domenica 15 gennaio 2012

Purché qualcuno fermi Bashar Assad

Da: La Stampa.it
14/1/2012 - Convergenze con Washington e legami con i fondamentalisi
Il Qatar: "Truppe arabe in Siria per fermare la repressione"
L'Emirato di Doha si conferma in prima fila sulle crisi regionali, dall'Iran all'Afghanistan
L'Emiro del Qatar propone l'invio di truppe arabe per proteggere i civili siriani dalla repressione, ribadendo la volontà di Doha di recitare un ruolo di primo piano nelle maggiori crisi che segnano il mondo musulmano: dall'Afghanistan all'Iran.
Hamad bin Khalifa al-Thani sceglie un'intervista alla Cbs per compiere un passo teso ad accrescere la pressione su Damasco. "In una situazione del genere, al fine di porre fine alle uccisioni, bisognerebbe mandare delle truppe" afferma lo sceicco che guida l'Emirato di Doha, riferendosi alle circa 5000 vittime che, secondo l'Onu, si contano in Siria dall'inizio delle manifestazioni anti-regime in marzo. Il passo di Khalifa al-Thani coincide con l'assedio delle truppe siriane alla cittadina di Zabadani, controllata dall'opposizione vicino al confine libanese, e la possibile decisione della Lega Araba di aumentare di 40 unità i 165 osservatori in Siria. "La violenza infuria nonostante la presenza di osservatori" sottolinea lo sceicco di Doha, lasciando capire che il prossimo passo da parte della Lega Araba potrebbe essere l'invio di un contingente per proteggere i civili, in aperto segno di sfida al presidente Bashar Assad che ha promesso di usare il "pugno di ferro" contro le proteste.
La mossa siriana di Khalifa al-Thani segna una continuità con la decisione presa nel 2011 di partecipare all'operazione della Nato contro il regime di Gheddafi in Libia e coincide con il ruolo che il Qatar sta giocando su almeno altri due scenari regionali. A Doha infatti è in arrivo il premier cinese Wen Jiabao, impegnato in una missione che lo porterà anche in Arabia Saudita ed Emirati Arabi per trovare fonti di petrolio alternative all'Iran. E' stata l'amministrazione Obama a premere su Pechino per diminuire la dipendenza energetica da Teheran - pari al 17 per cento del proprio fabbisogno - al fine di partecipare alle pressioni contro il programma nucleare iraniano ed il fatto che Wen Jiabao abbia scelto Doha come prima tappa lascia intendere che le trattative petrolifere con il Qatar sono a buon punto. Se a ciò aggiungiamo che a Doha si trova il quartier generale delle forze Usa in Medio Oriente non è difficile comprendere perché Washington consideri il Qatar un alleato strategico nelle crescenti tensioni con Teheran sullo Stretto di Hormuz. Ma non è tutto perché Khalifa al-Thani ha messo lo zampino anche sullo scacchiere afghano, consentendo ai taleban di aprire una rappresentanza diplomatica a Doha destinata a diventare protagonista dei negoziati con gli Stati Uniti sulla conclusione del conflitto. Il fatto che i taleban abbiano accettato il Qatar come sede dei negoziati si spiega con i forti legami che gli sceicchi dell'Emirato hanno con i gruppi islamici fondamentalisti. Non a caso quando Yusuf al-Qaradawi, il più noto leader religioso dei Fratelli Musulmani egiziani, andò a parlare ad un milione di fedeli Piazza Tahrir in febbraio, arrivò al Cairo con un volo da Doha così come il Qatar negli ultimi anni è divenuto uno dei maggori finanziatori di moschee e gruppi islamici in Europa, dalla Francia alla Croazia. La sovrapposizione convergenze strategiche con Washington e legami con i gruppi fondamentalisti trasforma il Qatar in un rivale di fatto dell'Arabia Saudita, il gigante della regione.


di: Maurizio Molinari
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Solo il mondo musulmano può fermare la mano assassina di Assad senza rischi di un conflitto mondiale. L'Iran e chi lo appoggia non permetterebbe una intrusione dell'odiato mondo USA e dei suoi alleati negli affari del paese amico Siria. Ma non si può assistere senza sentirsi colpevoli al massacro di chi aspira alla giustizia ed alla libertà. Il mondo del popolo arabo, pur restando nella sua cultura, così diversa dalla ebraico-cristiana, si sta risvegliando e prendendo coscienza che i propri governanti lo opprimono e lo sfruttano vivendo, invece, nella opulenza e nella ricchezza sulle spalle di un popolo troppo povero.
Non si può assistere indifferenti al versamento di sangue in nome della libertà e della giustizia. Allo stesso tempo la cautela per non innescare la miccia di un conflitto più esteso deve essere presa in considerazione. Dunque non rimane che sperare nell'iniziativa dello stesso mondo arabo per fermare questa odiosa repressione. 

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