirà l'arbitrato nel 2018 e Girone, sequestrato da 4 lunghi anni, avrebbe dovuto restare lì per altri 3!!!
Ragioni umanitarie hanno ispirato una decisione di civiltà. E la RAI commenta un successo del Governo attuale, dopo tanti pasticci, incertezze e, lasciatemelo dire, viltà dei governi precedenti, dando la notizia in codesto modo: dicendo che "HANNO UCCISO DUE PESCATORI INDIANI", dandolo per certo! Non come sempre sentito e detto "sono accusati di.."! Hanno fatto loro il processo ed emesso la sentenza!
E' incredibile, oltre che gravissimo! 

Partite IVA di comodo e Partite IVA vere

Non so se sono io che, con l'esperienza di tanti anni di vita, ho acquisito una capacità sempre più sottile di percepire la falsità della nostra informazione televisiva, o se questa è aumentata fino al limite del sopportabile per qualsiasi mente senziente.

Credo che, comunque, i tempi, in cui la povera gente rafforzava gli argomenti di cui parlava con la frase "L'ha detto la televisione!", siano finiti da un pezzo, ma i giornalisti asserviti a poteri vari continuano imperterriti, nella convinzione che qualcuno riescono ad influenzarlo comunque.

Quelli come me non resistono e si alzano e se ne vanno a fare di meglio. Stamane ad Agorà, RAI 3, ho assistito all'ennesima persona invitata per essere indotta a rispondere quello che il conduttore vuole... altrimenti viene interrotta continuamente impedendole di esprimere anche il minimo concetto, ed infine congedata.
Ritengo questo modo di fare irriguardoso nei confronti dell'ospite che, evidentemente, è stato invitato solo per essere usato, ed offensivo per lo spettatore che evidentemente viene ritenuto un cretino manipolabile. 
Gerardo Greco non è nuovo a questo squallido modo di fare "giornalismo" e l'ho già stigmatizzato in un post di molto tempo fa: 
Rita Coltellese *** Scrivere: Affile ha un Sindaco che ammiro

Non è questione né politica, né di parte, ma semplicemente di rispetto degli altri, comunque la pensino!

Dunque stamane Gerardo Greco aveva invitato il Presidente di SOS Partite IVA, un'Associazione che esiste soltanto da un anno, e questi ha provato più volte a parlare delle P.I. come "fonti di produzione del proprio reddito e di eventuale reddito altrui mediante assunzione di lavoratori". Nonostante le reiterate interruzioni operate da Greco che gli hanno impedito di esprimere il suo concetto di Partite IVA, è stato evidente, dai monconi di frasi che è riuscito a ripetere nel tentativo di riprendere il discorso, che egli concepisce la P.I. come un modo di mettere a frutto un'idea che produca reddito, quindi un concetto ATTIVO del LAVORO e, se lo avesse fatto parlare, forse avrebbe detto che il Governo deve alleggerire le pratiche burocratiche e le tasse che soffocano l'INIZIATIVA LAVORATIVA ATTIVA di chi sa produrre da sé il proprio reddito! E questo è ben distinto dall'evasione fiscale che ha caratterizzato e caratterizza certe attività artigianali.
Quindi niente evasione fiscale con un'imposizione più snella ma CHE NON SOTTRAGGA IL REDDITO ARRIVANDO A PORTARSI VIA ANCHE IL 60% IN TASSE E BALZELLI VARI.
Penso che se l'avesse fatto parlare il Sig. Andrea Bernaudo avrebbe potuto dire questo, giacché questa è la realtà dei fatti.
Nulla c'entrano le P.I. che, invece, fanno comodo a certi datori di lavoro, spesso titolari di Studi di Architettura, oppure Legali, oppure Commercialisti che in questo modo coprono un lavoro dipendente di vero schiavismo di laureati, professionisti sfruttati dai titolari di Studio per tutti gli usi e per tante tante ore lavorative, non documentabili proprio perché a questi lavoratori si chiede di aprire una Partita Iva a copertura della loro schiavitù. 
Per contro Greco ha dato la parola al solito tronfio sindacalista che non sa neppure parlare in un corretto italiano, ma è molto ben pagato per il suo ruolo. Il suo intento era mettere Bernaudo in polemica con il sindacalista, ed inutile è stato che egli ribadisse più volte che non voleva entrare in polemica con il sindacalista, interessandogli tutt'altra materia, (che nulla ha a che fare con il parolaio che produce fiato), ma voleva parlare di produrre reddito e lavoro senza essere soffocato dallo Stato che, invece, dovrebbe favorire le persone che hanno il coraggio e le idee per intraprendere una qualsiasi iniziativa. 


Furlan, Barbagallo e Camusso a Genova ieri 1° maggio 2016 - Foto da Repubblica.it


Da: Il Corriere della Sera
di Aldo Grasso

Lo stipendio (nascosto) del sindacalista Barbagallo

Il leader della Uil non mostra la busta paga e attacca l’Inps


«Far e il giornalista è sempre meglio che lavorare», si diceva un tempo. La battuta di Luigi Barzini Jr rischia oggi di essere applicata ai sindacalisti: «Fare il sindacalista è sempre meglio che lavorare». 
Per ragioni retributive, da un po’ di tempo alcuni dirigenti sindacali sono presi di mira. Da quando è in crisi la prassi dell’intermediazione. Da quando si è scoperto che l’ex segretario della Cisl Raffaele Bonanni è uscito di scena con una pensione d’oro ottenuta con sapienti artifizi. Da quando Fausto Scandola, iscritto alla Cisl dal 1968, è stato espulso per aver reso pubblica una lettera in cui denunciava i mega compensi di alcuni dirigenti. Da quando l’Inps ha pubblicato il dispositivo pensionistico dei rappresentanti dei lavoratori che permette loro uscite vantaggiose. 
Nessuno mette in discussione il ruolo dei sindacati, anzi. Nella circostanza, c’è chi ha reagito bene, come Susanna Camusso, dando il via a un’operazione trasparenza (il segretario generale della Cgil guadagna 3.850 euro netti al mese), e chi male, come Carmelo Barbagallo, segretario Uil, che invece di mostrare la busta paga ha attaccato duramente la dirigenza dell’Inps. 
Barbagallo, «chiddu da tuta», quello della tuta. Si racconta che quando faceva il sindacalista alla Fiat di Termini Imerese durante un’assemblea gridò: «Se passa il terzo turno, io torno in fabbrica e mi rimetto la tuta». Gettò la tuta alle ortiche anche se il terzo turno passò.