martedì 4 giugno 2013

Chi la sfanga e chi no

IERI
Da: Il Resto del Carlino

Bnl, assolti Fazio e Caltagirone E per Consorte pena dimezzata

La scalata

Smontata l’accusa: annullate tutte le condanne per aggiotaggio

di Marinella Rossi
Giovanni Consorte
Giovanni Consorte

Bologna, 31 maggio 2012 - Scalate truccate? Non per Unipol. Un colpo di ruvida spugna sull’estate 2005 delle inchieste intorno agli arrembaggi bancari made in Italy. Meglio: su metà di quelle inchieste. Se il processo all’assalto di Bpi ad Antonveneta ha retto all’esame d’appello alla bell’e meglio, con poche pene, ma con la conferma delle responsabilità dello zoccolo duro (il numero uno allora di Bankitalia, Antonio Fazio compreso), il processo gemello all’assalto a Bnl da parte degli uomini Unipol, allora, Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, no.

Sconfessata la Procura della Repubblica di Milano e la sentenza di primo grado che condannava fino a 3 anni e 7 mesi, il verdetto d’appello si snoda a distanza di 7 anni dai fatti in pochi attimi davanti a un parterre di avvocati di classe A, increduli, esultanti e a tratti in lacrime, e imputati nel giorno della loro gloria assenti. Non regge, all’esame di secondo grado l’impervio reato di aggiotaggio che viene cancellato con formula tranciante (il fatto non sussiste) per tutti. Unipol, 'furbetti' e contropattisti.
Da Consorte a Sacchetti allo stesso Fazio, a Francesco Gaetano Caltagirone, Carlo Cimbri, Emilio Gnutti, Danilo Coppola, Stefano Ricucci, Ettore e Tiberio Lonati, Guido Leoni, Giuseppe Statuto, il parlamentare Vito Bonsignore. Che, semplificando, e in attesa dei quindici giorni utili al giudice Flavio Lapertosa per scrivere le motivazioni, significa: la scalata a Bnl, quella su cui esplose lo scandalo della telefonata di Consorte all’allora segretario del Pd, Piero Fassino ("Abbiamo una banca"), non era irregolare. E forse Unipol, oggi, potrebbe avere una banca.

Sottili paradossi: proprio Consorte e Sacchetti restano impigliati e dunque condannati (per insider trading e ostacolo alla vigilanza Consob) a un anno e 7 mesi e un anno e 6 rispettivamente, proprio per le informazioni date ai loro referenti politici in corso di scalata, Nicola Latorre, Massimo D’Alema e Fassino, che, prive di rilievo penale per i politici, rilievo ne hanno per i due uomini delle coop rosse.

La sentenza non lascia spazio a troppe speculazioni: cancellate le pene pecuniarie a un milione e 300mila euro e un milione per i due ex Unipol. Unipol stessa ottiene una rideterminazione a 420 mila euro contro i 720mila stabiliti in primo grado. Revocate poi le sanzioni nei confronti della Banca popolare dell’Emilia Romagna (270mila euro in primo grado) e di Hopa (400mila), come conseguenza dell’assoluzione del banchiere Leoni e di Gnutti. E annullata è di conseguenza la provvisionale di 15 milioni a favore degli spagnoli del Banco di Bilbao, parte civile perché si sarebbe vista soffiare via Bnl dai francesi di Bnp Paribas, per colpa dei magheggi dei contropattisti. Segue, per BBVA, anche la beffa del pagamento delle spese processuali.
Ma una nota amara la inserisce nel giorno della vittoria Giovanni Consorte: "Dopo 7 anni la Corte d’appello riconosce la liceità dell’operazione Bnl da parte di Unipol". E a questa seguono le amarissime accuse degli avvocati vincenti, da Marco De Luca a Guido Alleva: "Resta il danno micidiale prodotto all’economia italiana". Una banca, Bnl, che sarebbe dovuta e potuta "rimanere in Italia". Proprio come sarebbe piaciuto ad Antonio Fazio.

di Marinella Rossi
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OGGI
Da:  RAI News 24

Sentenza Unipol, Berlusconi ascoltò la telefonata di Fassino e la fece pubblicare

Milano, 04-06-2013
Non solo Silvio Berlusconi ha ascoltato la telefonata tra Piero Fassino e Giovanni Consorte nella quale l'allora leader dei Ds chiedeva all'ex numero uno di Unipol "Allora abbiamo una banca?" ma il suo ruolo è stato fondamentale perché quella conversazione, ancora coperta dal segreto istruttorio, fosse pubblicata su Il Giornale.

Lo hanno scritto i giudici della quarta sezione penale nelle motivazioni della sentenza con la quale il 7 marzo scorso hanno condannato Silvio Berlusconi a un anno di reclusione per concorso in rivelazione di segreto d'ufficio con il fratello Paolo.

