giovedì 24 ottobre 2019

Sisma - Romanzo Capitolo X

Sisma
Romanzo inedito di Rita Coltellese
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Il Romanzo viene pubblicato per capitoli, ad ogni nuovo capitolo verrà scritta la data di pubblicazione del precedente in modo che il lettore possa, tramite il calendario che appare a destra, ritrovare facilmente il precedente.


SISMA

Capitolo X
 (Il Capitolo IX è stato pubblicato il 19 ottobre 2019)

Guidando senza fretta sulla strada del ritorno, lasciando le rovine alle sue spalle, la consapevolezza raggiunta con la vita vissuta le ispirò pensieri impietosi.
In quei luoghi aveva sperimentato le prime bassezze umane, senza esserne consapevole più di tanto, perché da giovani si rimane colpiti ma si pensa che "sono quelle persone così", e non altre, che altrove sarà diverso.
Invece a poco a poco aveva scoperto che era così ovunque e anche peggio.
I tradimenti, soprattutto di donne sposate, in un luogo dove tutti si conoscevano da generazioni, non si potevano nascondere, così nessuno poteva tentare di mettersi una maschera con la gente per sembrare migliore di ciò che era. In città aveva conosciuto donne che tradivano ma si guardavano bene dal dirlo, volendo sembrare persone leali anche se non lo erano affatto.
Ed ecco che quelle povere peccatrici di paese, che facevano una vita dura, ora le apparivano si, miserabili, ma la loro miseria era esposta a tutti, non potendola nascondere.
Aveva creduto che l'immoralità di alcune dipendesse dalla loro natura fallace, ma anche dall'ignoranza, dalla rozzezza dei sentimenti... Errore! Era solo la natura sleale e amorale a farla da padrone!
L'invidia che alcuni avevano nutrito nei riguardi delle mete raggiunte da suo padre, Giovanni per tutti lì "Nanni", era un sentimento ingiustificabile, soprattutto perché aveva albergato nell'animo dei suoi stessi fratelli e di questo malanimo suo padre aveva sofferto.
Mentre il nastro grigio della strada scivolava via davanti ai suoi occhi divorato dalla sua auto, i ricordi nella sua mente si facevano immagini:
"I tuoi zii non hanno saputo progredire, tutta la vita a reggere il pitale." La voce nasale di Amedeo, fratello di suo padre che aveva sposato Filomena, l'aggressiva e volgare adolescente che aveva insultato le di lui madre e sorella, le risuonò nel ricordo sgradevole come la sua espressione cattiva, ottusamente convinta di colpirla.
Invece Sara provava per lui una  totale disistima viste le sue miserabili intenzioni e una altrettanto totale indifferenza nei riguardi degli zii materni che quegli intendeva così denigrare.
Avrebbe voluto amare gli uni e gli altri ma l'ostilità continua di Amedeo, la sua misera volontà di mettere continuamente in cattiva luce la scelta coniugale di suo fratello Giovanni, che si era permesso di sconsigliarlo dallo sposare Filomena, allargata a tutta la parentela di sua madre, impediva a quell'affetto sincero che lei sentiva di esprimersi.
D'altra parte l'indifferenza glaciale dei fratelli di sua madre, sia nei riguardi di lei, che verso Sara, faceva da schermo a qualsiasi affetto ella potesse provare per loro.
Nessuno degli zii, sia di parte materna che paterna, voleva il suo amore, preferendo la distanza a volte ostile in un caso e quella manifesta fino all'odio nell'altro.
Amedeo aveva messo su una piccola impresa ed era benestante, nonostante la sua acredine Sara ne era sinceramente contenta per lui, dunque cosa poteva mai importargliene dei fratelli di sua madre che erano stati capaci solo di fare i facchini negli alberghi e i camerieri? Quel meschino disprezzo si rivoltava contro di lui mostrandone la miseria morale. 
Nei riguardi di sua madre poi aveva avuto gioco facile, perché a differenza della sua volgare consorte, era una donna mite, religiosissima e, per dichiarati apprezzamenti di persone colte e distinte, una  signora fine, l'unico suo difetto era la sua fragilità psichica sulla quale con ferocia Amedeo si gettava per denigrare la scelta di suo padre.
Eppure sua madre era stata una educatrice migliore di Filomena visto che Sara aveva costruito una famiglia unita con il primo grande amore della sua vita e non era stata tutta fortuna, no, era stata intelligenza nella scelta e umile costruzione quotidiana basata su valori alti.
La figlia di Amedeo e Filomena aveva inanellato la sua vita di rapporti fallimentari, financo con un uomo sposato, ed ora era una donna anziana sola ed inaridita.
Sara, pur crescendo una sostanziosa figliolanza, aveva raggiunto una buona posizione in un organismo statale, studiando e lavorando con serietà ed impegno, ma sempre mettendo al primo posto i doveri verso i suoi figli. Non l'ambizione l'aveva spinta, ma dapprima la necessità di aiutare il bilancio familiare, poi la determinazione del suo carattere serio ed inflessibile.
