giovedì 16 novembre 2017

I Racconti di una cattivissima vecchia 4° - Quelli che si mettono in testa "Maria pe' Roma"


Quelli che si mettono in testa "Maria pe' Roma"

A Roma c'è un detto: "Ma che te sei messo in testa? Maria pe' Roma?" Per chi non è romano spiego il senso.
Roma è grande e di Marie, nome comunissimo, ce ne sono tantissime. Dunque solo uno stupido privo di senso della realtà può andare in giro cercando una Maria come se tutti dovessero conoscerla come al paesello o in una ristretta borgata.
Il senso è stato esteso, nel pensiero popolare, a tutti quegli ottusi che si mettono in testa qualcosa di sbagliato su qualcuno, per limitatezza di pensiero e di intelletto.
E più sono stupidi più sono sicuri nel loro errore senza rendersi conto della figura barbina che fanno.
Come ho illustrato nei 3 precedenti racconti ero buona, tanto tempo fa, ma adesso sono una vecchia cattivissima e penso con cattiveria a tutti gli scemi che su di me si erano messi in testa "Maria pe' Roma".
Mi vengono in mente vari aneddoti.
Un parente, della mia stessa età ed estrazione piccolo borghese, mi derise perché avevo parlato di "ricette di cocktail". Stupita, gli dissi quello che avrebbe dovuto sapere anche lui: "Si chiamano ricette anche quelle che indicano come fare un cocktail." Senza cattiveria... ero giovane.
Lui continuò a deridermi nella sua ignoranza.
Non pensai che fosse poco intelligente, anche se, pur avendo la mia stessa età, si diplomò due anni dopo.
Ma quello che una persona è si ripresenta nel tempo e dunque mi colpì che, quando mi annullarono l'esame della patente conseguita presso un'autoscuola, perché il geometra della Motorizzazione Civile si era accorto (per ignoranza delle leggi) che con la mia infermità visiva non potevo passare la visita autorizzativa con il semplice oculista dell'autoscuola, ma dovevo essere esaminata dalla Commissione Medica per le Patenti Speciali, egli mi derise adombrando che stavo mentendo per coprire una bocciatura (gesto meschino e per me impensabile) dicendomi: "Hanno fatto sta' legge solo pe' te!" Tentai di spiegare che la legge c'era, ma sia i gestori dell'autoscuola sia il Geometra della Motorizzazione Civile non ne erano a conoscenza; portai a prova anche il fatto che, una eventuale bocciatura, non avrebbe consentito di rifare l'esame pro-forma dopo 15 giorni presso la Motorizzazione Civile dopo il passaggio in Commissione Medica, dato che tutti sapevano che in caso di bocciatura non si poteva ripetere l'esame prima di 1 mese!
Ma perché darsi tanta pena di spiegare, come a giustificarsi, ad un imbecille meschino che, probabilmente, così pensava perché per lui mentire per nascondere sue defaillances o insuccessi era evidentemente normale?


Citazione dello scrittore spiritualista Don Miguel Ruiz: "Quello che gli altri dicono e fanno è una proiezione della loro realtà.

In fondo anche Sigmund Freud ha, dal suo punto di vista scientifico, descritto il cosiddetto "Meccanismo delle Proiezioni".

