sabato 22 dicembre 2012

I marò italiani sequestrati in India


Da: La Stampa.it
21/02/2012 - IL CASO DEI PESCATORI UCCISI

Marò-India: "La prova c'è, ma non è stata presentata"



Parla l'analista Usa Michael J. Frodl: con l'Ais si saprebbe se c'è stato un contatto tra nave italiana e peschereccio
Due versioni, contrastanti, sul caso degli spari dall'Enrica Lexie, dei due marò fermati dalle autorità indiane e dei due pescatori uccisi. Al di là delle questioni di competenza giuridica - acque internazionali, immunità - resta la dicotomia tra quanto sostengono gli italiani, e cioè che dalla nave sono stati sparati colpi di avvertimento contro un'imbarcazione pirata, e che il peschereccio potrebbe essere incorso in un altro scontro a fuoco, questo fatale per i due pescatori, e la versione del governo indiano, che invece sostiene l'ipotesi dell'omicidio volontario a carico dei due fuciliari del San Marco che facevano parte della scorta a bordo dell'Enrica Lexie e che hanno sparato contro i pescatori scambiandoli per pirati. Erroneamente, perché "nelle acque indiane non ci sono pirati".
Michael J. Frodl è uno dei maggiori esperti di pirateria mondiale. Avvocato, è fondatore e presidente del consulting "C-LEVEL Maritime Risks", un gruppo che da consigli alla communita "national security" di Washington ed all'industria delle assicurazioni di Londra da piu di dieci anni.
Avvocato, il ministro indiano della Navigazione G.K. Vasan dice che non ci sono pirati in acque indiane.
"Le acque del Sud Ovest dell’India sono sempre più bersagliate da pirati somali e da criminalità locale, i quali utilizzano pescherecci per avvicinarsi alle navi in transito. Le autorità indiane lo sanno, ma non lo ammettono perché non vogliono allarmare l’opinione pubblica già scossa da diversi attacchi terroristici, come quello di Mumbai del 2008".
La versione italiana: è plausibile l'ipotesi di due episodi diversi?
"Sì, la petroliera italiana potrebbe essere stata avvicinata da una imbarcazione pirata intorno alle ore 16.00 e aver fatto fuoco di avvertimento per allontanarla, mentre l’imbarcazione da pesca indiana, qualche ora dopo può essere stata colpita da una unità simile alla Enrica Lexie con guardie armate a bordo. Gli orari dei due avvenimenti non coincidono. In più i pescatori indiani spesso si avvicinano alle grandi navi per calare le reti a poppa e possono essere stati scambiati per pirati".
L'altra nave ha un nome, si chiama Olympic Flair, batte bandiera greca ed è molto simile per dimensioni e colori alla Enrica Lexie. Questa nave era più a Sud, a circa 2 miglia dalla costa, proprio alla stessa distanza citata dai pescatori sopravvissuti del peschereccio, dove hanno detto che sarebbero stati colpiti. Una distanza dalla costa incompatibile con la posizione della Enrica Lexie. Che tale Olympic Fair abbia subito un attacco lo conferma l'International Maritime Bureau Imb) della Camera di commercio internazionale (Icc). Il governo greco, però, lo smnentisce.
"Il comportamento degli inquirenti indiani è molto strano: si sarebbe potuto accertare immediatamente se vi è stato un contatto tra la Enrica Lexie e il peschereccio indiano confrontando le tracce dell’AIS, un apparecchio che segue la rotta di tutte le navi. Tale "occhio elettronico" potrebbe essere una prova lampante che mostrerebbe l’evidenza dei fatti. Perché non è stata ancora presentata? La Guardia Costiera indiana ha mostrato di non conoscere chi aveva sparato al peschereccio, diramando un dispaccio alle navi in transito in quel momento, ve ne erano ben quattro, chiedendo chi avesse avuto un incontro con i pirati. La risposta affermativa è venuta correttamente solo dalla petroliera italiana, ma non è detto che un'altra unità sia colpevolmente rimasta in silenzio".

