venerdì 29 giugno 2018

I Racconti di una cattivissima vecchia 8° - Non siamo affatto tutti uguali

 Non siamo affatto tutti uguali
Sfatiamo la leggenda "che siamo tutti uguali", non lo siamo affatto, siamo tutti differenti, per intelligenza, aspetto fisico, livello culturale, livello morale e tanto altro, e chi è inferiore lo percepisce anche se chi è superiore non glielo fa pesare (da "I Racconti di una cattivissima vecchia 3° - Vicini di casa di tanto tempo fa)

Essere sinceri senza più schermi per attenuare asperità nei rapporti umani è una conquista dell'esperienza di vita. Sincera lo sono sempre stata, leale, per come sono costruita. Ma cercavo sempre di non far pesare a certi "altri" i loro evidenti limiti, fisici, psichici, culturali o morali che fossero.
Ne sono stata ricambiata, nella loro totale inconsapevolezza di essere graziati dalla mia umana sensibilità, con derisione, critica, maldicenza, calunnia addirittura.
E' stato uno spettacolo che si è sciorinato davanti ai miei occhi per tutta la mia vita: cambiavano i luoghi, i contesti, anche il livello culturale dei soggetti, ma il fenomeno si ripeteva. Segno che c'è gente che non si rende conto di quello che è e di chi ha davanti. Segno che la diffusione della cattiveria umana è ampia, frammista a stupidità, da cui non c'è riscatto neppure seguendo studi canonici. Certo lo studio aiuta, ma non è risolutivo.
Così mi è capitato di incontrare persone belle senza grande cultura che vivono in contesti limitati e semplici eppure sono menti intelligenti e buone, e di incappare in, ad esempio, professori universitari, che avevano girato il mondo, di una piccolezza e miseria umana stupefacenti.
Se fossi religiosa e credessi in qualcosa di trascendente oltre questa nostra misera carne, potrei parlare di "anime belle" e di "anime prave", ma non essendolo parlo di menti, caratteri, personalità.
Prima di portare esempi del nostro non essere tutti uguali come certe correnti di pensiero vorrebbero che fosse, cattolicesimo e comunismo in primis, bisogna essere spietatamente sinceri con sé stessi e stabilire "chi sono io".
All'inizio ero quello che hanno costruito i miei genitori però con un "quid" che era innato: non ero una che soggiaceva alle prepotenze, alle ingiustizie ed ero una che non temeva di difendere i più deboli. Insomma avevo un gran senso della giustizia e non ero vigliacca.
Un carattere sicuramente deciso e forte che, crescendo, con l'educazione, ha accettato i limiti e le inibizioni che la società impone. 
La morale è sicuramente stata influenzata dalla famiglia e dalla religione cattolica, lungamente frequentata. Cresciuta da due persone oneste, pulite, addirittura ingenue con un prossimo che, la bambina che ero, già acutamente vedeva approfittarsi della bontà e disponibilità dei suoi genitori, quando non mancare loro di rispetto trattandoli con sufficienza senza ragione alcuna.
Mio padre, pur svolgendo un lavoro impiegatizio che richiedeva una certa responsabilità avendo sotto di sé anche fino a 70 persone, non solo non si è mai dato arie con nessuno, ma trattava alla pari persone modestissime per cultura e livello sociale, avendo vero interesse e simpatia umana per tutti.
Questo esempio credo faccia parte di me come le mie ossa.
Vedevo pidocchi che, pur non essendo nessuno, trattavano con sufficienza mio padre che, con bonomia, cercava un po' di conversazione con loro, dandogli una importanza che proprio non avevano né a livello sociale né tantomeno culturale, essendo dei perfetti ignoranti.
Mio padre nemmeno se ne avvedeva nella sua semplicità umana, ma io si e questo segnava la differenza fra me e lui. 
Ho resistito a lungo prima di diventare cattivissima, ci sono arrivata per gradi, di fatto in fatto, di constatazione in constatazione, di conferma in conferma, fino ad avere, comunque, la certezza che, per quanto cattivissima, rimane intatta la mia etica ed è solo verso certe miserabili nullità, piene di invidia, follia e amorale cattiveria, che la mia irreversibile cattiveria si estrinseca.
Ho accennato a professori universitari. Ho incontrato molte nullità, molti disonesti che truccavano i pubblici concorsi e qualche pazzo.
Segno evidente che la qualifica raggiunta nella Società non è garanzia di nulla: né di vero sapere, né di comportamento etico, né di sanità mentale.

