giovedì 21 gennaio 2021

Simonetta Cesaroni non ha avuto giustizia, il suo assassino era un impotente violento.

 



Anch'io, leggendo quello che si trova nei media, penso come la brava Psicologa specializzata in Criminologia.
Penso ad una persona autorevole per il posto dove stava lavorando, che con un pretesto le ha chiesto di seguirlo nella stanza della Direzione, per poi palesarle le sue lubriche intenzioni a cui, sia pure sorpresa, la ragazza ha reagito indignata dicendo parole sferzanti di rifiuto, che hanno toccato la sfera narcisistica dell'assassino che ha reagito con un forte manrovescio, facendo cadere la fanciulla che, sbattendo la testa a terra, è rimasta stordita. A quel punto l'aggressore l'ha svestita freneticamente, si è messo cavalcioni su di lei e ha avuto il raptus omicidiario con un tentativo di violenza che non gli è riuscito.
Molti particolari sono stati mal interpretati, come il fatto che le scarpette se le fosse tolte lei avendo i lacci slacciati.. In realtà l'assassino può averli sciolti non riuscendo a sfilarle le scarpe per far passare i pantaloni.
Il fatto che abbiano portato via i pochi ori che aveva indosso, meno l'orologio, e che mancassero dei soldi dalla sua borsa, può far parte del tentativo di far risalire l'aggressione all'opera di un ladro di passaggio, oppure è stato uno sciacallo giunto sulla scena del crimine.
Rimane l'orrore di una giovane che lavorava in pieno agosto in un ufficio solitario e per questo qualcuno ha pensato potesse essere una preda.

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