venerdì 13 maggio 2016

Che Yara e i suoi cari abbiano Giustizia

Da: La Stampa di Paolo Colonnello

“Yara è morta tra paura e dolore dopo una lunga agonia”

La requisitoria del pubblico ministero al processo contro Bossetti
Seduto accanto ai suoi avvocati, con il maglioncino viola delle prime udienze, il carpentiere di Mapello sembra immune a qualsiasi sentimento e così si guarda intorno svagato anche quando il pm ripercorre gli istanti drammatici delle ultime ore di vita di Yara, 13 anni, abbandonata in un campo incolto a pochi chilometri da casa in una notte fredda di novembre, dopo essere stata portata con violenza tra gli arbusti, picchiata, colpita con un coltello.  

«L’abbondante produzione di acetone ritrovato tra gli organi di Yara, ha rivelato lo stress subito da questa bambina. Così come l’edema polmonare ci ha raccontato che ha avuto difficoltà respiratorie prima di morire. Stava perdendo sangue, avrà provato, dolore, paura e freddo». Ed è proprio il freddo che alla fine la ucciderà, dopo una lunga agonia, senza arresto cardiaco: morta nel peggiore dei modi, abbandonata a pochi chilometri da casa dopo essere stata picchiata, senza probabilmente, nemmeno capire il perché.  

Yara, dice il pM, «è stata aggredita lì, colpita lì, e lì è rimasta finchè la morte non è sopraggiunta». Spiega che non c’è stato trascinamento del corpo, che non è stata avvolta in un tappeto e poi portata nel campo di Chignolo, che non è stata spogliata e rivestita. Yara e al sua fanciullezza sono state vittima di un solo uomo e del suo raptus sessuale anche se non è stata violentata, sebbene il la sua maglietta sia stata sollevata, il reggiseno e i leggins tagliati fino a lasciare la famosa traccia di Dna, confrontata con ben 23 marcatori quando ne sarebbero stati sufficienti 15, formata da 18 prelievi che hanno permesso di isolare 1000 microgrammi per microlitro, restituendo un profilo genetico inequivocabile, quello di “ignoto uno”.  
Il pm fa piazza pulita di ogni suggestione, di ogni elemento spurio introdotto in questi mesi di dibattimento, di ogni fantasia che avrebbero voluto allontanare da Bossetti sospetti e certezze.  

Invece le prove e gli indizi sono tanti e fanno impressione. E i reati sono lì a raccontarlo: otre all’omicidio la calunnia, per aver cercato di attribuire a un compagno di lavoro la responsabilità dell’omicidio di Yara, la ragazzina ginnasta che forse Bossetti aveva conosciuto andando ad abbronzarsi nel centro estetico vicino a casa della bambina oppure incontrandola nei suoi giri tra cantieri e passaggi davanti alla palestra dove Yara si allenava, per poi tornare a casa stando “sotto i lampioni”, come le aveva raccomandato la mamma.


La belva in foia ha trascinato la bambina in un prato, per fortuna non è riuscita a violentarla, almeno questo orrore le è stato risparmiato, perché lei si è difesa, la belva ha tagliato i suoi vestiti, l'ha colpita per tenerla ferma, l'ha ferita con l'arma con cui le ha tagliato i vestiti, eccitata le ha eiaculato addosso, poi se ne è andata lasciandola lì. Non pensava di averla uccisa, aveva finito il suo sfogo malato senza darle colpi così forti da volerla uccidere, forse pensava che si sarebbe rialzata, che avrebbe pianto, gridato e che qualcuno l'avrebbe soccorsa, e lei, la belva, ha temuto di essere riconosciuta dalla sua vittima, e allora si è tenuta lontano da quei luoghi. Ma i giorni passavano e la bambina non si trovava... Allora, forse, la belva ha cominciato a capire che forse era rimasta lì, dove lei l'aveva lasciata... E ha capito che era morta. Forse è tornata in quel luogo per vedere se era ancora lì.
Tanti che la cercavano sono passati di là senza vedere il suo corpicino nascosto da pochi arbusti.
L'assassino ha pensato che era fortunato, che il tempo giuocava in suo favore: pioveva sul prato, cadeva la neve... Gli animaletti facevano il resto. Alla fine anche il vento ha portato qualcosa... Ma non il DNA, quello non vola con il vento, ma l'assassino forse non ha una cultura sufficiente a capire, a sapere che il DNA rimane, che gli scienziati studiano addirittura DNA antichissimi.
Viva la Scienza! Unico vero progresso di un'umanità ancora in grandissima parte ferma all'uomo delle caverne. 

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