L'incontro a cui fa riferimento la sentenza è quello del 24 dicembre 2005, quando Paolo Berlusconi vide il fratello ad Arcore insieme a due imprenditori Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli, quest'ultimo titolare della società che faceva le intercettazioni telefoniche per la procura di Milano. Per i giudici in occasione di quell'incontro la telefonata fu ascoltata da Silvio Berlusconi. Infatti, come scrivono nelle
motivazioni della sentenza, "deve piuttosto ritenersi che quella sera la registrazione audio venne ascoltata attraverso il computer, senza alcun addormentamento da parte di Silvio Berlusconi, o inceppamento del pc".

Secondo quanto sostenuto dalla difesa, infatti, l'ex premier non avrebbe sentito la
telefonata perché durante l'incontro si assopì per la stanchezza e perché il computer con cui avrebbero dovuto sentire la telefonata non funzionò. Circostanze a cui il
tribunale non ha creduto.
Per i giudici della quarta sezione penale di Milano non è credibile che il Cavaliere non sia mai stato messo al corrente dell'esistenza della ormai famosa intercettazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte a proposito del tentativo di scalata a Bnl da parte di Unipol. In fase di udienza preliminare, il leader del Pdl aveva dichiarato "di essere assolutamente contrario alle intercettazioni che considera barbarie perché contrarie al diritto di segretezza delle comunicazioni, sancito dalla Costituzione quale espressione del diritto di liberta dell'individuo", ricordano i giudici.
Berlusconi davanti al gup "ha aggiunto che mai avrebbe consentito di ascoltarne una in casa sua né suo fratello glielo avrebbe mai proposto". Un'affermazione che il collegio persie duto da Oscar Magi scrive che "non è credibile né in generale né tantomeno alla luce di Silvio Berlusconi".

La pubblicazione della telefonata tra Piero Fassino (ex segretario dei Ds) e l'allora presidente di Unipol, Giovanni Consorte ("Abbiamo una banca"), aveva bisogno del via libera di Silvio Berlusconi, per "la sua qualità di capo della parte politica avversa a quella di Fassino", si legge nelle motivazioni della sentenza del tribunale di Milano, "non
potendosi ritenere che, senza il suo assenso, quella telefonata, che era stata fatta peraltro ascoltare a casa sua, fosse poi pubblicata".
I giudici del tribunale di Milano nel condannare Silvio Berlusconi a 1 anno di reclusione hanno ritenuto di non concedere le attenuanti generiche all'ex premier tenendo conto "della sua qualità di pubblico ufficiale" e "della lesività della condotta nei confronti della Pubblica Amministrazione".

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Essendo persona al di sopra di ogni sospetto, visto ciò che scrivo da quasi 3 anni su questo blog, posso permettermi di sorprendermi su come sia ondivaga la giustizia, con la g minuscola, in questo Paese.
Di tutta la storia quello che rimane è che la condanna maggiore se l'è beccata Berlusconi, reo di aver consentito che sul giornale di proprietà del fratello Paolo si pubblicasse l'imbarazzante telefonata fra Fassino e Consorte.
Che lui abbia i metodi pirateschi che ha lo sappiamo tutti, ma è anche vero che gli altri sono tutt'altro che santi!
Però le condanne se le becca tutte lui! Tutti i torti su quel che Silvio dice della magistratura, a mio avviso, non li ha.

1 commento:

Silvia O. ha detto...

Condivido le tue riflessioni.
Non condivido quelle di Di Pietro.

Oggi sono state rese note le motivazioni della sentenza che vede Silvio Berlusconi condannato ad un anno di reclusione per la vicenda dell’intercettazione Fassino – Consorte. Forse è bene ricordare come è nata quell’inchiesta. Ha origine da un mio esposto presentato alla Procura di Milano nell’ottobre del 2009 (clicca qui per leggere il documento), subito dopo aver raccolto le confessioni di Fabrizio Favata, l’imprenditore che aveva consegnato la pen drive con l’intercettazione al Cavaliere. Tra l’altro, l’imprenditore in questione si era rivolto anche ad altri esponenti politici che però preferirono fare come le tre scimmiette, tappandosi gli occhi, le orecchie e la bocca. Mentre io ho fatto il mio dovere di cittadino e sono corso a riferire ai magistrati. Ed è stato un comportamento corretto, visto che anche i fatti mi hanno dato ragione.
Ma anche oggi il copione si ripete, come tutte le volte che si scoprono le malefatte di Berlusconi: i suoi sodali lo difendono e lo disegnano come ‘vittima di un complotto’. Qui le uniche vittime sono gli italiani, raggirati dai suoi anchorman e costretti a subire le sue leggi ad personam. I lacchè del Cavaliere si rassegnino, in Italia la legge è ancora uguale per tutti. E ancora Berlusconi non è riuscito a farsi incoronare re. Noi continueremo a difendere la democrazia e i magistrati, a cui esprimiamo tutta la nostra solidarietà, che fanno fino in fondo il loro dovere senza lasciare impuniti i potenti di turni.

Non ha fatto alcun accenno ai protagonisti di questa storia...
Non ho vomitato ma un po' di nausea mi è venuta!!!!!!