giovedì 25 aprile 2013

Emanuela Orlandi e Mirella Gregori


  • Dal sito della trasmissione di RAI 3 "Chi l'ha visto?"
    4 aprile 2013
    Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, titolare insieme con il sostituto Simona Maisto dell'inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, ha disposto l’acquisizione del flauto fatto ritrovare ieri a “Chi l’ha visto?” da un uomo. Lo strumento musicale sarà sottoposto ad una consulenza tecnica per verificare se siano rintracciabili tracce organiche per una eventuale comparazione genetica e per stabilire se siano presenti impronte digitali e a chi appartengano. In merito alle modalità del ritrovamento, sono state verbalizzate le dichiarazioni spontanee dell’inviato di “Chi l’ha visto?” Fiore De Rienzo come persona informata sui fatti.

    Un uomo, forse un mitomane che vuole mettersi in mostra, che ha precedenti per essersi prestato a fare il sosia di Roberto Benigni in una trasmissione televisiva (cosa che, però, di per sé non necessariamente ne fa un mitomane), ha fatto ritrovare il flauto di Emanuela Orlandi.
    Non è detto che lo sia, anche se la famiglia lo ha riconosciuto come molto simile anche nella custodia, e se lo è lo dirà l'esame del DNA della saliva che chi suona lascia all'interno del boccaglio. Ella sparì dopo la lezione di musica e nulla di quello che aveva con sé è mai stato ritrovato.
    Una delle sorelle ha detto che Emanuela, come tutti i suonatori di flauto, al ritorno a casa lavava il boccaglio, ma quel giorno sparì e dunque se è veramente il suo flauto non lo poté lavare...
    Ora è tutto in mano alla magistratura e l'uomo che l'ha fatto ritrovare dovrà spiegare molte cose e, anche se si dice tranquillo, se esiste una logica non dovrebbe cavarsela in nessun caso.
    Dice che lui è tranquillo perché dice la verità, dunque non potrà essere perseguito per false dichiarazioni e depistaggio e intralcio alla Giustizia, ma se dice la verità potrà essere perseguito per ben altro reato, molto più grave: concorso in sequestro di persona come minimo.
    Anche se è un mitomane non dovrebbe cavarsela senza una denuncia penale e conseguente processo per qualcuno di questi reati.
    E' un pregiudicato in quanto condannato per omicidio colposo in una orribile storia che riguarda un bambino di 12 anni il quale, uscito di casa per andare dal barbiere lì vicino, fu ritrovato morto con tutte le ossa rotte sul ciglio della strada dalle parti della Pineta di Ostia. Lontanissimo da casa sua.
    Il suo assassino fu individuato grazie all'abilità della Polizia che risalì al suo mezzo attraverso i pezzi dello stesso rimasti sull'asfalto. Fu condannato per l'investimento e per il conseguente mancato soccorso. Non si poté provare che avesse anche rapito il bambino e portato fin lì, ma si ipotizzò che questo potesse essere avvenuto e che il bambino avesse cercato di fuggire e l'assassino l'avesse investito deliberatamente.
    E' un personaggio inquietante, visto che sia il bambino dodicenne che le due quindicenni scomparse farebbero pensare ad un soggetto alla Dutroux, dedito al traffico di minori...

    Caso Orlandi, sentito l’uomo che ha fatto trovare un flauto

    Da: Roma Daily News
    Scritto da redazione il . Postato in Rassegna Stampa
    Ieri si è presentato in procura Marco Fassoni Acetti, l’uomo che nei giorni scorsi ha consegnato alla trasmissione Chi l’ha visto? un flauto dicendo che era appartenuto a Emanuela Orlandi, la quindicenne cittadina vaticana sparita nel giugno dell’83: un giallo internazionale che dura da trent’anni. Fassoni Acetti è noto alle cronache per aver vinto un vecchio concorso come sosia dell’attore Roberto Benigni ed essersi fatto pizzicare dalla polizia di New York qualche anno dopo, nel ’99, perché sfruttando la somiglianza col comico già famosissimo, pasteggiava nei ristoranti della Grande mela e si rifiutava di pagare il conto. Allora aveva 40anni, oggi ne ha venti di più e al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e alla pm Simona Maisto ha detto di essere un privato cittadino senza particolari rapporti né con l’ambiente Vaticano ...

