mercoledì 28 maggio 2014

Chiusura dei Manicomi Giudiziari, rinominati OPG

Situazione dei malati mentali che non hanno commesso reati:

Da: Wikipedia

La riforma del 1978

La riforma italiana nota come legge 180 o legge Franco Basaglia ha abolito il manicomio e ha eliminato la pericolosità come ragione della cura. Il Trattamento sanitario obbligatorio (TSO) doveva essere effettuato "se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici e se gli stessi non vengano accettati dall'infermo (art. 34)"[27]. La legge si costituisce di 11 articoli:
  • Art. 1 - Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori;
  • Art. 2 - Accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori per malattia mentale;
  • Art. 3 - Procedimento relativo agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale;
  • Art. 4 - Revoca e modifica del provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio;
  • Art. 5 - Tutela giurisdizionale;
  • Art. 6 - Modalità relative agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera;
  • Art. 7 - Trasferimento alle regioni delle funzioni in materia di assistenza ospedaliera psichiatrica;
  • Art. 8 - Infermi già ricoverati negli ospedali psichiatrici;
  • Art. 9 - Attribuzioni del personale medico;
  • Art. 10 - Modifiche al codice penale;
  • Art. 11 - Norme finali.
I principi che la nuova legge afferma, cioè prevenzione e riabilitazione del malato, risultarono nuovi e i processi di adattamento molto lunghi. Tutto ciò che fino al 1978 era affidato alle province diventa responsabilità delle unità sanitarie locali e delle regioni. La legge 180 del maggio 1978 rappresentava l'anticipazione della più generale legge istitutiva del servizio sanitario nazionale del 23 dicembre 1978, n. 833.

Dopo la legge 180

Dopo l'approvazione della legge 180 si iniziò a modificare lentamente il disinteresse nei confronti dei bisogni di risocializzazione dei pazienti. In alcune realtà territoriali non vi furono delle modifiche sostanziali del carattere residenziale degli ospedali psichiatrici[28], mentre in altre si iniziò a costituire la rete dei servizi di salute mentale territoriali. Nel 1994 ilgoverno Berlusconi I introduce nella legge finanziaria un insieme di norme che impongono la chiusura definitiva dei manicomi e nel 1996 il governo Prodi I ne dà attuazione.

Situazione attuale

I 76 manicomi attivi nel 1978 sono stati sostituiti da:
  • 320 SPDC (servizio psichiatrico diagnosi e cura);
  • 1.341 strutture residenziali (C.T.R. comunità terapeutica riabilitativa - G.A. gruppo appartamento - C.A. comunità alloggio);
  • 257 Strutture semiresidenziali (D.H. Day hospital);
  • 433 imprese sociali (residenziali e semiresidenziali);
  • 481 strutture semiresidenziali (C.D. centri diurni);
  • 695 centri di salute mentale[29].


Situazione dei malati mentali che hanno commesso reati


Da: Il Mediano.it 19/07/2012

La chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari: primi effetti della scelta legislativa

Con il decreto legge n.211 del 2011 il Governo ha deciso per la progressiva e totale abolizione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, con una popolazione che supera le 1500 unità, che dovranno essere conseguentemente ricollocate altrove. Ma dove?

Difficilmente chi non ha dimestichezza con il pianeta giustizia e le sue innumerevoli sfumature può comprendere, con sincera profondità, le sensazioni e le emozioni dell’uomo comune a contatto con la realtà di un ospedale psichiatrico giudiziario: un mondo irreale, chiuso alla società civile, volto a contenere una popolazione carceraria difficile, quella dei soggetti afflitti da patologie psichiatriche.
Persone spesso sole, abbandonate a loro stesse ed al loro destino, senza voce, costrette a rimanere recluse fintanto che il giudizio di pericolosità sociale a loro carico, presupposto per l’applicazione della misura di sicurezza, rimanga concreto ed attuale

Quella degli internati è una realtà non solo triste, ma difficile da districare e gestire, specie alla luce delle ultime riforme legislative intervenute in materia.
Con il decreto legge n.211 del 2011, difatti, il Governo ha deciso per la progressiva e totale abolizione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari presenti sul territorio italiano, con una popolazione che conta e supera attualmente le millecinquecento unità, che dovranno essere conseguentemente ricollocate e ridistribuite altrove. Ma dove?