Ho incontrato anche persone perbene. Più rare.
Fra i tanti vale la pena raccontare di uno. Molto stimato da un membro della mia famiglia, lo conobbi perché aveva dimenticato un libro non ricordo dove e l'ingenuo membro della mia famiglia volle riportarglielo a casa. Ne fu felicemente sorpreso, non essendo evidentemente abituato a gesti gentili di cui il mio familiare è pieno. Un tempo anch'io ero abbastanza gentile e qualche gesto cortese l'ho fatto anch'io... ma oggi è difficile... molto difficile.
Nacque poi una blanda quasi amicizia. Aveva una casa vicino alla nostra così capitò anche che venisse a sedersi nel mio giardino a conversare un po'. Dovendo trasferirsi ci chiese di tenere le chiavi della sua villa e, un giorno di festa che eravamo a pranzo con tutti i parenti, suonò al nostro cancello per illustrare, in maniera certosina, quali fossero le chiavi dei vari locali della sua casa che ci lasciava. Su ogni chiave c'era un'etichetta, dunque non occorrevano tante spiegazioni, ma lui si dilungò a spiegarle nevroticamente, senza peraltro accettare l'inevitabile invito ad entrare. Ci tenne a regalarci alcune bottiglie di acqua che partendo lasciava. Il familiare che fu trattenuto al cancello almeno mezz'ora mangiò freddo e uno dei nostri parenti, chiesto chi fosse ed appreso che era una importante personalità universitaria a livello nazionale, rise sottolineandone l'incongruo comportamento e scherzosamente disse: "Ah! Ma allora va retrocesso!"
In affetti trovai anch'io strano il presentarsi a casa di conoscenti all'ora di pranzo di una domenica, senza alcun preavviso,  non potendo fermarsi quantunque invitato cortesemente, e ciò nonostante trattenere nevroticamente una persona sul cancello spiegando chiave per chiave, nonostante avessero ciascuna etichette colorate con scritta.
Ciò nonostante se mi capitava ancora di incontrarlo in posti ufficiali lo salutavo con il rispetto dovuto alla sua carica che, però, si rivelò in seguito, vuota di ogni contenuto umano ma anche intellettivo, per non dire dell'onestà...
Prima che platealmente si vendesse il posto ad un concorso in cui era Presidente di Commissione scoprendo così il suo squallido lato disonesto, capitò che apprendessi altre cose su questo soggetto.

Il mondo è piccolo: quanto è vero!
Così un giorno che era venuto da noi per una breve visita con moglie e alcuni dei suoi figli, la mia vicina di casa, con altra casa ai Parioli, riconobbe nella moglie una sua antica compagna con cui era cresciuta insieme. Si salutarono più che affettuosamente scambiandosi ricordi e informazioni. Uscì anche l'anziana madre, mia vicina e con me in grande confidenza, e dopo questa bella rimpatriata in seguito mi raccontò: "La moglie è cresciuta con mia figlia, ma io conosco molto bene la madre di lei, suocera del professore, e si è tanto lamentata con me di costui. Mi ha detto: "Signora mia è pazzo! Ci ha rovinati! Si è messo in testa di cambiare Università e ha trasferito tutta la famiglia a nord. Ma che bisogno c'era?!  Qui aveva una posizione importante! Ci ha fatto svendere la casa ai Parioli per 130 milioni di lire, perché aveva fretta di acquistarne una lassù, poi ha venduto anche la villa in campagna... E' pazzo, è pazzo. Ora ha rivenduto la casa lassù ed è voluto ritornare: abbiamo perso un capitale!"
Il periodo a cui si riferiva la malcapitata suocera del pazzo era fine anni '80 primi anni '90 del secolo appena trascorso, e 130 milioni di lire per una casa grande ai Parioli era più che una svendita: era bruciarla! 
E andiamo al lato disonesto. Presidente di Commissione di pubblico concorso  per un posto all'Università, apprendiamo che gli è stata raccomandata una signorina che ha intrecciato una relazione con un vecchio professore, con poltrona in un organismo europeo che elargisce fondi. Allo scritto non si può truccare perché rimane la prova documentale e una persona della mia famiglia fu prima assoluta. All'orale, testimoni ricercatori presenti, il maiale tenne un'ora la persona, mia familiare, che rispose a tutto e dieci minuti la segnalata, a cui fece le stesse domande a cui poco prima la candidata, prima in graduatoria allo scritto, aveva lungamente risposto. La raccomandata ripetè solo un pezzetto di quello che la persona della mia famiglia aveva già illustrato e lei, ovviamente, aveva ascoltato, dato che la seduta concorsuale era aperta a tutti.
Già questo suscitò lo stupore degli astanti che conoscevano benissimo entrambe le candidate. L'indomani uscì la graduatoria finale in cui la raccomandata era stata messa prima e la prima allo scritto per seconda.
L'unica cosa che potemmo fare, dato l'insano sistema non mutato di questo Paese, fu fare ricorso. L'orale fu annullato. Lo scritto rimase valido e la prova orale però fu ripetuta dopo 2 anni e con la stessa Commissione che avevamo denunciato!

Il sistema fa schifo, non vi è dubbio, e non garantisce alcuna giustizia, consentendo ad omuncoli di questa statura morale di fare strame della preparazione altrui.
Ad una seduta di laurea questa cacca umana ha osato ipocritamente tendere la mano al relatore di tesi, padre della giovane a cui ha rubato il concorso, e quegli lo ha ignorato stringendo altre mani e lasciando, davanti a tutti, che la mano della cacca umana rimanesse nel vuoto.
Personalmente stavo prendendo un caffé in un bar e, nel girarmi di lato, mi sono trovata accanto questa cacca d'uomo: avrei voluto sputargli in faccia, per un istante l'ho pensato, ma mi sono limitata a dire con voce udibile: "Che aria mefitica! Meglio andarsene!"
Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale, essendo il racconto frutto della fantasia della scrittrice Rita Coltellese.