Cosa avevano raccolto Amedeo e Filomena con la loro tracotanza? Non avevano neppure avuto la gioia di diventare nonni. E i beni ai quali si erano dimostrati tanto attaccati a chi sarebbero rimasti? Due ville in un luogo di fantasmi e altri beni in città...
L'orgoglio arido ed ottuso beffato e non solo dal sisma della terra..
Filomena si era circondata di suoi parenti dando loro lavoro nella piccola impresa e addirittura alloggio in casa sua. Quelli, dovendole tutto, avevano formato un cuscino intorno a lei che gestiva come un piccolo potere contro i parenti del marito, tenuti a debita distanza.
Il padre di Sara le raccontò che un giorno era andato in visita presso la ditta di suo fratello, per salutarlo e vederlo... Almeno una volta ogni tanto. Lui in quel momento non c'era e Giovanni si era seduto in un angolo di una vasta sala ad aspettarne il ritorno: "Ad un certo punto è arrivata la sorella di Emanuele, Gabriella. Dovevano essere d'accordo da prima e dunque la mia presenza per loro era un imprevisto. Lui è andato rapidamente all'ingresso, per placcarla prima che entrasse, con in mano un fiasco di vino e un involto. Penso preso dalla dotazione della mensa della ditta. Lei li ha presi e poi si è voltata verso di me e come mi ha visto ha avuto un'espressione colpita, come di chi è stato preso in fallo. L'espressione di quella donna è stata più eloquente di ogni parola. Mio fratello e la moglie sono stupidi, si fanno derubare scioccamente."
Così aveva commentato Sara: "E' evidente che Emanuele liscia la cugina Filomena perché così vuole il narcisismo stupido e cattivo di lei, ma fa anche i suoi interessi. La sorella è una morta di fame e lui l'aiuta a spese di zio Amedeo e della moglie. Ma io non sono buona come te che dici che sono due poveri sciocchi ingenui, perché con altri sono persone cattive: si meritano di essere ingannati da chi favoriscono così platealmente perché lei ha bisogno di una corte."  Fin da bambina vedeva oltre suo padre, sempre troppo buono
Lui aveva sopportato con silenzioso dolore l'odio di suo fratello assorbito dalla moglie e dai suoi parenti.
Sara se ne rendeva conto ma quelle persone, una volta sposata, erano ormai a lei distanti. Doveva scoprire in seguito che l'odio miserabile, alimentato dall'invidia livida per tutto quello che di buono le persone odiate possono avere, si riproduce per contagio mentale anche in soggetti lontani dalle persone oggetto di odio, ma vicine a chi quel malanimo porta nel cuore.
Sara l'aveva scoperto in modo per lei traumatizzante dopo che suo padre era morto.
Non potendo lasciare sua madre a vivere da sola, con parte dell'eredità e con un mutuo, aveva acquistato un grande appartamento in modo che sua madre potesse avere una piccola stanza per sé. Pensava che fosse la cosa migliore per lei non rimanere da sola nella casa romana di proprietà dei suoi genitori, che fu affittata. Pensava che la presenza dei nipotini potesse allietare la sua solitaria vecchiaia. Ma così non fu. Le smanie della sua psicosi la rendevano insofferente a tutto rendendo la vita della giovane difficile. 
Empatica come era sempre stata, Sara notò degli atteggiamenti non consoni nella collaboratrice domestica che l'aiutava in casa due o tre volte a settimana e ben presto ne scoprì la ragione. Una donna anziana, dalla faccia campagnola e l'espressione aspra che incrociava spesso ferma sul portone a parlare con altre donnette del palazzo, la guardava smettendo di parlare e ugualmente facevano le sue interlocutrici del momento. Le fu chiaro chi fosse una volta che sorprendentemente la incontrò nella piccola piazza del paese dal quale ora stava tornando, in una rara occasione in cui vi era andata per sistemare alcune faccende riguardanti la casa delle vacanze non ancora venduta. 
La guardò e fece per salutare, dato che non potevano nascondersi di conoscersi di vista abitando nel medesimo condominio in città. Ma quella con espressione dura e inusitata arroganza girò lo sguardo altrove.
La giovane donna pensò che una simile persona di evidente modestia sociale avesse ben poco da sentirsi superiore rispetto a lei giacché Sara, pur non essendo superba, era pienamente cosciente del suo livello sociale e culturale rispetto a quella anziana donnetta. Dava per scontato che la sua collaboratrice domestica, essendo anche la moglie del portinaio del palazzo, parlasse di lei e di sua madre con il giro di donnette, ma non avendo nulla di cui preoccuparsi la cosa per lei non rivestiva importanza. 
