lunedì 17 novembre 2014

I Magistrati ed il Caso Garramon

Dal sito della trasmissione "Chi l'ha visto?"

Josè Garramon: Il Papa incontra ancora la madre e chiede delle indagini

Città del Vaticano, 21/5/2014 - Al termine dell'udienza generale di questa mattina, Papa Francesco si è trattenuto qualche minuto con Maria Laura Garramon, la madre di Josè, salutandola con calore e chiedendole quale assistenza le stia dando il Vaticano, attraverso gli organi da lui incaricati dopo il loro precedente incontro a Santa Marta del novembre scorso. La madre del dodicenne ucciso nel 1983, nell’ultima puntata di “Chi l’ha visto?” aveva denunciato la mancata richiesta formale di collaborazione da parte dei magistrati italiani al Vaticano, vista la disponibilità ribadita ancora oggi al massimo livello dallo Stato Pontificio. L’uomo condannato per la morte di Josè, Marco Accetti, secondo la madre del bambino “mette in mezzo il Vaticano, una presunta rete di pedofili, la vicenda di Emanuela Orlandi e altri elementi 'piccanti' e di richiamo solo per gettare confusione”: “Ho atteso che fosse la magistratura a verificare, ma ho constatato che non viene fatto quanto sarebbe dovuto”, ha dichiarato Maria Laura Garramon dopo l’incontro con il Papa.




















Come sempre quello che riguarda i bambini, gli innocenti, mi colpisce profondamente.
Il caso del piccolo e bellissimo Josè Garramon, 12 anni, figlio di un diplomatico  uruguayano di stanza a Roma, ucciso in circostanze misteriose nel 1983, mi colpì e continua a colpirmi nella speranza che, occupandosene, dopo tanti anni, la trasmissione "Chi l'ha visto?", gli sia data finalmente Giustizia.
Quella Giustizia che fa tanta fatica ad affermarsi, non solo in Italia, soprattutto quando si vanno a scoperchiare le fogne della pedofilia. Questo caso si è perso dietro piste sbagliate, dovute a fuorvianti fatti riguardanti la vicinanza, al luogo del ritrovamento del corpicino agonizzante del bambino, della villa di un magistrato, in un'epoca di terrorismo.
Sfumate quasi subito codeste piste, la Polizia e i Carabinieri incastrarono l'assassino, ma le sue bugie difensive fuorviarono l'imputazione, da rapimento a scopo di libidine con conseguente omicidio volontario, in omicidio colposo ed omissione di soccorso.

Da un articolo di Pino Nicotri su Blitz Quotidiano del 10 febbraio 2014

.... accusa a Marco Fassoni Accetti di pedofilia e omicidio volontario. Accuse che verranno in seguito derubricate in quelle di omissione di soccorso e omicidio colposo.

... Marco Fassoni Accetti, nato a Tripoli nel novembre 1955, venne processato e condannato per omicidio colposo e omissione di soccorso: arrestato il 21 dicembre 1983. detenuto fino a maggio 1985 e poi ai domiciliari fino a giugno 1986. In effetti, Marco Fassoni Accetti, dopo avere investito il piccolo Josè, non si fermò.

La trasmissione "Chi l'ha visto?" ha mandato in onda dei filmati, fatti dall'assassino che si definisce un artista dell'immagine, che dire inquietanti è poco. Senza essere psichiatri o psicopatologi la personalità di chi li ha eseguiti vi appare in tutta la sua patologia.
Non è solo la mia personale opinione, ma quella di tanti, ad iniziare dai giornalisti che si sono occupati del caso per la trasmissione. Posso aggiungere che persino un Maresciallo dell'Arma con il quale mi trovavo a parlare d'altro, accennando alla trasmissione "Chi l'ha visto?" come di servizio che aiuta il lavoro di chi indaga, fece cenno con un brivido di orrore alle apparizioni in detta trasmissione dell'autore della morte di Josè, dicendo che era evidente la sua patologia e che si sperava venisse processato al più presto e messo in condizione di non nuocere più agli innocenti.
Purtroppo questo non sta avvenendo e qualcuno ha detto che non può essere processato più per la morte di Josè, avendo avuto per quell'uccisione già una condanna che ha espiato in carcere. Non sono una studiosa del Diritto Penale, dunque non so se questo è tecnicamente vero. Quello che so è che, se hanno sbagliato imputazione, visto che Josè non è stato ucciso sotto casa sua, né nel tratto di strada fra casa sua ed il barbiere dove si doveva recare, bensì a chilometri di distanza in un luogo isolato non raggiungibile se non in auto, è legittimo dire che qualcuno l'ha rapito e portato fin lì. Come abbiano potuto escludere che non fosse stato il suo assassino, derubricando il tutto in un investimento fortuito, è qualcosa di incomprensibile, alla luce dei mille indizi, sia di quella sera, sia successivi della personalità del soggetto.
La pena che ha espiato l'assassino è per altro reato, dunque perché non si può processare per un reato diverso, più grave e plausibile alla luce di tanti fatti?  

Da un articolo di Pino Nicotri su Blitz Quotidiano del 10 febbraio 2014
La signora Garramon ha chiesto la riapertura delle indagini sulla morte del figlio. Nessuno ha mai saputo spiegare come Josè quel 20 dicembre sia arrivato a vari chilometri di distanza da casa, zona Eur, dopo esserne uscito attorno alla 18 per andare dal barbiere, finendo invece mortalmente investito da un furgone. Per l’esattezza, da un furgone Ford Transit 100 color celeste targato Roma R-01011, tra le 19:30 e le 19:40, su viale Castelporziano all’altezza della Casina del Bosco, agro di Casalpalocco, zona cioè tra Roma e Ostia.
Alla guida del furgone c’era Marco Fassoni Accetti. Che già allora, 28 enne, aveva la passione e si dilettava come fotografo e regista anche se nel rapporto stilato dai carabinieri il giorno successivo all’investimento viene definito “impiegato, pregiudicato per reati vari contro la persona e contro il patrimonio”.
La madre del piccolo assassinato

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