sabato 10 marzo 2012

MAFIA

Da: RAI news 24.it

Mafia

Cassazione, processo Dell'Utri da rifare

La Cassazione ha annullato la sentenza d'appello di condanna a sette anni di reclusione per il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo di secondo grado dovra' essere rifatto. "Affrontero' il nuovo processo ancor piu' convinto della mia innocenza che ho testimoniato in tutti questi anni, fiducioso nella giustizia", ha commentato il senatore.

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Parla il pm Gozzo: fu l'accusa al primo grado

Caso Dell'Utri. "I rapporti con Cosa Nostra restano provati"


"La Cassazione è giudice di legittimità - spiega Gozzo - si occupa solo di questioni di diritto. Sul merito si sono già pronunciati i giudici di tribunali e appello confermando sostanzialmente la ricostruzione della Procura che ha sostenuto le cointeressenze tra Dell'Utri e ambienti mafiosi". 

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Da: "Il Fatto Quotidiano"di Marco Travaglio | 23 febbraio 2012


Corrado Carnevale, “l’Ammazzasentenze” che insultava Falcone e Grassi non fiatava
Ecco chi giudicherà il braccio destro di Berlusconi
Il 5 marzo 1994 il presidente della prima sezione della Cassazione, Corrado Carnevale, detto l’ “Ammazzasentenze” per le tante condanne di mafia annullate, parla con uno dei giudici suoi fedelissimi, Aldo Grassi, senza sapere di essere intercettato. E lo informa di sospettare di essere oggetto di indagini per mafia alla Procura di Palermo, in connessione con Giulio Andreotti. Mesi prima è stato arrestato il segretario di cancelleria della prima sezione, Giuseppe Schiavone (accusato di essere corrotto della mafia e in seguito assolto), e da quell’inchiesta potrebbe emergere qualcosa contro di lui. Ma lui è tranquillo, perché gli avvocati di Schiavone gli hanno garantito: “Stia tranquillo che noi dalle carte il suo nome lo vediamo”. Insomma “avrebbero dovuto avvisarmi” se fosse emerso qualcosa a suo carico. Però – aggiunge – può darsi che i pm “ficero ‘ stu scherzetto, cioè a dire che fanno le indagini” su di lui. Grassi non trova nulla da obiettare su un presidente di Cassazione che, invece di correre dai magistrati per chiarire la sua posizione, confessa di avere delle talpe fra gli avvocati di un arrestato.

Il 9 marzo 1994, sempre parlando con Grassi, Carnevale si scatena contro un altro giudice della sua sezione, Vitaliano Esposito (oggi pg della Cassazione): “Questo è un servo sciocco di Quatrano (Nicola Quatrano, all’epoca pm della Tangentopoli napoletana, ndr), il quale è un delinquente come quasi tutti i magistrati di Napoli… chilli chi arrestaru… chilli chi arrestaru forse erano i più signori, ma insomma… alcuni… tu conosci d’altra parte i nostri colleghi di Napoli, no… anche quelli della prima penale non è che siano… gente di spiccata moralità…”. Dall’altro capo del filo, non una parola in difesa del collega. Il 14 marzo 1994 Carnevale torna a parlare con Grassi e getta una palata di fango su un martire dell’Antimafia: il pg della Cassazione Antonino Scopelliti, assassinato dalle cosche prima che sostenesse l’accusa in Cassazione al maxi-processo alla cupola di Cosa Nostra. Carnevale lo dipinge come un giudice ‘ avvicinabile’: “È una persona con la quale si poteva parlare (…) il povero Nino Scopelliti… Ora perché poi deve diventare l’eroe della seconda resistenza?!”. Da Grassi, non una sillaba in difesa del collega assassinato.