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Da: Il Giornale.it

20/02/2012 -  Le dichiarazioni dei due militari vengono tradotte da un sacerdote cattolico. La delegazione italiana che accompagna i marò ha ottenuto che non solo le risposte, ma anche le domande poste dal magistrato siano tradotte in italiano. Davanti al giudice K.P. Joy anche altri testimoni, tra cui il proprietario del peschereccio e altri pescatori.
I due militari italiani della Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sono finiti al centro di un grave caso diplomatico. In missione sulla petroliera italiana Enrica Lexie contro gli abbordaggi, sono accusati di omicidio. Secondo le autorità indiane avrebbero sparato ai pescatori morti mercoledì scorso a bordo del peschereccio St. Antony. I nostri militari parlano di venti colpi esplosi, le autorità indiane dicono che il peschereccio è stato raggiunto da 60 proiettili. Ma non è l'unica incongruenza: ce sono anche sugli orari. La Farnesina ha ribadito che la decisione della polizia indiana di porre in stato di fermo i due marò è un gravissimo atto unilaterale, perché la nave, italiana, si trovava in acque internazionali (e a confermarlo c'è il satellite). Non è escluso, tra l'altro, che nell'incidente sia rimasta coinvolta un'altra imbarcazione. Ecco perché è decisiva l'autopsia sui corpi delle vittime, per accertare, innanzitutto, se i proiettili fatali siano stati esplosi dai due italiani. Ma la polizia indiana non vuole farla. Il ministro dell'Interno Paola Severino ha detto che, senza ombra di dubbio, "la giurisdizione è italiana". L'India, però, non demorde.

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La verità dei fatti in 10 mesi si poteva accertare. I mezzi tecnici e giuridici per farlo c'erano. La volontà da parte delle autorità indiane NO!
L'India non ha dato una bella immagine di sé: per la sua burocrazia lentissima, per i continui rinvii immotivati a prendere una qualsivoglia decisione, per l'ambiguità dimostrata verso un Paese amico come l'Italia.
In compenso non ha fatto altro che chiedere soldi con ogni pretesto. Soldi che ha ottenuto visto che aveva i due militari italiani in ostaggio.
Proprio questo comportamento non limpido, non volto a cercare immediata giustizia per i due poveri pescatori, ha dato un'immagine pessima di un Paese per altri versi apprezzato dall'opinione pubblica italiana.
Si è vista solo una volontà a temporeggiare, diluendo e dilatando quanto più possibile il tempo di una decisione fino a che è stato evidente, anche con tutta la buona volontà, l'abuso.
Avevano in mano due militari italiani e non due pirati...
Due rappresentanti dello Stato Italia.
Il comportamento dell'India è stato fin qui incomprensibile sul piano della correttezza internazionale, dei rapporti fra due Paesi che si rispettano.
Ecco, è mancato il rispetto. E chi ci perde è l'immagine dell'India.
Sono felice che i due dignitosissimi e molto controllati marò italiani tornino in Patria almeno per il Natale.
Purtroppo so che loro ed il loro Paese li indurranno a ritornare. Ma forse l'India meriterebbe la stessa scorrettezza che ci ha comminato fin qui, e personalmente penso che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone farebbero bene a rimanere sul sicuro suolo patrio e a non ritornare in un Paese che li ha sequestrati senza neppure cercare la certezza che i colpi sparati contro i due poveri pescatori siano partiti dai loro fucili. L'impressione di tutti è che abbiano cercato un capro espiatorio proprio nell'unica nave che si è comportata con esagerata correttezza perché, essendo in acque internazionali, la Enrica Lexie se ne poteva bellamente infischiare di accostare nelle acque indiane fino al loro porto. E questo rende ancora più grave l'atteggiamento delle autorità indiane.

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