Il 1 febbraio 2013 tutte gli Opg dovranno necessariamente chiudere i battenti. Nel marzo 2012 era prevista la prima scadenza imposta dal decreto, ovvero lo stabilire requisiti strutturali ed organizzativi destinati ad accogliere gli internati; dal marzo 2013, successivamente alla chiusura degli stabilimenti, le misure dovranno essere scontate esclusivamente all’interno dei presidi sanitari, mentre per coloro la cui pericolosità sociale risulti esclusa non vi saranno che dimissioni e la previsione di presidi sanitari sul territorio.

In attesa che i provvedimenti governativi prendano forma la magistratura, allineandosi alla ratio della norma, sta già interrompendo l’invio di nuovi soggetti presso gli OPG, ai quali non resta che fare ritorno alle proprie abitazioni, con tutti gli inevitabili rischi in materia di tutela della collettività e degli stessi familiari conviventi.

Si tratta, nel caso concreto, proprio del caso di A.: afflitto da una grave forma di schizofrenia, stava scontando una condanna a una pena detentiva per reati commessi contro i propri familiari, con applicazione della misura di sicurezza del ricovero in OPG per i sei mesi successivi alla stessa.
Scontata la sua pena per intero, sarebbe stato almeno formalmente da ricollocare presso l’Ospedale Psichiatrico ove, tra le altre cose, avrebbe ricevuto un trattamento sanitario adeguato ed idoneo alle sue patologie: del tutto inaspettatamente, invece, oggi ha fatto ritorno presso la sua abitazione, seminando il panico tra i propri familiari, incapaci di arginare e gestire le sue complesse problematiche, già palesando atti di violenza estrema e di insofferenza.
Allo stato purtroppo nessuno, men che mai il legale, appare in grado di poter fornire una risposta concreta a questo ed altri casi, in attesa di chiare ed evidenti soluzioni legislative che, si spera, non arrivino in un momento di definitiva compromissione degli interessi in gioco e della vita delle stesse persone coinvolte.


Da: senato.it - Legislatura 16ª - Disegno di legge n. 2876
La XVI Legislatura della Repubblica Italiana è stata in carica dal 29 aprile2008[1] al 15 marzo 2013
....Dal 1978 appositi accordi col Ministero di grazia e giustizia conducono gli operatori del servizio di salute mentale di Trieste in carcere a salvaguardia del diritto alla cura del detenuto e della continuità terapeutica per il detenuto già malato di mente. Già oggi nella pratica è possibile non discriminare la possibilità di cura, il luogo della cura e la qualità della stessa per il cittadino detenuto. Spesso il servizio di salute mentale, il centro di salute mentale 24 ore, si è offerto come luogo di cura in corso di custodia cautelare e in attesa della fine del procedimento giudiziario. In alcuni casi modalità di alternativa alla detenzione per il detenuto al termine dei tre gradi di giudizio sono stati concordati dal servizio con i magistrati di sorveglianza e le autorità carcerarie. La persona che abbia commesso un reato grave e che presenti severi problemi psichiatrici, laddove tale condizione sia incompatibile con la detenzione, viene trattato, secondo un progetto terapeutico riabilitativo articolato e per un periodo di tempo prestabilito, ovvero fino al raggiungimento di un equilibrio psichico adeguato all'interno del centro di salute mentale 24 ore o di strutture residenziali comunitarie in regime di detenzione domiciliare, di libertà vigilata o di sospensione della pena.
In ogni caso le misure alternative alla detenzione e tutte le modalità di flessibilizzazione del regime detentivo (visite, lavoro in carcere, corsi di formazione) costituiscono un canale preferenziale attraverso il quale i servizi di salute mentale col magistrato di sorveglianza e con la direzione e gli operatori del carcere cercano di trattenere nel tessuto sociale (e cittadino) la persona che deve scontare una pena».

Da: Huffington Post
Ileana Cathia Piazzoni

"...attività volte a incrementare percorsi terapeutico-riabilitativi individuali, prevedendo anche la dimissione di tutti coloro per i quali l'autorità giudiziaria avesse escluso, o escludesse successivamente, la pericolosità sociale.

La ratio umana e sociale si capisce e si apprezza...
Ma chi pensa alle vittime?
Chi pensa ai familiari che di sovente sono le prime vittime?
In molte norme la Società, lo Stato, dimenticano le vittime, sembrando tesi più a salvaguardare chi, sia pure per malattia, infligge il male a qualcuno che chi senza colpa lo subisce.  

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