Il 18 marzo 1994, ancora a colloquio con Grassi, Carnevale sostiene che le dichiarazioni di Falcone sulla pista mafiosa del delitto Scopelliti si fondano sull’ennesimo “teorema Falcone”, il quale “non capisce niente”. Poi l’Ammazzasentenze infanga anche la memoria di Francesca Morvillo, compagna di Falcone, uccisa con lui a Capaci: Falcone l’avrebbe fatta inserire in collegi della Corte d’Appello di Palermo per pilotare i processi e “per fregare qualche mafioso”; e per questa scorrettezza la mafia ha assassinato anche lei. Carnevale dice di averlo saputo dall’amico avvocato Giovanni Aricò:
Carnevale: Ma comunque guarda che… giustamente dice… dice… Aricò, io sono convinto che la mafia abbia voluto uccidere anche la moglie di Falcone, non fu un caso, dice, perché io le posso citare almeno due episodi… nel corso dell’attività professionale. Falcone (…) la moglie che stava alla prima sezione penale della Corte d’Appello di Palermo… per farle fare certi processi… che gli interessavano, processi per fregare qualche mafioso… Perché lui citò… mi citò… eh… come si chiama Aricò quel caso di quel… ti rico… lo facesti tu, Martello… la revisione… no… insomma…
Grassi: Era Martello… l’ho fatto… adesso non mi ricordo…
Carnevale:… no una revisione… in cui c’era stata una prima assoluzione per insufficienza di prove dalla Corte d’Appello di Palermo sotto il vincolo del vecchio codice… eh… assoluzione annullata perché non pareva ammissibile… come non è ammissibile neanche ora una revisione per insufficienza di prove… annullata dalla… Cassazione, poi la I sezione penale… dice questa gentil donna, affermò che non si poteva tener conto delle prove addotte… Questo: e fui io che ci fici mittiri a so mugghiera… Fu la mafia che lo volle, non fu un caso… non fu un caso… perché potevano ucciderlo separatamente… u ficeru apposta

Nemmeno stavolta il giudice Grassi dice una parola per difendere la memoria di Falcone e di Francesca Morvillo. Per quelle telefonate, e soprattutto delle accuse di alcuni pentiti, anche Grassi viene indagato a Roma, con Carnevale e un altro giudice fedelissimo, Paolino Dell’Anno, per abuso d’ufficio e corruzione giudiziaria finalizzata a favorire la mafia. Salvatore Cancemi sostiene di aver pagato l’avvocato Aricò tramite Vittorio Mangano (l’ex “fattore” di Arcore), per ottenere da Carnevale l’annullamento del maxiprocesso-ter a Cosa Nostra: sentenza che fu effettivamente annullata da un collegio presieduto da Carnevale e composto anche da Grassi e Dell’Anno. Sempre secondo Cancemi, Aricò gli garantì il buon esito del processo perché diceva di aver parlato con tutti e tre i giudici, ricevendone ampie rassicurazioni: “È tutto a posto”, “ho sistemato la situazione”, con quei giudici “ci sto molto bene” perché sono “molto vicini a Carnevale”. Un’altra volta un altro avvocato di mafiosi anticipò al boss Francesco Di Carlo (poi pentito) che una sua condanna in Appello sarebbe stata annullata in Cassazione: e anche quella previsione si avverò, grazie a una sentenza firmata da Grassi. Secondo il legale, l’Ammazzasentenze gli aveva anticipato il verdetto: “Era stato gentile… Mi disse: ‘ Allora, avvocato, la metto al 1 ° giugno e le dico che come presidente metto il consigliere Grassi, arrivato di recente’. Era un giovane consigliere però molto apprezzato (…). Io naturalmente lo ringraziai e me ne andai”. Una mossa che l’avvocato, intercettato, definì “un colpo gobbo”, “un colpo fantastico”. Il procedimento romano a carico di Carnevale, Grassi e Dell’Anno viene poi archiviato nel 1997 (e dieci anni dopo, anche la condanna in Appello di Carnevale per mafia a Palermo verrà annullata senza rinvio dai suoi ex colleghi di Cassazione).

