Le minacce di Totò Riina al pm Nino Di Matteo, magistrato del pool che sostiene l'accusa nel processo Stato-Mafia, non sono semplici intimidazioni. Ne è convinto lo stesso Di Matteo, che al GR1 parla per la prima volta dopo la pubblicazione delle intercettazioni in carcere.

"Io cerco di concentrarmi sul lavoro, ma certamente saremmo degli stupidi se non avvertissimo una, credo normale, preoccupazione", dice il magistrato che poi così valuta le parole intercettate: "Non credo si possano definire delle semplici minacce ma sono delle intenzioni omicidiarie prospettate a un altro detenuto probabilmente perché in qualche modo vengano portate all'esterno per essere eseguite".

E sull'eventuale potere che il boss di Cosa Nostra abbia di portare a termine i suoi propositi, il pm di Palermo osserva: "Fino a qualche anno fa risultanze precise investigative facevano emergere che i capi in libertà di Cosa Nostra non volevano prendere o non potevano prendere determinate decisioni se non acquisendo l'avallo e il consenso di colui che ritenevano il vero capo, cioè Salvatore Riina. Questa è la situazione che quanto meno fa sospettare che ancora oggi certamente Riina possa tentare di esercitare un ruolo di comando".


Di Matteo parla anche del clima in cui si trova a vivere negli ultimi mesi: "Credo che registrare la vicinanza di tanti semplici cittadini sia un motivo ulteriore di conforto e che questa solidarietà possa anche sopperire rispetto a qualche silenzio e perplessità di fondo e a qualche malignità
 di chi ha perfino messo in dubbio quello che è stato oggetto delle intercettazioni". E spiega: "C'è sempre chi parla di minacce inventate. Sono storie che fanno parte purtroppo di quella mentalità mafiosa che tende a delegittimare i magistrati". Conclude il pm: "Quello che io ritengo, quello che penso, quello che sospetto in questo momento ovviamente non ha alcun valore se non verrà dimostrato eventualmente, e quindi me lo tengo per me".

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Sono tante le domande (inquietanti) che si pone il cittadino su questa registrazione, sul 41 bis... e sul ruolo di Napolitano in questa faccenda.
In un Paese senza ombre l'intercettazione della telefonata fattagli da Nicola Mancino NON DOVEVA ESSERE DISTRUTTA ASSOLUTAMENTE!

La mancanza di sicurezza che ha obbligato il magistrato Di Matteo a non recarsi al processo di Milano è anch'essa inquietante.

Senza connivenze con il sistema che detiene il Potere in Italia la Mafia sarebbe presto eliminata. In fondo si tratta solo di criminali che, uniti da interessi di soldi che ottengono con il traffico di droga e le estorsioni nei riguardi di chi ha un'attività commerciale o imprenditoriale onesta, si spalleggiano e si aiutano, e questo lo chiamano "onore".
Sono ignoranti e con un pensiero rozzo, tanto è vero che a volte parlano di Dio come se ci credessero, dimostrando così un pensiero primitivo, da bestia che uccide ma non teme il giudizio di un eventuale Dio, da bestia che non ha né il senso del limite, né il senso morale del bene e del male, dunque parla anche del giudizio divino in totale assenza di coscienza.

Un Paese in cui il Potere che lo gestisce VUOLE realmente annientare o, almeno, confinare l'Organizzazione Criminale in un angolo limitatamente fisiologico di una percentuale di delinquenza che è in ogni consesso umano, la Mafia sarebbe finita da un pezzo, con i potenti mezzi che uno Stato può, se vuole, mettere in campo.

Infine, esistono coloro che sono contigui a questi criminali per soldi: si fanno comprare per fare la spia, per dare informazioni sui magistrati ed i loro movimenti...
E questo attiene alla disonestà, all'immoralità di chi ha un solo Dio: il denaro.
Poi c'è chi si droga e ruba, si prostituisce e uccide per avere il denaro necessario per comperare e consumare quella merda e, così facendo, ingrassa la Mafia.