Se quello che gli altri si mettono in testa corrisponde poi a fatti reali è ovvio che non si tratta di loro proiezioni interiori, ma quando dall'altra parte non esiste la realtà che loro vedono, o vogliono vedere, allora si parla di "Meccanismo delle Proiezioni".
E per completare il quadro di questo poverino, afflitto da un sentimento di inferiorità nei riguardi di un suo fratello maggiore, dirò che era completamente influenzato da una moglie racchia quanto meschina come e peggio di lui. Era una di quelle donne definibili appunto "donnette". Invidiosa e sempre in competizione, soprattutto su piccole cose meschine.
Portatori entrambi dei valori dell'Avere e poco dell'Essere (quanto all'Essere si accontentavano di gonfiare quel poco che erano, eludendo parti della realtà che avrebbero svelato che erano molto meno di quello che volevano far apparire), lui volle regalarle subito una pelliccia di Lapin e un viaggio di nozze all'estero. Aveva pochi e magri guadagni ma li aveva tenuti accortamente per sé, per regalarsi quello che a quei tempi non era usuale per quel livello sociale. Mentre il fratello, con cui aveva nella sua testa un continuo confronto da cui lui doveva riuscire sempre vincitore, aveva versato per anni soldi in famiglia per consentirgli anche di terminare i suoi stentati studi.
Bisogna dire che non ritengo questo poverino cattivo, a differenza della sua meschina consorte, la quale ha sempre avuto invece una punta di malignità nel carattere. Ma la sua povertà intellettiva e spirituale faceva si che egli soggiacesse anche alle piccole invidie di sua moglie che, se si sposavano in qualche modo con le figure legate al fratello a cui si sentiva intellettivamente inferiore, avevano come conseguenza episodi grotteschi come il seguente:
dopo 7 anni di matrimonio il fratello, generoso verso di lui e verso la sua famiglia di origine, regalò una pelliccia di Lapin a sua moglie. Non che la moglie ci tenesse più di tanto, pensando che comunque quella calda copertura era frutto della morte di tanti animali... Ma, nonostante la sua racchia consorte l'avesse avuta appena sposata e la indossasse da due anni, qualcosa di quel dono di suo fratello alla moglie doveva aver suscitato un sentimento meschino di invidia. Quando le due donne si trovarono, in una occasione di riunione della parentela, vestite entrambe con le rispettive pellicce, lui spinto da un istinto irrazionale prese un ciuffo della pelliccia nuova della moglie del fratello e lo tirò staccandolo, mentre quella lo guardava sorpresa da quel gesto insensato che danneggiava il suo fresco capo di abbigliamento. Per compensare il gesto compulsivo, rendendosi conto del danno, cercò allora di fare altrettanto sulla pelliccia che indossava la moglie, la quale lo redarguì inviperita e da quel capo non fu strappato nessun ciuffo di peli. 
A questa coppia si aggiungeva un altro elemento: la sorella maggiore di lui, afflitta da uguali complessi di inferiorità verso il fratello primogenito. Costui, colpevole ai loro meschini occhi di avere una intelligenza ed una cultura maggiori delle loro per solo suo merito, aveva sposato una donna di adeguata intelligenza e di una cultura costruita dalla sua sete di conoscenza, che aumentava e valorizzava gli studi canonici fatti. La sorella del poverino la odiava e a nulla servirono i tentativi di quella donna di buona volontà di ignorare la manifesta ostilità dell'invidiosa.
Questo soggetto soffriva di una invidia che ritengo patologica e che in parte aveva mutuato da sua madre.
Anche in questo caso si può capire meglio con un aneddoto la situazione psicologica della madre.
In una occasione di incontro della famiglia con quella della racchia, allora ancora fidanzata con il poverino, la madre invidiosa e sua figlia si erano vestite di tutto punto, dovendo andare tutti insieme a cena fuori. Quando la madre vide la futura moglie del suo figlio minore e la sua futura consuocera vestite con abiti dal taglio moderno e di fresco acquisto, rimase malissimo. Le due donne salutarono e  precedettero al ristorante la famiglia del poverino, dicendo: "Intanto andiamo a prendere i posti." Rimasero con la madre: la figlia e il fratello maggiore con la moglie, la quale assistette, con infinito stupore, al pianto di una donna di sessanta anni, consolata dalla figlia, che diceva come una bambina: "Loro sono vestite meglio... Hanno abiti nuovi." La figlia, più che altro per la presenza esterrefatta della moglie del fratello maggiore, cercava di calmarla. 
Che cervello deve avere una donna che, arrivata a 60 anni, piange per un simile motivo? Di gallina?
Come rapportarsi ad un cervello intriso di una superficialità e di una stupidità di tale livello?
Il rapporto con chi ha tali limiti è impossibile se non si è simili.
Con queste persone è un continuo dover dire "Ma che te sei messo in testa? Maria pe' Roma?" Giacché presuppongono che anche tu debba essere invidioso come loro. Dalla donna anziana, capace di piangere per invidia verso persone vestite meglio di lei, ne ho sentite di tutti i colori: che io potessi essere invidiosa perché sua figlia, più vecchia di me, aveva già la patente... oppure perché avesse un abito nuovo... Cose incomprensibili per il mio modo di pensare.

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