Dunque nulla di penalmente rilevante può essere contestato al giudice Grassi che – come spieghiamo qui sopra – presiede la sezione della Cassazione chiamata fra qualche giorno a occuparsi della condanna di Marcello Dell’Utri per mafia. E che, professionalmente parlando, è descritto da tutti come un ottimo giudice. Ma i fatti che abbiamo raccontato, traendoli dagli atti del processo Carnevale, pongono una questione di opportunità. IL PROCESSO Dell’Utri nasce dalla stessa Procura di Palermo che portò a giudizio Carnevale, amico e maestro di Grassi. E qualcuno potrebbe dubitare che Grassi, se fosse proprio lui a presiedere il collegio su Dell’Utri, sia in grado di giudicare con la necessaria serenità e il necessario distacco, visto anche il tortuoso iter che ha portato quel processo proprio alla sua sezione. Qualunque sia l’esito del processo, sarebbe difficile dimenticare che, mentre Carnevale calunniava la memoria di Giovanni Falcone, Antonino Scopelliti e Francesca Morvillo, Grassi tristemente taceva.

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Con quale faccia Antonio Di Pietro continua a dire che dobbiamo fidarci dei magistrati?
In mezzo a loro c'è di tutto.
Ricordate Claudio Vitalone? Anche lui magistrato, nonché Senatore della Repubblica. Il nostro Senato ha sempre ospitato persone tutt'altro che "Onorevoli".

Da: "La Repubblica.it" - 29 dicembre 2008

L'ex senatore ed ex ministro Dc si è spento a 72 anni, al Policlinico Umberto I di Roma
Una carriera - prima in magistratura, poi in politica - segnata dall'amicizia col divo Giulio

Morto Vitalone, andreottiano doc
Protagonista dell'Italia dei misteri

Esponente di punta della Procura "Porto delle nebbie", il suo nome compare
in tante inchieste. Imputato per il delitto Pecorelli, fu assolto in via definitiva
di CLAUDIA MORGOGLIONE


Morto Vitalone, andreottiano doc Protagonista dell'Italia dei misteri Claudio Vitalone
ROMA - Claudio Vitalone - ex magistrato, ex parlamentare e ministro Dc, andreottiano di ferro, imputato e poi assolto per l'omicidio di Mino Pecorelli - è morto oggi a Roma, presso il policlinico di Roma Umberto I dove era stato ricoverato per problemi respiratori. Aveva 72 anni. E con lui - al di là degli esiti delle vicende giudiziarie che lo hanno visto protagonista - scompare certamente una fetta di memoria storica della Prima Repubblica. Coi suoi segreti, le sue ombre. E coi suoi misteri.

Non a caso, qualsiasi ricerca col nome "Claudio Vitalone" come parola chiave - su internet, sulle agenzie di stampa, sugli archivi dei grandi quotidiani italiani - lo vede associato a una serie di vicende oscure: oltre il delitto Pecorelli ci sono il caso Calvi, i presunti legami tra una fetta della Dc e la mafia, la banda della Magliana, il rapimento e il delitto Moro.

"Intelligentissimo, ma terribile", lo definiva ad esempio Roberto Calvi, secondo quanto ricordato dalla vedova Clara.

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Cosa è cambiato dal 1948 quando ammazzarono Placido Rizzotto?
Anche lì Liggio e gli altri furono assolti per insufficienza di prove. Dopo che un ragazzo di 13 anni, testimone casuale dell'omicidio, morì, presumibilmente assassinato per chiudergli la bocca.

Dal sito Facebook VittimeMafia.it
10 Marzo 1948 Corleone (PA). Giuseppe Letizia, 13 anni, fu testimone dell'omicidio di Placido Rizzotto, morì tre giorni dopo il ricovero nell'ospedale diretto dal Dott. Michele Navarra, mandante dell'omicidio di Rizzotto. 

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