Capì ben presto chi fosse quella strana persona giacché di quel borgo conosceva tutto: avi e viventi. Quella donna non era del paesino dunque il legame doveva dipendere da legami di parentela acquisita. La sua banale intuizione fu confermata dal fatto che, dato l'ambiente ristretto, la rincontrò con uno dei cugini di Filomena e sua moglie lo stesso giorno.
Questi era un bell'uomo che si era mostrato anche galante con lei, dato che gli piacevano in generale le belle donne, che per un certo periodo era stato ospitato in casa di suo zio Amedeo ed aveva lavorato nella sua ditta. Accanto a lui sua moglie, una donna scostante con un bel viso, ma molto in carne: l'anziana era sua suocera.
Antonio, così si chiamava il bel cugino di Filomena, la salutò cordialmente come sempre, le due donne no.
Sara ricordò che la donna in carne era una parrucchiera, dato che Antonio l'aveva presentata come la sua fidanzata a lei e a suo padre in una circostanza estiva in cui Sara era in vacanza presso i suoi genitori. 
Sara non aveva avuto che rapporti sporadici con i parenti di Filomena e sempre improntati a rispetto ed educazione. Dava però per certo che lei sfogava il suo odio verso suo padre e, per estensione, su tutta la sua piccola famiglia parlandone male con la sua corte di parenti da lei beneficati.
E quelli restituivano il favore accontentandola nella denigrazione, pur non avendo nulla da spartire con Sara e famiglia.
Ben presto la suocera di Antonio accese la curiosità malevola del manipolo di donnette poco acculturate del palazzo dove Sara abitava. Apprezzamenti sulla salute mentale di sua madre venivano proferiti volutamente da gente che lei non conosceva quando transitava sul portone. Sara non poteva che ignorare tutto questo, anche perché aveva con sé i suoi bambini e non poteva reagire accendendo una lite con gente rozza e a lei sconosciuta.
Temendo forse una ritorsione, l'anziana spargitrice di malevola maldicenza un giorno, mentre Sara passava,  dichiarò: "Io ho servito in casa di gente importante! Guai se qualcuno mi vuole fare qualcosa!" Le donnette che aveva intorno sogghignarono.
Sara scoprì qualcosa che non conosceva, dato che le sue frequentazioni, fino a quel momento, erano state di ben altro livello. Non capiva quel linciaggio da parte di persone con cui non aveva nulla a che fare, che neppure conosceva: scoprì che esistono i fiancheggiatori del malanimo, gli odiatori per scelta, gente che nel suo caso l'aveva con lei solo perché non era dello stesso livello culturale e sociale, e per di più era bella e non mandava i suoi bambini a giocare per strada come tutte quelle donnette che davano ascolto alla suocera di Antonio.
Sua madre era tutt'altro che matta o scema come costoro si permettevano di definirla e si accorgeva di quella gazzarra diffamatoria sussurrata quando anche lei transitava sul portone dove quella genìa passava gran tempo, ma a differenza di sua figlia che ne era traumatizzata lei ne era assolutamente indifferente. Sara seppe casualmente che sua madre si serviva da una parrucchiera della zona diversa da quello dove lei andava e un giorno le disse: "Ma è strana.. Mentre mi faceva i capelli ha commentato "questa matta".. Non porta rispetto, è maleducata."
"Ma non ci andare più! Ma come si permette?! Deve essere matta lei per trattare così una cliente!" Proferì colpita la figlia.
Con il suo solito distacco la madre di Sara rispose con calma indifferente: "No, non ci vado più. Andrò da un'altra parte."
Visto che la suocera di Antonio abitava lì Sara ebbe il sospetto che "quella" parrucchiera fosse la figlia, che avesse il negozio in quella zona.
Comunque quell'assedio di idiozia fatta di insulti, maldicenza e calunnie avvelenavano l'aria a Sara che, per la prima volta, scopriva qualcosa che esiste e può dare molto fastidio.
Provò a difendersi allontanando dal servizio la moglie del portinaio, che poteva alimentare con stupidi pettegolezzi quel formicaio, dato che aveva accesso in casa sua. Ma fu peggio perché arrivò la calunnia: figlia di matta e matta pure lei. E fu un'altra scoperta di vita per la giovane vedere come la gente, certa gente, mostra di credere a una realtà che non c'è, perché quella realtà le piace.
"Se ti avessero calunniata come puttana - le disse una volta una sua amica che insegnava greco e latino nei licei - sarebbe stato più facile crederci, perché non è pecca visibile, ma farti passare per malata di mente è impossibile, tu sei la smentita vivente che non lo sei. Vogliono crederci perché così gli piacerebbe che fosse, perché questo da loro soddisfazione. Sei bella, sei naturalmente elegante, tieni bene i tuoi bambini e non li mandi in strada come mandano i loro, sei colta ed hai un marito con una professione d'élite... Lasciagli pure dire che sei pazza." Sorrise.

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