domenica 13 ottobre 2013

Vajont

Avevo 17 anni quando arrivò la terribile notizia.
Soffrii molto, come sempre di fronte alle vittime dell'ingiustizia.
Stamane, su Rete4 Mediaset, ho visto il film documentario sul Vajont ed ho cominciato ad avere un dolore fisico in mezzo al petto, ma ho voluto vederlo fino alla fine.
Avevo visto anni fa il film inchiesta, molto bello e vero, che ricostruisce le colpe su questo genocidio orribile, ma il film documentario è un'altra cosa.
Sentire i racconti dalle parole dei superstiti, vedere le immagini dei cadaveri spogliati dall'acqua, irrigiditi dalla morte, coperti di fango che li fanno somigliare a delle statue umane, è diverso.
Vedere i poveri uomini costretti al trauma dello scavo e del recupero dei corpi, sentire che vomitavano e non volevano mangiare, vedere giovani soldati seduti sfiniti con il volto fra le mani, dà la misura dell'orrore della tragedia provocata dalla cupidigia di alcuni, con la copertura dei soliti politici che potevano evitarla usando il loro potere, ma non l'hanno fatto.


Se oggi stiamo in mezzo a mille mali della politica dobbiamo ricordarci in mano a chi stavamo nel 1963.

Il Presidente del Consiglio, Giovanni Leone, non andò sul luogo dell'orrore provocato dall'uomo il giorno dopo, ma una settimana dopo: con calma.
Un superstite racconta che promise Giustizia, come la povera gente traumatizzata chiedeva.
Nel 1969 egli, come avvocato penalista, difendeva in tribunale coloro che quel disastro annunciato avevano provocato.


Parliamo dei nazisti. E questi cosa erano?



La gente che non ha studiato e che per questo è più vicina alla natura, all'osservazione senza sovrastrutture della realtà, lo diceva che il monte franava e gli aveva dato addirittura un nome che lo definiva...

I geologi invece hanno firmato che lì la diga si poteva fare.


Il dramma non passa mai per chi è stato colpito. Non può passare. E si sente nei racconti di chi è rimasto: la gola chiusa, le interruzioni per contenere le lacrime, il racconto della ferita nella psiche che sono andati tutti a curare dagli psicologi, gli incubi che ancora ci sono al posto dei sogni...



Come al solito i colpevoli non hanno pagato come dovevano. Forse anche grazie ai loro bravi avvocati che, come Leone, promise Giustizia ai superstiti come Capo del Governo per poi difendere chi aveva la colpa di quell'orrore.

Se mi chiedo che psicologia poteva avere un Priebke, mi chiedo anche che uomo può essere stato uno che riesce ad agire così.

Molti anni fa, di ritorno in treno da un viaggio in Sicilia, ci trovammo nello stesso scompartimento con uno strano personaggio: un uomo anziano che aveva una gran voglia di parlare.
Ci disse che era stato direttore di banca e che fu mandato dalla sua Banca, ne disse anche il nome che non ricordo più,  a recuperare la cassaforte di una filiale che era stata investita "dall'enorme cucchiaio di acqua fuoriuscita dall'invaso del Vajont", disse proprio così: "cucchiaio", lo ricordo perché mi colpì l'espressione, che accompagnò con un gesto della mano, che descriveva bene l'orrore di quanto era avvenuto.
Si dilungò nei particolari di quello che aveva visto, disse che non era stato mandato da solo ma accompagnato da un sottoposto... Disse che la cassaforte con il suo prezioso contenuto non fu mai ritrovata.  
  La gente di Longarone aveva paura di questa diga che era stata costruita sopra la loro testa: ma a chi aveva il potere in mano non gliene è importato niente. 

2 commenti:

Silvia O. ha detto...


Tina Merlin , giornalista, era stata denunciata per aver scritto del pericolo incombente: "diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico" . Fu processata e assolta e quella assoluzione confermava che il pericolo esisteva. Finchè il boato e il vento gelido travolse tutto: una tragedia annunciata. "Avevo sconvolto l'ordine della Sade" commentò dopo la tragedia la giornalista che fu accusata di turbare l'ordine pubblico.

Il 12 ottobre, a disastro avvenuto, tutto il mondo manda giornalisti sul Vajont. Tina Merlin viene intervistata ma le sue dichiarazioni alla tv francese vengono fermate dal governo gollista che censura l'intervista su richiesta di quello italiano. La notizia in Francia esplode e la tv si vede costretta a pubblicarla, per poi farla sparire
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In questi giorni ho ascoltato alla radio stralci delle dichiarazioni che aveva rilasciato la giornalista
Senza parole!

Rita Coltellese ha detto...

Lo so Silvia e spero che lo sappia tanta gente e lo tenga a memoria. Nel film che ha ricostruito questa orribile disgrazia gli sceneggiatori hanno inserito pezzi di realtà e anche l'intervista alla coraggiosa giornalista di cui tu parli. Hanno ricostruito le responsabilità di precisi personaggi impersonati dagli attori. Nessuno ha potuto querelarli perché era semplicemente la verità.