sabato 6 ottobre 2012

UOMINI e non-uomini

L'ho scritto tante volte e non mi stanco di ripeterlo: sono stata educata da due persone buone, cattoliche, mia madre profondamente religiosa e credente, mio padre credente in Dio e diceva: "Cristo è stato un grand'uomo." Sì, penso anch'io che, al di là della bella favola della Resurrezione, Gesù Cristo, detto il Nazareno, è stato un Grand'Uomo perché ha dato solo messaggi di Amore e di Rispetto fra gli Esseri Umani.
Ma fra gli Uomini, intesi nel senso più alto del concetto di Umanità, ci sono e ci saranno sempre dei non-uomini. L'aspetto non li distingue, magari li distinguesse... L'orrore ce l'hanno dentro la testa, là dove non si vede. Se una società gli dà la possibilità di tirare fuori questa loro non-umanità troveranno una scusa per esprimerla.
Così è stato per il nazismo. Ho sentito fare tante analisi storiche: "i tedeschi sono stati umiliati dopo la prima guerra mondiale del XX secolo", "Hitler ha fatto leva su questo" ecc. ecc.. Ma quello che hanno fatto non ha alcun senso... Alcuna spiegazione né storica, né logica, né umana...
Già da ragazzina, quando appresi dell'orrore attraverso le immagini girate dagli Americani all'apertura dei Campi di Sterminio, il semplice buonsenso mi faceva dire: "Hitler era un pazzo, un paranoico, un mostro. E' rassicurante dire questo, ma i milioni di persone che in suo nome hanno commesso orrori quotidiani e gratuiti chi sono?" Credo siano dei non-uomini, esseri diversi dentro.
Quando ci fu la guerra in Jugoslavia mio figlio dopo la laurea prestava servizio militare: era tenente di complemento. Ricordo il suo quasi muto smarrimento di fronte ad una orrenda notizia che veniva da là: una bimba di 5 anni violentata e poi uccisa con una sventagliata di mitra a forma di croce.
"Che c'entra la guerra con questo? - Si chiedeva smarrito il giovane tenente. - Come può un Uomo, un soldato, anche nell'orrore della guerra fare questo: violentare una bambina e ucciderla in un modo orribile?"
Ho sentito in lui lo stesso smarrimento che io ebbi a 14 anni davanti a quel televisore in bianco e nero che mi mostrava l'inimmaginabile dei campi nazisti. Cercava una risposta in noi genitori che avevamo vissuto più di lui. "Se mi mandassero in guerra potrei sparare per difendere la mia postazione ma non potrei trasformarmi fino a tal punto." Tentai io di dargli una risposta: "Chi agisce così ce l'ha dentro e nella società si trattiene, la guerra gli dà la possibilità di farlo, è la scusa per farlo."
Ecco, penso questo dei non-uomini del nazismo.
Questo concetto doveva essere in embrione in me già quando sentii per la prima volta il titolo del libro di Primo Levi "Se questo è un uomo": pensavo, finché non lo lessi, che la frase dubitativa del titolo si riferisse all'uomo nazista, non all'ebreo ridotto a pelle e ossa. In me si era fissato quel concetto: che chi era capace di tanto non era un uomo e su questo essere si poteva dubitare che lo fosse, Uomo nel senso datogli dalla filosofia a cui io ero stata educata. Invece Primo Levi si riferiva alla visione di come era stato ridotto l'Essere Umano privato di tutto e rinchiuso in quei campi. Quando si è ucciso mi è venuto da piangere e mi sono sentita tradita da quel suo gesto di resa: l'orrore a cui aveva assistito lo aveva depresso dentro. Aveva cercato di liberarsene scrivendo, lui che era un Chimico, ma alla fine la resa. Ecco che invece Venezia ce l'ha fatta: ha atteso la morte naturale e di questo lo ringrazio perché quei maledetti non-uomini non hanno vinto.


Primo Levi giovane quando fu rinchiuso dai non-uomini nei campi di sterminio

Nessun commento: