giovedì 7 giugno 2018

Leggendo Philip Roth

Nella mia libreria ci sono pochi scrittori statunitensi, e questo vorrà pure dire qualcosa.
E' indicativo del mio essere profondamente europea. La mia formazione culturale e psicologica è europea e dunque mi ritrovo in un mondo mentale europeo, fatto di Storia, quindi esperienza, del vecchio continente.
Tutti gli scrittori che vi compaiono sono italiani e europei. Ci sono pochissime eccezioni di altri Paesi non europei ed una in particolare: François Cheng. Ma Cheng, pur essendo cinese di nascita ed intriso di quella cultura, più vicina comunque al mio sentire rispetto a quella statunitense, ha molto vissuto e vive presentemente in Francia, e molto ha soggiornato in Italia imbevendosi delle nostre copiose opere d'Arte.
I pochissimi scrittori statunitensi che sono nella mia libreria rispondono al nome di James Fenimore Cooper, Jack Kerouac, James Thurber e Dorothy Parker: quest'ultima costituisce un'eccezione per come ho amato ed amo la sua scrittura, giacché in lei ho trovato un modo di vedere il mondo e le cose che mi è congeniale, vicino.
Dunque si può trovare un'anima formatasi altrove, con esperienze diverse, che ti somiglia, in cui ti ritrovi. Mi accade con pochi ed uno di questi è un uomo cinese: François Cheng.
Mi è capitato di leggere SteinbeckFrancis Scott Fitzgerald, ma non hanno catturato il mio interesse tanto da acquistare le loro opere.

Evidentemente c'è qualcosa in me che non mi fa amare queste menti statunitensi. Recentemente ho acquistato un libro di novelle di Ray Bradbury, giacché avevo letto molti anni fa alcuni suoi racconti di fantascienza che mi erano molto piaciuti, ma queste novelle fra il realistico e il fantastico, ma non fantascientifico, le ho lette con fatica, trovandole molto meno piacevoli del mondo della fantascienza in cui Bradbury sa condurti ed interessarti.

Confesso che ho acquistato "Il Teatro di Sabbath" sull'onda mediatica del Nobel non dato a Philip Roth a causa della sua morte.
Ed ora lo sto leggendo. Lo stile di questo scrittore, celebrato come grandissimo, mi appare subito confuso, un narrare zigzagando che, però, a tratti riprende il filo legando pezzi di narrazione precedentemente detti ad altri successivi e così chiarendo meglio il quadro. Non trovo, per ora, grandi ed universali verità che mi colpiscano... Dunque, non trovando per ora la grandezza e iniziando a pensare a modo mio dei personaggi di cui Roth ci narra, ho voluto confrontarmi con altri lettori e l'ho fatto sul sito di IBS dove, sotto ogni testo, ci sono le recensioni dei lettori, ove presenti. E qualcosa di ciò che vado pensando io vedo che lo rilevano anche altri, pur dicendosi entusiasti dello scrittore: alcuni rilevano lo stile confuso e il tempo ora al presente ora al passato e il narrare ora in prima ed ora in terza persona... Altri confessano di non aver sempre capito quello che lo scrittore voleva dire in certi passaggi del racconto, altri ancora definiscono Sabbath un pervertito, confortandomi nella mia autocritica che mi faceva temere di essere moralista, giacché mi trovo a pensare che il protagonista sia un depravato e ancor di più la sua amante. Un lettore, dando solo due stelle contro il massimo che è 5, dichiara che torna ai classici, essendo stato deluso nelle aspettative su questo scrittore dichiarato dai più un genio.
Io per ora mi fermo qui. Darò il mio giudizio sull'intera opera quando avrò finito di leggere il libro, ma già adesso sono perplessa perché ho letto recensioni che dicono che questo è il suo libro migliore, con poche eccezioni che scrivono di preferire "Pastorale americana".
























Tre Immagini di Roth: dall'alba al tramonto

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