giovedì 9 novembre 2017

Maksim Gorkij: "Storia di un uomo inutile"

Evsej Klimkov sarebbe "l'uomo inutile" di questo romanzo scritto da Maksim Gorkij nel 1913.
Maksim Gorkij

Anche Maksim come Evsej rimane orfano presto, ma lui fu più fortunato del suo infelice personaggio perché andò a vivere dalla nonna, grande narratrice di leggende popolari.
In mancanza della lettura i racconti verbali avevano da sempre una potenza immaginifica sulle menti, aprendo spazi e luoghi mai visti, e vicende ricche di vita e di sentimenti. 
Quando l'affetto della nonna gli mancò a causa della sua morte il giovane ed evidentemente sensibile Gorkij tentò il suicidio. Ma si riprese ed iniziò giovanissimo una vita errabonda ed avventurosa mantenendosi facendo mille mestieri. Imparò a leggere e scrivere da un cuoco alfabetizzato su un battello dove lavorò. Nessuna scuola, nessuna università: soltanto la vita. Questo dimostra che il romanziere ha, come il pittore, come lo scultore, come qualunque artista, una potenza interiore che deve esprimersi e prendere forma.
Leggere, come sto facendo, "Storia di un uomo inutile" per la prima volta a 71 anni è diverso dal leggere lo stesso libro in un'età precedente. Me ne accorgo quando invece rileggo dopo molti anni libri già letti in gioventù: è come se leggesse si la stessa persona che quel libro ha amato, ma allo stesso tempo vedendo tante cose con occhi più maturi, dunque diversi. Non sono cambiata fino al punto da leggere autori o libri che non ho amato in gioventù, perché distanti dal mio modo di essere, ma certo quel che leggo risente della mia lunga vita molto riflessiva e attenta e dunque di tutta l'esperienza accumulata.
Forse anche da giovane Evsej mi avrebbe fatto pena, ma non con aggiunta la desolata consapevolezza della ingiustizia senza Dio, e dunque senza consolazione, che debbono sopportare gli innocenti.
E Evsej è innocente e non capisce tutta la miseria a cui deve assistere, le azioni degli squallidi personaggi con cui gli tocca vivere i suoi giorni di orfano, solo, cercando di capire l'incapibile, mentre intorno a sé ciascuno proietta su di lui i suoi pensieri, senza capire l'assoluta inconsapevole innocenza del ragazzo, anzi, infischiandosi altamente di cercare di capire in quale fatica, a comprendere le loro azioni, egli sia immerso.
Egli annaspa nella sua misera condizione di innocente e cerca di galleggiare come una fragile barchetta di carta sull'acqua di un torrente che viene trascinata via, dove la corrente vuole. 
E guardo ad Evsej come ad un figlio o ad un nipote abbandonato e solo: ed è una creatura per me da proteggere.
Forse Evsej è una parte dell'Autore, una parte del suo vissuto, alcuni aspetti di esso. Sempre per chi scrive c'è qualche pezzetto di sé in ciò che scrive..  
La inconsapevolezza e l'incomprensione portano il ragazzo ad assecondare le figure con cui, suo malgrado, deve convivere. Per certi tratti la solitudine affettiva fa si che egli si affezioni, come un cagnolino innocente, a questo o a quel personaggio, per poi restarne allontanato nel suo stupore per le loro sconsiderate e a lui oscure azioni. Suo malgrado egli rimane coinvolto, pur se innocente, nelle squallide vicende di uomini e donne che conducono vite misere e disperate.
A Evsej, come a molti, viene negata la possibilità di scegliersi una vita... una qualsiasi vita.
La Russia che viene descritta è di grande miseria. C'è chi spera nello Zar, ma verrà comunque perseguito dalla polizia politica che reprime e basta, senza cercare di capire chi è ancora a favore del Potere ancora in atto.
Siamo dunque prima della Rivoluzione di un secolo fa.
Mentre leggevo mi tornavano in mente squarci della Russia durante la Rivoluzione descritta da Boris Pasternak: stessa fatica, stessa miseria.
E dopo tutto questo patire.. Stalin!
Maksim Gorkij con Stalin