    Da: Corriere della Sera.it

    ROMA -Prima ha fatto ritrovare un vecchio flauto in un ex stabilimento cinematografico, dicendosi certo: fidatevi, è appartenuto alla «ragazza con la fascetta», sotto quella scenografia mitologica l'ho messo io. Poi ha iniziato a parlare. Nell'ultimo mese, in cinque interrogatori, ha delineato per ore la sua verità: sia su Emanuela Orlandi, la figlia del messo pontificio scomparsa il 22 giugno 1983, sia su Mirella Gregori, sparita un mese e mezzo prima.
    E' una deposizione molto inclinata verso l'autodenuncia, la sua: M.F.A., il superteste che ha messo in conto di finire sotto accusa per uno dei gialli più inquietanti del dopoguerra, è andato ben oltre le prime ammissioni sul flauto. Al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e al pm Simona Maisto, ha raccontato di essere stato «uno dei principali telefonisti» del sequestro Orlandi, che sarebbe stato organizzato «dal nucleo di intelligence di cui facevo parte per esercitare pressioni sulla Santa Sede». E non basta: quel 22 giugno a corso Rinascimento, dove la quindicenne sparì, lui sarebbe stato «appostato per scattare fotografie alla Bmw su cui c'era De Pedis», e nei mesi successivi avrebbe incontrato «moltissime volte Emanuela, che restò a Roma fino al dicembre del 1983».
    Emanuela Orlandi (foto Ansa)Emanuela Orlandi (foto Ansa)
    Sono dichiarazioni esplosive, sulle quali però la Procura si mantiene cauta. Se fondate, il giallo sarebbe a una svolta definitiva. Il primo dubbio è scontato: perché parla 30 anni dopo? La risposta è che confida nel «nuovo clima» in Vaticano dopo l'avvento di papa Francesco e nel fatto che altri, «soprattutto le ragazze coinvolte in quello che è stato un sequestro-bluff», seguano il suo esempio. Il teste precisa che il «primo impulso» gli è venuto dall'essere stato «coinvolto in un omicidio, sempre nell'83, in una pineta vicino la villa di un magistrato che seguiva la pista bulgara sull'attentato a Wojtyla». All'episodio, a suo dire, fece riferimento un falso dossier del Sisde.
    Ciò che più conta, comunque,sono le rivelazioni su Emanuela e Mirella, le cui sparizioni andrebbero spiegate a partire da fine 1981, mesi dopo l'attentato a San Pietro, «quando i servizi segreti dissero ad Agca che se avesse collaborato avrebbe avuto la grazia sia del Papa che del presidente della Repubblica». In questo schema, ecco dunque il doppio sequestro: Emanuela in quanto cittadina vaticana, Mirella italiana.
    Il flauto ritrovato (Ansa)Il flauto ritrovato (Ansa)
    L'uomo, ex collegiale, appassionato di cinema, ha spiegato che fu contattato da ecclesiastici che «in virtù della mia creatività mi proposero di collaborare con sacerdoti un po' peccatori per creare situazioni da usare contro certi paesi dell'Est». Il gruppo sarebbe intervenuto come «una lobby di controspionaggio», nell'ambito di presunti contrasti tra opposte fazioni vaticane, con foto e intimidazioni su temi caldi come «la gestione dello Ior, la revisione del codice di diritto canonico, i finanziamenti a Solidarnosc, le nomine».
    Emanuela Orlandi (Ansa)Emanuela Orlandi (Ansa)
    Obiettivo: condizionare la Curia. Solo con Emanuela e Mirella, però, si arrivò al sequestro, anche se «per entrambe all'inizio fu allontanamento volontario, in quanto creammo una trama di amiche con cui si allontanarono». Per la Orlandi, davanti al Senato, avrebbe agito «una compagna di scuola, che salì con lei su un'auto assieme a un finto prete», mentre con la Gregori «successe l'imprevisto: si innamorò di un nostro operatore, andò all'estero e tornò una sola volta a Roma, nel 1994, per incontrare sua madre in un caravan in corso d'Italia». Antonietta Gregori, la sorella, replica stizzita: «L'avrei saputo, è una falsità assoluta». Quanto a Emanuela, l'idea era di liberarla presto, «il tempo di avere in mano la denuncia di scomparsa per esercitare pressioni», ma il piano fallì «soprattutto per l'appello del Papa all'Angelus, il 3 luglio, che diede risalto mondiale al caso».
    I manifesti con i volti di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori (Milestone)I manifesti con i volti di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori (Milestone)
    La ragazza «non subì violenze, visse in due appartamenti e in due camper, le procurammo un pianoforte e la rassicuravamo dicendole che la famiglia era al corrente». Questo fino a dicembre 1983. Poi, avrebbe detto l'uomo ai magistrati, «il gruppo la trasferì all'estero, nei sobborghi di Parigi», «dove potrebbe essere ancora viva, così come Mirella, ma non so dove». Farneticazioni? Ennesimo depistaggio? Mezze verità? La risposta dipende da indizi e riscontri, ammesso che l'enigmatico personaggio li abbia forniti.



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